focus C’È ACQUA E ACQUA di Morello Pecchioli Amata da D’Annunzio, riscoperta dagli italiani, la nuova vita della bevanda più economica del pianeta. O quasi La Regia Nave Puglia, nel parco del Vittoriale. Era alto un metro e 64, pelato e con una faccia a uovo con i baffi. Eppure, nonostante fosse alto poco più di Danny De Vito e un centimetro meno di Dustin Hoffman (tanto per usare parametri moderni), sua bassezza - in centimetri - Gabriele D’Annunzio era uno sciupafemmine. Vantava un palmarès di 4.000 amanti. Facciamoci pure la tara, ma è provato che D’Annunzio pascolò nell’altro sesso più che i suoi pastori sui monti d’Abruzzo. Al suo confronto i belloni del cinema sono dei dilettanti: Richard Gere, George Clooney, Tom Cruise e mettiamoci pure Riccardo Scamarcio, messi insieme, non riuscirebbero a scalfirgli il primato di . tombeur de femmes Vittorio Emanuele III per l’impresa di Fiume e per le eclatanti imprese militari gli conferì il titolo di Principe di Montenevoso, ma Gabriele D’annunzio fu, fin da giovane, anche il principe degli eccessi. Feste, lussi, piacere, ma anche debiti e cocaina. Il Vate si drogava. In Versilia aveva dato scandalo cavalcando nudo su e giù per le spiagge. Si fece fotografare in costume adamitico molto prima di Luciano Benetton e di Vittorio Sgarbi, che in fatto di eccessi gli è discepolo anche se non arriverà mai all’altezza del maestro. Anche la sua residenza, il Vittoriale a Gardone, diventata un mausoleo dopo la sua morte, è un eccesso. Più che una dimora è un borgo con edifici, vie, piazze, fiumiciattoli, giardini, un museo, un teatro e una vera nave, il regio torpediniere Puglia, incastrato nella collina antistante il lago di Garda. In una sola cosa era modesto: nel bere. D’Annunzio rifuggiva gli alcolici, beveva solo acqua naturale. “Ottima è l’acqua” si legge su una parete del Vittoriale. E nonostante avesse creato il nome di alcuni liquori - l’Aurum di Pescara, l’Amaro Montenegro di Zola Pedrosa, l’Acqua di Fiume (sorta di rosolio) di Villafranca di Verona, era l’acqua la bevanda che accompagnava i suoi pasti e alla quale dedicò una poesia semplice e magistrale: “Acqua di monte/ acqua di fonte/ acqua piovana/ acqua sovrana/ acqua che odo/ acqua che lodo/ acqua che squilli/ acqua che brilli/ acqua che canti e piangi/ acqua che ridi e muggi./ Tu sei la vita/ e sempre fuggi”. È importante bere almeno 2 litri di acqua al giorno. Aromatizzare l’acqua aiuta il suo consumo. Sono sempre più diffuse le borracce metalliche, alternativa ecologica alle bottiglie di plastica. POVERA ACQUA Che l’acqua sia vera vita ce lo dice innanzitutto il nostro corpo, fatto del 60 per cento di acqua. E ce lo suggeriscono dietologi e nutrizionisti che consigliano di berne 1,5-2 litri al giorno per ricavarne tanti benefici. Eppure, povera acqua, tanto è utile, tanto è poco considerata. Provate a chiedere in internet qual è la bevanda più consumata al mondo. Nonostante sia l’acqua non la tengono in considerazione. La gran parte dei siti rispondono: il the. Al secondo posto c’è il caffè, al terzo la birra. Il vino è al 7° posto. Se poi domandate qual è la bevanda più consumata in Italia, molti dicono il caffè, qualcuno il vino. L’acqua è data per scontata, ma costa tanto dire che è la prima bevanda in assoluto? Gli italiani sono i primi consumatori in Europa di acqua in bottiglia da litro: ne stappiamo 200 all’anno contro la media europea di 118. Anche il consumo di acqua potabile ci vede protagonisti: ne beviamo 153 metri cubi all’anno. Tradotto in litri fanno 153mila litri. Ci battono sono i greci che preferiscono l’acqua di rubinetto: 179mila litri all’anno. Un’indagine del Censis del 2018 rileva che ogni italiano stappa in un anno 206 bottiglie di acqua minerale, o gasata, da un litro. Seguono a ruota i tedeschi con 177 litri pro capite, terzi i francesi con 122. Esportiamo molto più di un miliardo di bottiglie ogni anno. Il che fa bene alle entrate. Peccato che non abbiamo questo primato nella produzione e nel consumo dei vaccini anticovid. Saremmo il Paese batteriologicamente più puro del pianeta, virus free. L’acqua del sindaco è sempre più diffusa, sia per motivi economici che