focus VINO E BELLEZZA di Massimo Zanichelli Difficile non innamorarsi del Portogallo. Una piccola guida per bere bene e farsi conquistare dalla saudade Lisbona e i suoi famosi tram. Da luogo poco conosciuto a meta del turismo di massa – cominciato nel 1998, con l’Expo di Lisbona e il premio Nobel a José Saramago, e deflagrato negli ultimi dieci anni, l’epoca social – l’“esotico” Portogallo è oggi una tappa quasi alla moda. Al pari degli altri (costume, società, cultura, gusto, di cui è perfetto compendio), anche il mondo del vino sente l’influenza delle tendenze (c’è stato il momento dello Chardonnay in legno, del Nuovo Mondo, del Nero d’Avola, del Prosecco, degli orange wine, del naturale), ma, come un classico della musica o della letteratura, se c’è mai stato un caposaldo capace di resistere alle lusinghe delle voghe e alla volubilità del pubblico, questi è il Porto, il più famoso vino del Portogallo, di cui rappresenta, fin dal nome, quintessenza e veracità. Prodotto con una cinquantina di uve (ma le migliori sono sei: touriga nacional, tinta cão, tinta roriz, tinta barroca, touriga francesa, tinta amarela), è un rosso fortificato dalla storia millenaria, dalla stratificata fragranza, dal sapore perfetto. Una struggente vista su Lisbona. UN VINO PER TUTTE LE OCCASIONI Vuoi un vino che stia bene con il cioccolato? Un vino notturno da meditazione o uno serale da conversazione? Un vino che non smetta di parlarti senza mai stancarti? Un bicchiere corroborante prima di coricarti? Eccolo. “Ha il colore scuro dell’inchiostro, la dolcezza dello zucchero del Brasile e l’aroma delle spezie indiane” come scrivevano nel 1754 gli agenti dell’Associazione del Commercio locale. Fragrante, compassato, morbido-alcolico, inossidabile, oltrepassa il genere dolce o da dessert per diventarne la sublimazione, uno stato dell’interiorità. Esistono tante tipologie di Porto quante sono le sue polifonie organolettiche. C’è il Ruby Port dal colore rubino scuro, dal frutto gagliardo, dallo spirito etereo. Può essere Riserva (non millesimato, con almeno 7 anni di invecchiamento, intenso e corposo), Late Bottled Vintage o LBV (da singola vendemmia, non necessariamente tra le migliori, con 4/6 anni di invecchiamento, pronto da bere) o Vintage (da una singola, grande annata, solo un paio d’anni in botte e poi tanto tempo in bottiglia per poter esprimere un bouquet complesso e inimitabile, e un sapore caldo, speziato) o Crusted (la migliore alternativa a una Vintage, con cui condivide il deposito o crust). C’è il Tawny Port, dal colore bruno, mattone o ruggine per il maggiore invecchiamento, e dalle note più terziarie (frutta secca, tostatura, cioccolato). Può essere Riserva (idem come sopra), Aged Tawny (invecchiamento dai 10 ai 40 anni, aromi di caramello, caffè, spezie, gusto morbido e voluttuoso) e Harvest o Colheita (superbo rosso da singola annata e lungo, lunghissimo invecchiamento in legno: frutta secca, tabacco, spezie). Per le situazioni più disimpegnate c’è invece il White Port, il più recente del gruppo (viene prodotto dal 1935), invecchiato in botti di quercia, giovane e fruttato: servito freddo, è ottimo come aperitivo. Panorama a Madera. Cantina di Porto. La costa a Setùbal. Porto vista dal Douro. VISITARE PORTO Al di là dei suoi vini, Porto rappresenta un territorio estremo – la Valle del Douro con i suoi spettacolari, impervi, sconfinati vigneti terrazzati – che è Patrimonio dell’Umanità UNESCO come il centro storico della città che gli ha dato i natali: disposto sui rilievi alla destra del Douro tra palazzi storici e architetture barocche, è una quinta scenografica sul colorato lungofiume della Ribeira, dove la cais, la banchina che un tempo era l’antico mercato, è dominata dal ponte ad arco in ferro Dom Luis I e caratterizzata da un pittoresco intrico di vicoli. Alla severità del Sé do Porto, la cattedrale eretta nel XII secolo, massiccia come una fortezza, il cui chiostro è decorato con raffinati azulejos del XVII secolo, si affianca la gotico-barocca Igreja de São Francisco, il più ricco e sfarzoso monumento religioso della città: all’interno trionfa la spettacolare decorazione in talha dourada del XVIII secolo (legno intagliato e