la frittata è fatta
Morello Pecchioli

Intimamente domestica e di indole popolana, la frittata è un conforto gastronomico estemporaneo che accoglie con benevolenza qualsiasi ingrediente capiti sotto tiro. Eppure…

la Cenerentola delle pietanze, la Cinderella dell’Italian Food. Ha tutto per piacere: è buona, bella, compiacente e sempre disponibile. Soprattutto all’ultimo momento. Bastano un paio d’uova. “Caro, cosa cuciniamo per questa sera a cena? Non c’è niente in frigo, a parte due uova e mezza salsiccia. Facciamo una frittatina?” 

Già, la frittata. La povera, umile, gustosa, antica frittata. Godibile e servizievole da quando le galline fanno le uova, e cioè dalla Creazione. È terza in ordine di evoluzione pollina: prima è nata la gallina, poi l’uovo e subito dopo la frittata. Se Adamo, lusingato da Eva, avesse fatto la frittata con le uova invece di farla con le mele, la storia dell’umanità sarebbe andata ben diversamente. La frittata è fatalmente relegata, in questi irriconoscenti tempi moderni affollati di individui privi di memoria storica e dal palato confuso, nella cucina di casa, tra il “niente in frigo” e un “paio d’uova” con qualche avanzo. I menu dei ristoranti, dagli stellati alle trattorie, la ignorano. I libri di ricette – non tutti, ma quasi –, idem. (A tal proposito, è fresco di stampa Il grande libro delle frittate, edito da Gribaudo, di cui sono autore insieme a Monica Sommacampagna.) La tradizionale, gustosa, umile, povera frittata all’italiana non oltrepassa le pareti della cucina di casa. Né, tantomeno, valica i confini della patria culinaria. 

Ma se lo spazio le mette i paletti, se la geografia non le rende giustizia, il tempo, al contrario, ne proclama le virtù gastronomiche. La storia testimonia la sua antica bontà, le riconosce i gustosi meriti, grazie ai quali ha soddisfatto generazioni di palati, sfamato e nutrito gente di ogni stirpe italica e di ogni etnia pedibus calcantibus il suolo del Buon Paese.