il Franc lontano da Bordeaux
Roberto Bellini

Potrebbe essere il titolo di un romanzo, o di una canzone. Oppure l’ultimo film di Luc Besson. Niente di tutto ciò: si tratta solo di un nome, il cognome è Cabernet, per distinguerlo dal consanguineo Sauvignon. 

Secondo P. Rézuet l’evoluzione linguistica ha condotto il nome dell’uva da carbonet (dal latino carbo, -onis, che riporta al colore dell’acino), passando per carbenet, fino all’attuale cabernet. Non tutti sono concordi nel considerarlo un antico vitigno bordolese: per alcuni infatti potrebbe essere nato nella Loira. La tesi più accreditata investe la figura del cardinale Richelieu, che nel 1613 si fece inviare più di mille piante dai vigneti di Bordeaux e le affidò all’abate Breton perché le mettesse a dimora a Chinon e Bourgueil (R. Galet); da qui il nome “pianta dell’abate Breton”, poi “pianta di Breton” e infine l’odierno breton della Valle della Loira. 

A parziale smentita troviamo un certo Le Breton, del XIV secolo, che avrebbe fatto piantare vigneti di franc tra la Vienne e la Loira. Un’altra tesi, più piratesca, coinvolge i marinai Bretons di Nantes, che navigavano lungo la Loira e trasportarono le piante provenienti da Bordeaux, da cui il nome “piante dei Bretons”. Difficile identificare dove finisca la leggenda e inizi la storia, considerando pure che a Orléans, adagiata sulle rive della Loira, il cabernet franc è chiamato noir dur. A Madiran invece prende il nome di bouchy, così come a Tursan. 


Ogni volta che si parla di cabernet franc il discorso rimanda immediatamente al taglio bordolese, cioè all’unione con cabernet sauvignon e merlot. In effetti, è a Bordeaux che il franc ha trovato la propria notorietà, ed è ancora nel dipartimento della Gironda che registra il picco della coltivazione, a dimostrazione del fatto che gradisce fondersi con questi due vitigni, apportando elementi capaci di integrarsi con la loro personalità e di impreziosirne la qualità. Sembrava nato per convivere, più che esprimersi da solista. Lo scenario, tuttavia, è mutato quando si è allontanato da Bordeaux e si è insediato nella Loira. Qui si ritrova in vari dipartimenti, dall’Indre-et-Loire a Vienne, da Loiret a Maine-et-Loire, perdendo molti di quei riferimenti identificativi che lo contraddistinguono nel territorio di Bordeaux. 


Pertanto, offre il meglio di sé in simbiosi con altre uve o da solo? La risposta ha diverse sfaccettature. In Aquitania sostengono che migliori duettando con le altre rosse: e ciò è pacifico, mancando vini in purezza. Nel Madiran è una specie di ancora di salvezza per tenere a freno la potenza tannica vorticosa del tannat. 

Qual è la personalità del Cabernet franc? Tutti gli riconoscono un certo contenuto di tannino, che non crea particolari squilibri in astringenza o in amarognolo se l’uva matura compiutamente. I profumi sono alquanto complessi: lampone, liquirizia, ciliegia, peperone verde, cuoio, mirtillo, violetta, peonia e un leggero cenno di foresta e di primaverile sottobosco. Nell’età matura il sottobosco si fa più autunnale, fino a presentarsi con sentori di funghi e di foglie appassite, mentre la frutta vira verso la prugna essiccata e la ciliegia si glassa con lo zucchero. 

Fondamentalmente il Cabernet franc non riesce a spiccare il volo e a librarsi alle stesse vette qualitative del Cabernet sauvignon, ma quando armonizza le proprie potenzialità e riesce a tenere sotto controllo i toni amaricanti, può diventare un vino di eccellenza.