ecologici. Gli impianti moderni permettono anche di gasarla. ROMA CAPUT MUNDI Agli albori della storia, ma anche durante le prime civiltà, l’uomo adorava le sorgenti: per dare un’acqua così buona non potevano che essere la dimora di dee e di ninfe. Con le grandi civiltà arrivano le prime opere di canalizzazione e i serbatoi di riserva dell’acqua. Erodoto racconta che il re persiano Ciro voleva bere solo l’acqua limpida del fiume Coaspe e anche durante le spedizioni di guerra se la portava dietro in vasi d’argento caricati su carri. Ma è Roma a inventare la scienza idraulica portando l’acqua di sorgente in “casa”. Architetti e ingegneri dal periodo dei re all’urbe imperiale costruiscono acquedotti che scavalcano valli e, regolando la pendenza dei canali, portano l’acqua in città. Nel I° secolo dopo Cristo sono 11 gli acquedotti che convogliano un miliardo e 117 mila litri di fresca acqua di sorgente, 24 ore su 24, alle centinaia e centinaia di fontanelle presenti in città che spillano acqua per un milione di abitanti. Sesto Giulio Frontino, scrittore del I° secolo dopo Cristo era talmente orgoglioso di questi capolavori idraulici che scrisse: “Una tale quantità di strutture, che trasportano così tanta acqua, comparala, se vuoi, con le oziose Piramidi o con le altre inutili, se pur rinomate, opere dei Greci”. Quando nasce il mercato delle acque minerali? Risponde Renzo Pellati nella Storia di ciò che mangiamo: “Nel 1890 con l’avviamento all’imbottigliamento di alcune acque delle sorgenti storiche presenti nelle famose stazioni termali francesi (Vichy, Plombieres, Evian), tedesche (Baden-Baden, Wiesbaden), italiane (San Pellegrino, Boario, Recoaro, Crodo). E l’acqua frizzante? Ancora Pellati: “Nasce prima, nel 1772 grazie a un reverendo inglese, Joseph Priestley che scopre le bollicine mettendo un catino d’acqua sopra la birra in fermentazione che l’arricchisce di anidride carbonica. Ma è lo svizzero Jacob Schweppe nel 1790 che perfeziona la scoperta inventando una macchina per addizionare anidride carbonica all’acqua naturale e una bottiglia a tenuta per non lasciar sfuggire le preziose bollicine. Il successo fu enorme”. CHE ACQUA GRADISCE? Non è vero che le acque minerali sono tutte uguali. Inodori, insapori e limpide lo sono tutte, ma il gusto cambia a secondo dei minerali contenuti e della qualità delle bollicine per le gassate. Per questo sono nati gli idrosommelier, i degustatori delle acque e per questo i migliori ristoranti propongono, accanto alla carta dei vini, anche quelle delle acque. Il ristorante La Pergola di Roma, tre stelle Michelin, oltre al menu, propone la carta dei vini, quella delle tisane, dei caffè e la carta delle acque. Con 55 proposte diverse è la carta delle acque più ricca d’Italia. I prezzi vanno da 9 a 400 euro. Costosetta? Che dire, allora, della giapponese Super Nariwa che costa 9.000 euro al litro? È tratta da una sorgente sgorgata da una roccia tempestata di meteoriti e in seguito a un’eruzione di un vulcano dal mare. Dicono che sia l’acqua dell’eterna giovinezza: chi la beve invecchia come una testuggine, lentissimamente. A meno che non finisca prima tutti i soldi: 10 casse di 12 bottiglie di Super Nariwa costano un milione di euro, due miliardi delle vecchie lire. Chi cerca un’acqua particolare e a “buon” mercato può acquistare la IcebergWater, 75 cl. a “soli” 99,50 euro. È ricavata dal cuore di un ghiacciaio formatosi 12 mila anni fa quando la neve che cadeva e si compattava in ghiaccio era assolutamente incontaminata. D’Annunzio ne andrebbe pazzo. Liscia, gasata, molto gasata, poco gasata, minimamente mineralizzata, con limone, con ghiaccio. Ristoranti e bar si stanno attrezzando con la carta delle acque. FOTONOTIZIA La siccità mette a rischio le api La peggiore siccità degli ultimi 40 anni sta decimando le api in Marocco. L’alveare più colpito è quello del villaggio di Inzerki, considerato dagli esperti il più antico e grande del mondo. Le colonie di api che solitamente proliferavano in primavera sono quasi scomparse. Un duro colpo ecologico, ma anche economico, per il villaggio posto nel sud-ovest del Paese, che fa molto affidamento su questa attività.