Prefazione

Mangiare è un bisogno vitale, ma per gli esseri umani anche un piacere che va oltre la sazietà, fatto di sapori, profumi, colori, forme e presenza di altre persone. Il bambino, dopo mesi di latte al seno materno (se lo ha ricevuto, come è sua esigenza vitale e suo diritto), deve affrontare un grande cambiamento, trovandosi però in una fase della vita in cui ha un estremo bisogno di continuità nelle impressioni sensoriali, nelle esperienze e nei ritmi quotidiani. Sta bene se ritrova sempre le stesse cose: quella calda forma rotonda cui la sua bocca si è adattata, quelle braccia, quella voce, quell’odore. Una sorta di “bussola” interna lo guida per orientarsi anche se, al tempo stesso, si avvia molto lentamente a prendere le distanze dalla madre.


I primi mesi sono dominati da un bisogno potente di continuità, di “ordine”, che ora è il pilastro della sua esistenza. Se gli viene a mancare di colpo la madre (o chi lo ha curato fino a quel momento), passando ad altre mani, ad altra situazione, la sofferenza che prova è così devastante che può diventare in un certo modo definitiva. Ogni madre d’istinto lo sa e magari vorrebbe proteggere il figlio (e se stessa) da separazioni improvvise, ma a volte molti fattori remano contro di lei e contro il suo bambino: la stanchezza, il rischio di perdere il lavoro, la pressione di chi le sta intorno, l’ingresso rapido al Nido, una malattia, un trasloco, mille ragioni per fare presto, presto!


Viceversa il primo anno è per eccellenza il tempo della lentezza, di piccoli passi, senza mutamenti. Quel primo legame unico, privilegiato, si allenterà a poco a poco, aprendosi agli altri e all’ambiente, via via che diminuirà il bisogno, altrettanto esclusivo, di stabilità. È un passaggio graduale tra noto e ignoto, tra il certo e l’imprevedibile che porterà alla scoperta di cose nuove. Quante altre volte nell’esistenza l’individuo dovrà affrontare un’esperienza analoga? Viverla al meglio nei primi anni non è indifferente per il benessere futuro.