dorato), per la cui realizzazione furono impiegati più di 200 chili d’oro, testimonianza dell’agiatezza del periodo coloniale nel momento della sua massima espansione (le foglie d’oro degli intagli erano state donate dai ricchi mercanti che volevano essere sepolti nella chiesa). Sull’altra riva del fiume, lungo l’argine sinistro dell’estuario, Vila Nova de Gaia è la cittadella delle cantine di stoccaggio dove attraccavano le imbarcazioni che trasportavano il vino dell’intera area di produzione: fino al 1986 tutto il Porto veniva imbottigliato qui. Se lo scenografico scalone d’accesso della Livraria Lello (facciata neogotica, interni art déco, preziosi arredi lignei) al numero 144 della rua das Carmelitas, nel quartiere occidentale della città, ha probabilmente ispirato J.K Rowling per Harry Potter, uno dei cantori più celebrati e conosciuti della città è stato Manoel de Oliveira, il maggiore cineasta portuense e portoghese, nato qui l’11 dicembre 1908 e morto sempre qui il 2 aprile 2015 alla venerabile età di 106 anni. Alla sua città ha dedicato diverse opere: Douro, faina fluvial, un cortometraggio del 1931 ambientato nei cantieri navali lungo il fiume; Aniki BóBó, il suo primo lungometraggio del 1942, dov’è protagonista il quartiere Ribeira; Il pittore e la città (1956), documentario dedicato al pittore António Cruz; e l’autobiografico Porto della mia infanzia (2001), poetica rievocazione della propria giovinezza tra fotografie d’epoca, memorie personali (è lui stesso il narratore del film), canzoni, spezzoni di film: “Ricordare momenti di un passato lontano è come viaggiare fuori dal tempo”. È la malinconia, la nostalgia dell’infinito, o la sua illusione. La stessa che si respira guardando le acque dell’oceano, come sulla spiaggia ventosa di Matosinhos o da altre località lungo la Costa Verde come Apúlia, Praia de Ofir o Esposende. GLI ALTRI VINI Il Vinho Verde è un altro passe-partout per il Minho, l’area a nord del Portogallo. Esatta antitesi del Porto, è un vino – bianco o rosso – leggero, acidulo, con formazione spontanea di carbonica, il cui frizzo è localmente chiamato agulha, ago. Viene prodotto con uve autoctone da vigneti che si arrampicano quanto più possibile verso l’alto attraverso alberi, steccati e perfino pali del telefono per permettere ai piccoli produttori la coltivazione di ortaggi e seminativi per il proprio sostentamento. La popolosa Braga, detta la “Roma portoghese”, vanta la più antica cattedrale del Portogallo, fondata da Enrico di Borgogna, e coniuga austerità e nonchalance, con palazzi signorili e chiese barocche che convivono con i locali alla moda, dove gustare alcune specialità locali, come l’arroz de pato à la moda de Braga (il risotto all’anatra) o le frigideiras, paste di sfoglia ripiene di carne di maiale e manzo che lo scrittore Júlio Dinis definì divine. Poco distante da qui, a Guimarães, il re Dom Alfonso Henriques diede avvio nel XII secolo alla Reconquista contro i Mori che avrebbe portato alla formazione dello stato portoghese: orgogliosa della propria identità, è chiamata il Berço da Naçao, la “culla della Nazione”. La città, Patrimonio dell’Umanità UNESCO per il centro storico e Capitale Europea della Cultura nel 2012, sfoggia meravigliose architetture medievali e offre spazi pedonali e piste ciclabili, fiore all’occhiello dell’offerta turistica locale. Il secondo vino più conosciuto del Portogallo, il Madeira, ci conduce in uno scenario di radicale differenza, un’isola vulcanica in mezzo all’Oceano Atlantico che è più vicina alle coste nordafricane che a quelle portoghesi, da cui dista un migliaio di chilometri. Abitata da una vegetazione lussureggiante (foreste, piante tropicali, una quantità innumerevoli di fiori, tra cui le sterlizie, il suo simbolo) in virtù di un clima mite e umido, l’isola è la patria di uno dei vini ossidativi più conosciuti, affascinanti e singolari dell’intero pianeta, pendant ideale del Porto, essendo bianco e fortificato. Prodotto con miscele di vini di annate diverse, viene riscaldato in forni o locali speciali chiamati estufas, ma anche in botti, riproducendo in cantina gli stress ossidativi che questi vini pativano durante i lunghi viaggi verso