Sandrine Garbay
Enologa

Château d'Yquem, Sauternes
(Dipartimento della Gironda, Bordeaux)

Sandrine Garbay è una donna solare, con un bel sorriso naturale, equilibrata ed elegante come i vini che crea. È l’enologa del più famoso Château bordolese, l’unico a produrre un leggendario vino dolce Sauternes con la denominazione invariata dal 1855 di Premier Cru Supérieur.

Sandrine è nata a Bordeaux. La sua famiglia era estranea al mondo del vino, ma il papà la incoraggiò a iniziare gli studi di biologia, chimica e microbiologia per poi virare verso l’enologia. Una passione senza confini, quella della viticoltura, quasi una missione per lei, che dal 1989 al 1994 approfondì la materia con dottorati importanti sempre presso la prestigiosa università bordolese.

La mamma di Sandrine, donna forte ed energica, cercò di far capire alla figlia quanto il percorso enologico potesse riservarle ostacoli, in quel mondo maschile e un po’ sessista. Ed ecco come andarono le cose: «L’inizio fu davvero complicato, il segretario dell’università di Enologia mi disse che stavo perdendo tempo perché una donna non era adatta al mestiere di enologa, che me ne sarei pentita amaramente. In un primo momento la disperazione mi fece tentennare, tuttavia fu proprio mia mamma a incitarmi a non mollare e, come sempre, aveva ragione. Quando terminai gli studi, mi resi conto che non conoscevo ancora abbastanza sul vino. Furono proprio la passione e la curiosità che mi fecero continuare con gli approfondimenti, i dottorati... Molto importante fu il confronto con i grandi enologi bordolesi, miei professori universitari, mentori di un percorso immerso nel vino».


Lo stage che concludeva il suo quinquennio di ricerche le permise di conoscere l’enologo che all’epoca lavorava a Yquem, Serge Chauvet. In quell’occasione ebbe la fortuna di essere presentata al marchese Alexandre de Lur-Saluces, storico proprietario della più famosa cantina al mondo, e proprio nel settembre del 1994 fu il marchese a chiamarla per iniziare una collaborazione, nel nuovissimo laboratorio di analisi dello Château d’Yquem. Sandrine ricorda sorridendo: «Non nego che la telefonata mi sorprese e, allo stesso tempo, per un attimo, pensai a uno scherzo telefonico di qualche compagno burlone, ma quando capii che era tutto vero ebbi la certezza che i sogni si stavano avverando e avrei voluto dirlo al mondo intero, da quanto ero felice! Per una giovane donna enologa, come del resto per qualsiasi enologo bordolese, una chiamata da Yquem era la possibilità di dialogare con un mito, quindi mi sentii molto fortunata e oggi conservo lo stesso entusiasmo».


Il ricordo dell’arrivo a Yquem si fonda su due parole, lusso e semplicità, per descrivere un luogo elegante e sobrio. Paradossale che ci fosse ad accoglierla una squadra composta da gente molto umile; questo è stato un elemento caratterizzante per la sua vita professionale. L’aver varcato i cancelli del mitico Château significava poter essere parte di quella perfezione enologica riconosciuta in tutto il pianeta, contribuire – seppur all’inizio con semplici analisi di laboratorio – alla creazione di un vino unico, uno dei migliori vini dolci al mondo. Sandrine continua raccontando che il mestiere, nonostante avesse in tasca la sua laurea e i dottorati di specializzazione, l’ha imparato dal suo predecessore, Guy Latrille che lavorò a Château d’Yquem per quarantacinque anni, e da Francis Mayeur, il direttore tecnico, che arrivò un decennio prima di lei: «Entrambi cercarono di trasferirmi tutto ciò che dovevo sapere sui vini di Sauternes, un’unicità che nessuna scuola di enologia ti può insegnare. Per me fu affascinante potermi immergere in quel mondo e imparare, giorno dopo giorno. E questo “tirocinio interno” fu essenziale per far emergere le mie attitudini».

Il passaggio al ruolo di enologa operativa avvenne nel luglio 1998, quando il suo predecessore andò in pensione e Sandrine era ormai formata per creare il suo primo millesimo di Château d’Yquem, il 1998. Questa data costituisce un momento significativo per la storia di Yquem e di tutti i Crus Classés bordolesi: una donna enologa realizza il suo primo Premier Cru Supérieur di Bordeaux. Mai accaduto prima. Sandrine tuttavia non amava mettere in mostra questa singolarità, perché credeva nel lavoro di squadra e desiderava condividere questo suo debutto con tutti i colleghi. All’inizio visse anzi questo grande traguardo con imbarazzo nei confronti del resto della sua squadra di lavoro, totalmente maschile, mentre oggi è fiera di essere stata fonte d’ispirazione per altre giovani donne affascinate dal mondo del vino.


