Viaggio nei sensi. L’acido. Roberto Cipresso Eccoci, amici miei! Il mio più caloroso “bentornato” ai nostri consueti pensieri, emozioni e parole attorno agli assaggi di vino che tanto amiamo. Quello che stiamo compiendo insieme, ormai giunto al terzo appuntamento di questa serie, è un viaggio molto particolare, con l’obiettivo di condurre un’analisi scrupolosa del processo degustativo nelle sue singole componenti. Ma non temete! Anche se, così descritto, il proposito può sembrare un po’ tecnico e vagamente arido, sappiamo bene che le considerazioni oggettive dell’approccio degustativo rappresentano per noi solo il punto di partenza. Gli episodi precedenti ci hanno già mostrato come, parlando di vino, sia facile trasformare una semplice biomolecola in un sogno, in un ricordo, in un’associazione di idee dagli sviluppi imprevedibili. Abbiamo visto come sia proprio il nostro corpo, con la sua anatomia e la sincronia un po’ magica dei suoi processi fisiologici, a rendere possibile tutto questo, innescando collegamenti misteriosi, spesso inconsapevoli, tra fugaci richiami a esperienze passate, sensazioni presenti, desideri futuri. Abbiamo conosciuto le forme piene e rotonde associate alle molecole zuccherine, avvolgenti e rassicuranti come l’abbraccio materno, e poi i picchi di vibrazione improvvisa del sale, impulso vitale e indelebile memoria della terra madre. Entrambe queste percezioni – come già visto – si localizzano nella porzione apicale della lingua: al centro la dolcezza, ai margini il salato. Spingendo l’assaggio verso il centro della bocca e proseguendo lungo i lati, incontriamo una sorta di lacerazione improvvisa, uno strappo che distoglie l’attenzione da ciò che la catturava un attimo prima, per assorbirla completamente. È la componente acida del vino, che si manifesta in modo un po’ “sgarbato” e per un momento ruba la scena a tutte le altre: è morso di limone, brivido del ribes, asprezza dell’aceto; sferzata di energia al contempo amata e temuta, che scuote e corrobora le fibre forti, mentre rischia di corrodere gli animi più fragili. Ma a quali fattori dobbiamo questa percezione? E come possiamo dosarne e modularne l’espressione nei vini che creiamo? L’acidità è legata alla presenza nel mosto di diversi acidi organici: acido tartarico, acido malico, acido citrico – i principali, in termini quantitativi. La percezione acida deriva proprio dalla combinazione dei loro effetti: la freschezza dell’acido citrico, il tono più aspro dell’acido malico, la secchezza dell’acido tartarico. Il contenuto di questi acidi nel mesocarpo dell’acino tende a diminuire con la maturazione, più marcatamente nelle prime fasi e più lentamente avvicinandosi alla vendemmia. Il calo è influenzato anche dalle temperature, dalle latitudini di coltivazione più prossime all’equatore e dalle annate più calde. La quantità di acidità presente, insieme alla concentrazione zuccherina e alla dotazione polifenolica (nei rossi), concorre a definire la data ottimale di raccolta.