il personaggio UNA CONCENTRAZIONE DI CONNESSIONI di Luciano Ferraro La Valle dell’Isonzo nei vini e nella vita di Alvaro Pecorari. Nascita e successo di Lis Neris Una bottiglia di LIS, vino di punta dell’azienda. “Quasi tutti i talenti, sia pur solo un pochino, sono poeti, persino i falegnami, se hanno talento”. Alvaro Pecorari è un vignaiolo talentuoso. Quindi, seguendo il pensiero di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, è un poeta. Magari non scrive versi, ma c’è qualcosa di lirico nei suoi vini. La sua vita di produttore friulano si è incarnata nelle vigne e nella cantina di Lis Neris. La sua vita di genitore si intreccia a quella del vignaiolo: entrambe sono state segnate dalla perdita di una figlia, che ha portato Alvaro a creare una fondazione e a dare aiuto e solidarietà in tutto il mondo. Alvaro Pecorari. FATTO IN PARADISO Quando al talento di un vignaiolo si uniscono la forza di reagire e l’etica, come nel caso di Pecorari, si può parlare di vino anche attraverso i sentimenti di un padre impietrito dopo l’incidente stradale della figlia. Sono trascorsi 20 anni da quel giorno maledetto, il 7 dicembre del 2002. Francesca aveva 21 anni. “Confrontarsi con la morte è complicato - dice la famiglia Pecorari - ancora di più quando travolge un giovane, quando la percepisci innaturale, brutale, un colpo tremendamente basso della vita. Non è facile reagire, non è facile attivare il meccanismo di trasformazione del dolore in qualcosa di positivo, che possa essere di aiuto agli altri. Noi ci abbiamo provato”. È nata così, nel 2003, la Fondazione Francesca Pecorari. “In ricordo di una figlia. Di una sorella. Di un’amica. In ognuno di questi rapporti speciali Francesca vive ancora. Così come vive nei sorrisi di tutti quei bambini che proviamo ad aiutare dal Sud Est Asiatico all’Africa”. C’è un vino che racchiude questi pensieri, si chiama Fatto in paradiso. È il vino della solidarietà, serve a finanziare le opere di bene della Fondazione, che ha ricevuto anche il Premio Francesco Arrigoni, dedicato al compianto critico del vino che aveva fatto del rigore il suo stile di vita. Fatto in paradiso è un blend di riesling e sauvignon blanc. È stata proprio Francesca a ideare il nome e la colorata etichetta, quando aveva 16 anni. Anche grazie ai ricavi della vendita, negli anni sono state costruite otto scuole, frequentate da un migliaio di bambini delle aree tormentate del mondo. Una bottiglia di Pinot Grigio, primo amore di Pecorari. Arte in cantina. Un momento di degustazione Le vigne di Lis Neris. UNA TERRA POCO FERTILE Alvaro Pecorari guarda lontano. Dal terrazzo della sua cantina lo sguardo corre da Gorizia ai confini con Slovenia e Austria, fino alle Alpi Giulie e Carniche. Uno sguardo che si posa su alcuni tra i migliori vigneti friulani. “Una terra con una concentrazione di connessioni”, la definisce Pecorari, pensando agli attraversamenti delle legioni degli antichi romani che portarono i vigneti, poi dei veneziani della Repubblica Serenissima che trasportarono i vini in tutto il Mediterraneo e arricchirono l’enciclopedia enologica con, ad esempio, la malvasia. Fino agli Asburgo, che aggiunsero i vitigni internazionali, dal sauvignon blanc al merlot. “La mia terra è la Valle dell’Isonzo - racconta Pecorari nelle degustazioni in presenza che sono riprese in questi ultimi mesi - qui i vigneti di Lis Neris hanno trovato il luogo ideale per esprimersi. La terra è un materasso ghiaioso di 50 metri”. Poco fertile, per questo le radici delle piante devono faticare per cercare il nutrimento. Quando raggiungono la maturità, “il risultato dell’interazione con il terreno è spettacolare”, sostiene Pecorari. L’azienda è arrivata alla quinta generazione. Tutto è iniziato nel 1879, in questa zona isontina con il suolo ricco di minerali, battuto dalla Bora che provoca e garantisce notevoli sbalzi di temperatura tra il giorno e la notte, condizioni ideali per il sauvignon e non solo. Il bisnonno di Alvaro, dal Bellunese, arrivò a San Lorenzo Isontino. La svolta è avvenuta con la generazione di Alvaro, che ha raccolto i 4 ettari che il padre possedeva nel Dopoguerra e li ha moltiplicati quasi per 20 (ora sono 75). Il nome dell’azienda deriva dai terreni dell’origine, in una zona chiamata Lis Neris (Le nere), perché vi lavoravano donne vestite sempre di nero. Il talento e la forza di Alvaro sono arrivati nel momento giusto per la piccola azienda famigliare che aveva le carte in regola per farsi notare: alla fine degli anni Settanta, in una fase di crescita dell’economia e di evoluzione del gusto dei consumatori che non cercavano più solo vini genuini e sfusi. È stato in quel periodo che il Friuli ha iniziato a mostrarsi, non solo all’interno dei confini nazionali, come un punto di riferimento per i vini bianchi. Momenti di vendemmia. IL MOMENTO DI FARE SUL SERIO A metà degli anni Settanta Alvaro affianca il padre e capisce che il mercato vuole superare quei bianchi effimeri, che non durano più di un’annata. Il vitigno da cui è partito tutto si chiama picol. Tra i filari, fin da bambino, Alvaro trascorre intere giornate a guardarsi intorno, mentre i genitori lavorano. Il papà, ogni tanto, gli affida la briglia del cavallo bretone usato per i lavori sul terreno. Quando, qualche anno dopo, Alvaro spiega in famiglia che è arrivato il momento di fare sul serio, lasciando perdere le damigiane e la vinificazione approssimativa, la nonna (di formazione austriaca) lo ammonisce: “Tu vuoi fare vini fini, più costosi, ma il mercato non è pronto, e neanche noi, non siamo signori”. Parole che non lo frenano, anzi lo stimolano ad andare avanti. Il 1981 è l’anno della svolta, quello in cui comincia a prendere forma un’azienda in grado di esportare bottiglie anche in Paesi remoti, ovunque ci sia richiesta di vini bianchi di alta qualità. Alvaro si innamora del pinot grigio, un vitigno “in grado di unire la forza e il calore mediterraneo alla freschezza e all’eleganza del Nord”. Con questo vitigno inizia a farsi conoscere nel mondo. Dopo uno studio di zonazione, decide di eleggere la zona più a sud verso l’Adriatico come quella ideale per i vitigni a bacca rossa, mentre a nord porta i bianchi, e seleziona vitigni autoctoni e internazionali. Punta anche sugli spumanti. Si afferma con più etichette, tra queste lo Chardonnay in purezza Jurosa, anche in versione Brut ed Extra Brut. Accanto alla linea tradizionale, c’è quella dei vini premium monovarietali, che fermentano e si affinano in botti di rovere da 500 litri. E poi una serie di cuvée, con in testa il Lis. Tutti con un tocco poetico e un pensiero a Francesca. Tutti intrisi di cultura mitteleuropea. E frutto di un talento che sarebbe piaciuto a Dostoevskij. Sulle rive dell’Isonzo.