l’altro capo del mondo, che l’impero coloniale portoghese – uno dei più vasti longevi della storia (dall’occupazione di Ceuta del 1415 alla restituzione di Macao alla Cina nel 1999) – ha contribuito a rivelare. Le tipologie sono diverse al pari delle uve che le compongono e che crescono su vigneti terrazzati e impervi: il Sercial (leggero secco), il Verdelho (scuro e intenso), il Bual (dolce e profondo) e il Malmsey (da uve malvasia bianche o nere, è il più pregiato, denso e complesso). Tra le cose da fare sull’isola, oltre a una visita accurata al capoluogo Funchal (dal centro storico alle alture circostanti, tra splendidi giardini e avvenenti quintas), è addentrarsi nel cuore del vulcano, avventurandosi verso il Curral das Freiras, il “rifugio delle monache” al centro di un grandioso anfiteatro montano, tra punti panoramici, paesaggi tormentati, strade intagliate nella roccia, abissi ed eucalipti. Lo shopping locale ha come attrazioni primarie il bolo de Mel (dolce a base di melassa di canna, pepe e frutta secca); i tessuti, i tappeti, le tende (Madeira è l’isola del ricamo, una tradizione importata nel 1936 da una famiglia di origine tedesca); e l’arte dei vimini, che si tramanda dalla metà del XIX secolo (ci costruiscono anche i carros de cestos, le slitte usate come mezzi di trasporto). Ci sono altri vini, altre zone da scoprire: i fascinosi fortificati Moscatel de Setúbal, nell’omonima penisola, e Carcavelos, in una piccola area dell’Estremadura, come i gagliardi rossi del Dão, su un altopiano della parte centro-settentrionale protetto dalle montagne delle Serras, o i vini dell’Alentejo. Da sempre le strade del vino sono un viatico di conoscenza. Oltre a essere un amico, Roberto Francavilla insegna letteratura portoghese e brasiliana presso l’Università di Genova dopo essere stato per molti anni docente all’Università di Siena. Per Adelphi ha tradotto le opere di Clarice Lispector, per Feltrinelli le opere di Chico Buarque e ha curato Il secondo libro dell’inquietudine di Fernando Pessoa. Il suo ultimo libro, di prossima uscita per Mimesis, è Quel che il mare non vuole. Paesaggio e letteratura in Portogallo. Il Portogallo, che frequenta dal 1984, è la sua seconda patria. Architettura medioevale a Guimarães. Che cos’è per te il Portogallo? È il luogo che mi ha accolto, dove mi sento a casa, nello spazio e nella lingua. Tre parole per definire o comprendere lo spirito lusitano. Ci vorrebbero delle lunghe conversazioni per dirlo, altrimenti è facile cadere nello stereotipo o nella banalità. Avere dentro di sé la grandezza e la decadenza, il cosmopolitismo e il provincialismo. Quantomeno dal punto di vista della storia. Tre cose da vedere o fare in Portogallo. Il tramonto da una esplanada, il chiosco con i tavolini, affacciato sul Tago. La risalita delle valli del Douro in treno, in auto o via fiume, da Porto verso l’interno. Le spiagge e le scogliere della Costa Vicentina, da Lisbona verso sud. Meglio se fuori stagione. Evitare invece di aspettare invano le famose onde di Nazaré in periodi in cui semplicemente non ci sono, come fanno in molti! Tre cose da vedere o fare a Lisbona. Una gita in bicicletta o a piedi dalla stazione di Cais Do Sodré fino a Belém. Un pomeriggio di arte e di relax alla Fundação Gulbenkian, un luogo imperdibile. Cercare gli ultimi ristoranti a conduzione familiare, quelli con il menu scritto in portoghese su un foglio di carta appicciato ai vetri, magari con la televisione accesa dentro e il bancone di zinco. E non ti faccio nessun nome, non lo direi a nessuno. Vino preferito. Il Moscatel di Setúbal, strepitoso. Anche per i ricordi che mi legano a lui. Cibi preferiti. Il bacalhau à Brás, baccalà con uova, patate e olive, e le sardinhas assadas, le sardine alla griglia che una volta si cucinavano per strada. I tre libri del cuore. Il libro dell’inquietudine di Fernando Pessoa, Il delfino di José Cardoso Pires e Memoriale del convento di José Saramago. Che cos’è la saudade? Una categoria filosofica dello spirito portoghese. Non è semplicemente la nostalgia, ma qualcosa di più complesso: si potrebbe definire come la nostalgia, o lo struggimento che ne deriva, per tutti i futuri non ancora realizzati.