Abbiamo parlato dei genitori-guardie e di come cercano di cambiare un comportamento inopportuno dei figli
attraverso il controllo e il dominio. L’alternativa sono i genitori-guida
che, invece di reprimere i comportamenti indesiderati, lavorano per incoraggiare quelli che vogliono vedere nei propri figli. Questi genitori partono
dal presupposto che i loro figli si comportano in maniera adeguata perché vogliono far parte del nostro mondo, perché vogliono aiutarci e perché
comprendono il valore dei comportamenti che hanno scelto. Per questi genitori il comportamento indesiderato è più che altro dovuto ad abilità non
ancora sviluppate. Su questa base decidono quali passi intraprendere per aiutare il proprio figlio ad apprendere come adattarsi meglio al nostro
mondo. Come guide, aiutano i bambini a sviluppare la motivazione interna per fare ciò che è giusto perché è giusto, piuttosto che fare ciò che è
giusto per evitare di essere puniti.
Il mondo tecnologico è un mondo come tutti gli altri – che siano la scuola, la famiglia o gli amici – e dobbiamo guidare i nostri futuri adulti alla sua scoperta con la pazienza, il supporto e l’amore che dovrebbero caratterizzare ogni aspetto della genitorialità e dell’educazione. Dobbiamo guidare questi giovani per aiutarli a decodificare il loro futuro in un mondo tecnologico e a dare un senso alle loro esperienze. Conosciamo tutti il motto che riassume l’intera proposta di Maria Montessori: Aiutami a fare da solo. Questa è la richiesta che ogni bambino espone silenziosamente agli adulti, da sempre, affinché lo sorreggano nello sviluppo delle capacità che sono dentro di lui, senza sentirsi costretto di continuo dalla volontà dell’adulto a fare cose estranee alle sue scelte. Il bambino e il ragazzo ci chiedono quindi di intervenire solo fino al momento in cui possono fare da soli e non oltre. Come intervenire lo spiega Christelle Schläpfer1 , attiva in Svizzera nella formazione dei genitori, con un paragone a mio avviso molto calzante: “I media digitali sono un po’ come il traffico stradale. Non possiamo vietare ai nostri figli di attraversare la strada. Dobbiamo mostrare loro come si fa”. Quindi non dovremmo mai consegnare semplicemente un tablet o uno smartphone ai figli. Non lo facciamo dando l’automobile di grossa cilindrata al figlio neopatentato, perché invece con la tecnologia non ci poniamo problemi?
Una persona al di sopra di ogni sospetto, uno degli artefici della moderna rivoluzione digitale, Steve Jobs, ci apre gli occhi su cosa è veramente importante quando si parla di tecnologia. In un’intervista2 ha dato una risposta per me illuminante. L’intervistatore chiese se, secondo lui, la tecnologia avrebbe risolto i problemi della scuola. Jobs rispose che per lui la tecnologia non è la cosa più importante perché “la cosa più importante è la persona. Una persona che suscita e alimenta la vostra curiosità; e le macchine non possono farlo nello stesso modo in cui possono le persone”. Ed è la curiosità del bambino il vero motore della crescita e dell’apprendimento. Curiosità che, lasciata funzionare senza interferenze, porterà il bambino a sviluppare al massimo tutto lo spettro delle proprie capacità. La tecnologia potrà quindi essere un aiuto, non la causa dello sviluppo. Un altro esempio? Sulla rete abbiamo tutte le informazioni del mondo a portata di mano, una fantastica ricchezza, ma se ai ragazzi manca la curiosità che li spinga a esplorarle allora divengono completamente inutili.
Come ultimo esempio, vediamo che cosa fa una maestra Montessori. Lo sapevate che la Dottoressa – Maria Montessori veniva spesso chiamata così – a un certo punto le aveva chiamate direttrici? Le aveva chiamate in questo modo perché danno la direzione al bambino, creano gli stimoli giusti e preparano l’ambiente perché poi è il bambino che si auto-educa. Oggi, per non creare confusione, si preferisce chiamarle registe, che poi è la stessa cosa. Una maestra-regista guida il bambino e ha fiducia nelle sue capacità, nel suo “maestro interiore”, quell’impulso imperscrutabile che lo spinge verso l’apprendimento in modo da realizzare il massimo potenziale dell’uomo che diverrà. Invece troppo spesso, a scuola ma anche in famiglia, consideriamo i bambini solo dei vasi vuoti da riempire, in cui l’adulto è “causa” della formazione e il bambino il “prodotto”, così pretendiamo che il modo di comportarsi nel mondo virtuale lo apprendano attraverso lezioni teoriche che impartiamo noi, scordandoci che hanno bisogno di sviluppare un modello mentale del territorio, prima di fare il primo passo.
Dov’è la difficoltà in tutto questo? A mio avviso noi genitori spesso non riusciamo a definire quel confine sottile che c’è fra l’incoraggiare e lo spingere per superare le pigrizie contro l’imporre le proprie scelte. In questo ci viene in aiuto l’osservazione. Mettiamo da parte le idee preconcette (“non ha voglia di impegnarsi”, per esempio) e guardiamo oggettivamente la situazione (“ha forse bisogno di staccare un po’ dall’impegno scolastico prima di fare i compiti”). Certo, dei paletti devono esserci sempre perché credere che nostro figlio possa crescere “libero”, cioè senza nessuna guida, significa abbandonarlo a condizionamenti casuali provenienti dall’ambiente. Questo vale a maggior ragione nel mondo digitale dove un atteggiamento permissivo significa solo che sarà qualcun altro a guidare nostro figlio.