Non solo enoturisti, anche i foodie girano il mondo alla ricerca di un piatto. E i ristoranti ringraziano

Non solo enoturisti, anche i foodie girano il mondo alla ricerca di un piatto. E i ristoranti ringraziano
Quali molle scattano nella testa dei viaggiatori dopo le catene forzate del Covid? Secondo il Rapporto sul Turismo Gastronomico Italiano, nel 2021 il 13% delle prenotazioni ha avuto come scopo mangiare e (soprattutto) bere. Sono le due leve più importanti, appena dopo i tour culturali, al primo posto col 27%. Cantine e ristoranti appena dietro a monumenti e musei, dunque, una febbre collettiva che il biennio horribilis della pandemia ha solo rallentato, prima di ri-decollare nel 2022 e, galoppare più di prima nel 2023. Se stiamo al solo turismo gastronomico – tolto il prefisso “eno” – l’ultimo ventennio ha decretato l’ascesa vertiginosa dei foodie, quei turisti che, dopo essersi assicurati il volo, si scapicollano prima di ogni altra cosa a prenotare subito il ristorante più ambito di quella destinazione. Potere dell’irrazionale chef-mania dell’epoca globale, ma anche della crescente propensione di cuochi e ristoratori a dar valore al proprio territorio; al genius loci, dicono i colti. È l’affermazione culturale di un’insegna come specchio di un luogo: “Vieni da me che ti racconto nei piatti tutte le eccellenze del mio territorio”. Andare al ristorante è diventato dunque quasi come andare al museo. E, in più, mangi bene.