Sandrine non è una donna mediatica pur comprendendo bene l’importanza del suo ruolo; si considera tuttora un’enologa che dirige una squadra coesa nel fare un ottimo vino. L’umiltà prevale sulla notorietà: descrive i millesimi più recenti, quelli creati da lei, con un entusiasmo contagioso, ma racconta i vecchi millesimi dimostrando l’immensa stima per chi ha reso possibile realizzare vini fuori dal comune, l’eccellenza concreta che permette di “bere il tempo”.


Intorno agli anni 2000 Yquem fu acquistato da lvmh (Louis Vuitton Moët Hennessy), il gruppo guidato da Bernard Arnault, e nel 2004 fu chiamato a dirigerlo Pierre Lurton, grande esperto di vino e membro di una famiglia storica di viticoltori bordolesi, già direttore allo Château Cheval Blanc in Saint-Emilion. Il cambiamento societario a Yquem, racconta Sandrine, non fu rivoluzionario, anzi le linee-guida della nuova proprietà erano di continuare ad affermare, millesimo dopo millesimo, l’eccellenza del loro Sauternes. Certo il ricordo della vendemmia 2001 la fa sussultare: «Ogni istante di quella vendemmia mi faceva scoprire che stava nascendo un millesimo fuori dal comune e così è stato anche per altri millesimi, il 2009 per esempio. Certo l’eleganza di questi vini è un elemento che va oltre l’annata, l’equilibrio deve essere la sintesi perfetta di ogni calice che ho il dovere di creare e far vivere a chi lo degusta, un piacere immediato».


Umiltà e rispetto guidano ogni giorno Sandrine nel suo lavoro e nella vita, un motto educativo che cerca di trasmettere ai figli. «Il vino è un oggetto culturale che fa parte del nostro mondo, uno dei più grandi piaceri della vita da condividere con le persone care. Dovremo essere noi genitori a educare i nostri figli a conoscere il vino senza etichettarlo come un nemico per i gradi alcolici elevati e insegnar loro a berlo in maniera responsabile, per apprezzarlo nella giusta dimensione e quantità. Anche se il vino è parte integrante della mia vita, ho bisogno di prendere i miei spazi privati e andare in vacanza con la mia famiglia. In quei momenti posso anche evitare di bere, mi concedo un breve periodo “detox” che mi fa scollegare al vino. Questo è possibile, oltre che necessario, ma appena torno in cantina capisco, ogni volta, che il vino non potrà mai abbandonarmi».


Se il mistero della muffa nobile è stato per lei una ragione di vita, certamente il vino non ha mai influito sul suo carattere. La sua sensibilità si nutre di quotidianità e il suo percorso professionale l’ha resa una donna più forte anche grazie al contatto quotidiano con la natura.

Andando a Sauternes si percepisce una lentezza fuori dal tempo, e forse giace in Sandrine questo impercettibile elemento di estemporaneità. Oggi, in età matura, è diventata più paziente, ha acquisito la calma necessaria per condurre le vendemmie, che cambiano ogni anno. Non ci sarà mai un raccolto uguale all’altro, le condizioni meteo sono la bussola che guida il lavoro suo e dei suoi collaboratori per creare, anno dopo anno, un vino distante dalle mode ma che racconta il futuro di Yquem, millesimo dopo millesimo.


Per l’avvenire di Sandrine c’è ancora un lungo cammino in questo paradiso a pochi chilometri da Bordeaux. Una donna generosa, sempre pronta a essere mentore per chi occuperà il suo posto poiché il suo concetto di squadra, di condivisione e continuità è un mantra che non la abbandonerà mai nella sua professione.


Pur creando da molti anni un vino dolce, Sandrine adora i rossi. Le piacerebbe viaggiare di più, con l’obiettivo di conoscere nuovi orizzonti enoici, visitare l’Italia, in particolare la Toscana, oltre che l’Ungheria, la Valle della Mosella ed esplorare paesi dell’America del Sud, come l’Argentina e il Cile, senza dimenticare una tappa nell’Africa del Sud.