A parziale smentita troviamo un certo Le Breton, del XIV secolo, che avrebbe fatto piantare vigneti di franc tra la Vienne e la Loira. Un’altra tesi,
più piratesca, coinvolge i marinai Bretons di Nantes, che navigavano lungo la Loira e trasportarono le piante provenienti da Bordeaux, da cui il nome
“piante dei Bretons”. Difficile identificare dove finisca la leggenda e inizi la storia, considerando pure che a Orléans, adagiata sulle rive della
Loira, il cabernet franc è chiamato noir dur. A Madiran invece prende il nome di bouchy, così come a Tursan.
Ogni volta che si parla di cabernet franc il discorso rimanda immediatamente al taglio bordolese, cioè all’unione con cabernet sauvignon e merlot. In
effetti, è a Bordeaux che il franc ha trovato la propria notorietà, ed è ancora nel dipartimento della Gironda che registra il picco della coltivazione,
a dimostrazione del fatto che gradisce fondersi con questi due vitigni, apportando elementi capaci di integrarsi con la loro personalità e di
impreziosirne la qualità. Sembrava nato per convivere, più che esprimersi da solista. Lo scenario, tuttavia, è mutato quando si è allontanato da
Bordeaux e si è insediato nella Loira. Qui si ritrova in vari dipartimenti, dall’Indre-et-Loire a Vienne, da Loiret a Maine-et-Loire, perdendo molti di
quei riferimenti identificativi che lo contraddistinguono nel territorio di Bordeaux.
Pertanto, offre il meglio di sé in simbiosi con altre uve o da solo? La risposta ha diverse sfaccettature. In Aquitania sostengono che migliori
duettando con le altre rosse: e ciò è pacifico, mancando vini in purezza. Nel Madiran è una specie di ancora di salvezza per tenere a freno la potenza
tannica vorticosa del tannat.
Qual è la personalità del Cabernet franc? Tutti gli riconoscono un certo contenuto di tannino, che non crea particolari squilibri in astringenza o in
amarognolo se l’uva matura compiutamente. I profumi sono alquanto complessi: lampone, liquirizia, ciliegia, peperone verde, cuoio, mirtillo, violetta,
peonia e un leggero cenno di foresta e di primaverile sottobosco. Nell’età matura il sottobosco si fa più autunnale, fino a presentarsi con sentori di
funghi e di foglie appassite, mentre la frutta vira verso la prugna essiccata e la ciliegia si glassa con lo zucchero.
Fondamentalmente il Cabernet franc non riesce a spiccare il volo e a librarsi alle stesse vette qualitative del Cabernet sauvignon, ma quando armonizza
le proprie potenzialità e riesce a tenere sotto controllo i toni amaricanti, può diventare un vino di eccellenza.