il valore delle vigne urbane
Gherardo Fabretti

Possono apparire come innesti agricoli quasi surreali, refrattarie come sono ad assoggettarsi alle logiche geometriche del razionalismo urbano. Eppure le vigne metropolitane danno voce al valore nobilitante di una coscienza rurale che la collettività non deve estirpare, oggi più che mai.

Alle tre del mattino del 18 marzo 1871 una veste fruscia tra le foglie di Montmartre: la quarantenne Louis Michel, carabina in mano, risale la collinetta tra urla e grida di campane, mentre le truppe comandate da Claude Celomate, in cima, trascinano via pezzi d’artiglieria riluttanti al trasloco. La folla, unita e armata, si inerpica sui fianchi della butte per impedire il furto; Aldrich Verdaguer, sergente dell’88º reggimento di fanteria, rifiuta di sparare, e ordina l’arresto del generale, fucilato lo stesso giorno allo Château Rouge. È la Comune di Parigi, che solo due mesi dopo conterà per le strade della città non meno di diecimila morti, in nome dei quali (ma solo di quelli appartenenti alla parte vincitrice) e per “espiare i crimini dei Comunardi” fu costruita, a partire dal 1873, la Basilica del Sacré-Coeur. Basterebbe questo episodio, vero momento di cesura per la storia francese, a far capire l’importanza di questo pezzo di terra, oggi delimitato dai palazzi ordinati di rue Cortot e rue Saint-Vincent, ma che ospita vigne almeno sin dall’anno Mille, e i cui ultimi esemplari spariranno proprio in quegli anni di rivolgimenti, fino a quando, in un forte moto di rivalsa, un frammento di circa 1.600 metri quadri non riemergerà.

Accadde nel 1933, quando i membri della cosiddetta Commune Libre du Vieux Montmartre, associazione nata, come l’analoga Commune Libre de Montmartre, prendendo ispirazione dalla Comune originaria, non sottrarrà al cemento una porzioncina di terreno, allora nota come square de la liberté (quadrato della libertà), già parte del vecchio giardino di proprietà di Aristide Bruant, il cabarettista e cantautore reso immortale da Toulouse-Lautrec, che lo ritrasse a labbra strette e bastone in pugno, cappello nero e sciarpa rossa al collo, in una locandina dell’Ambassadeurs.