l'influenza dell'influencer
Valerio M. Visintin

Avrete sentito parlare di influencer, ultimo stadio evolutivo della comunicazione commerciale. Gli esemplari di questa particolare fauna, in larga prevalenza femminile, vivono sul web e si nutrono di pubblicità. I territori di caccia preferiti sono la moda e il food. E, cioè, gli ambiti più esposti al ghiribizzo personale, all’irrazionalità dell’acquisto, alla manipolazione subliminale delle prede. Dire che le influencer “vivono sul web” è una metafora che si innesta direttamente nella realtà dei fatti. Ogni tappa della loro quotidianità è potenzialmente trasferibile sul web e conseguentemente acquistabile. 

Vite vendute al miglior offerente. Aziende grandi e piccine, multinazionali e bottegucce. C’è un prezzo per giro d’orologio. La colazione al bar, la nascita del figlio, il compleanno dell’amico, l’inaugurazione del nuovo appartamento, la cena con la zia, il regalo del moroso, la gita in campagna, la nuova parure di mutande. Basterà pagare. E si avrà licenza di apporre il proprio marchio sulla giornata lieve e colorata di queste fatine della réclame. 

Naturalmente i prezzi del cartellino variano in ragione del peso specifico che ciascuna esercita sulla rete. Questo si calcola in base al numero dei follower, categoria umana che, a sua insaputa, viene prezzata, venduta e comprata come si fa con le patate. 

Il listino di una influencer parte da 300 euro al dì, per i piani più bassi della piramide. E sale all’infinito. Per capirci, se la fatina può contare su almeno ventimila follower, il compenso viaggia attorno 2000/3000 euro. Abbiate pazienza: non vado oltre. Ho una bile anch’io. Bene. E il mondo del vino? Si è mosso in ritardo, ma non si è lasciato scavalcare dal fenomeno delle influencer. Telefonetto alla mano e sorrisi di caucciù: ne hanno avvistati alcuni esemplari di taglia media, a chioma lunga e tacco aguzzo, tra gli stand del Vinitaly.