Château Gilette, Preignac
(Dipartimento della Gironda, Bordeaux)
Julie Médeville, classe 1974, è nata in una storica famiglia di vignerons nella regione bordolese, a Preignac, uno dei comuni in cui si produce il leggendario vino dolce Sauternes.
Fin dal 1710 la famiglia Médeville si è dedicata alla produzione di vino: inutile dire che il mondo enoico ha sempre fatto parte della vita di Julie, la più giovane di tre sorelle che hanno preso strade molto distanti l’una dall’altra.
Il padre, Christian, si dedicò a innovare i metodi di lavoro nei possedimenti di famiglia fin dal 1959. Julie ricorda: «Mio padre riprese la tradizione di fare vino con mio nonno René, che fu definito “l’antiquario del Sauternes” perché decise, contrariamente a quanto facevano tutti gli altri produttori della zona, di estremizzare l’invecchiamento di questo vino dolce liquoroso con un affinamento in vasche di cemento che durava più di un ventennio. Mio padre portò avanti questa brillante intuizione del mio avo migliorando il “metodo Gilette”. Si capì che il lungo affinamento in vasche di cemento avrebbe consacrato l’assoluta regola che vedeva protagonista l’assenza di legno, rendendo il vino “puro” da qualsiasi tipo di contaminazione».
Subito nel racconto appare l’importante figura della madre: «Certo, mio padre non avrebbe potuto avere il successo che abbiamo ottenuto senza l’aiuto di mia mamma Andrée. Lei supportò papà e, pur non provenendo da una famiglia di viticoltori, divenne la musa ispiratrice del progetto che veniva portato avanti a Gilette. Il talento di vinificatore di mio padre si confrontava ogni giorno con l’animo solare di sua moglie e fu grazie al suo dono innato per il commercio che si ottennero risultati davvero miracolosi e il successo. La coppia dei miei genitori fu complementare, appassionata e instancabile. Un vero esempio per me, indelebile nella mia memoria, e genesi di quanto avrei fatto in futuro della mia vita. Questo clima mi ha protetto per tutta la giovinezza forgiando il mio desiderio di diventare una donna del vino».
Julie frequentò il liceo a Bordeaux e poi, sempre in città, prese una laurea in Legge con specializzazione in Diritto vitivinicolo. I suoi anni accademici erano intervallati da periodi di lavoro a Gilette accanto al padre, in vendemmia e in cantina, per cercare di capire meglio il mistero della creazione del loro Sauternes.
Aveva diciannove anni ed era alla fine del liceo quando, a una mostra di vini a Reims, nella regione della Champagne, incontrò Xavier, l’uomo della sua vita, la sua anima gemella. Figlio di storici viticoltori di Épernay, come lei studente, di poco più giovane, Xavier era orfano del padre dall’età di diciassette anni, quindi molto più maturo rispetto ai coetanei – un elemento che colpì molto Julie. Il ragazzo studiava chimica a Reims; nel 1996 si sarebbe trasferito a Tolosa per proseguire la specializzazione enologica.
I due si fidanzarono continuando per circa un anno le trasferte per incontrarsi e progettare insieme l’evoluzione delle rispettive aziende. Xavier portava avanti la produzione di famiglia in Champagne e, allo stesso tempo, aiutava Julie a Preignac. Nel 1997, quando convolarono a nozze, le loro affinità personali erano perfettamente equilibrate anche nella vita professionale. Entrambi condividevano l’amore per la natura, per il vino e soprattutto la medesima visione su come far conoscere i loro vini nel mondo, cioè viaggiare e cercare buoni distributori.
Lo sviluppo di questo giro d’affari permise loro, nel tempo, di investire anche in altre regioni vitivinicole della Francia. Ci racconta Julie: «Condividiamo gli stessi desideri, la stessa energia e la stessa sensibilità sul vino e abbiamo entrambi un vigneto, anche se distante 800 chilometri da quello dell’altro. Tutta questa distanza non ci ha mai ostacolato, al contrario riteniamo di essere la coppia più fortunata del mondo che per una legge invisibile di risonanza si è incontrata e mai più separata. Iniziammo la nostra attività di viticoltori in parallelo. Nel 2000 Xavier creò la sua maison de Champagne Gonet-Médeville, mentre io presi le redini di Gilette nel 2004, dopo sette anni passati a fianco dei miei genitori».
Julie e Xavier decisero di vivere in campagna e quando nel 2001 nacque il primo figlio, Teofilo, si posero come obiettivo primario quello di trasmettergli l’amore per la natura e il vino. Oggi il ragazzo studia a Bordeaux e pare incline a voler intraprendere il mestiere dei genitori, ma forse è ancora troppo presto per avere delle certezze. Nel 2007 arrivò la piccola Athena, una bimba bellissima con due occhi color cielo che ti rapiscono.
Conciliare la vita professionale e quella di genitore non è semplice ma l’armonia che si respira in casa Gonet-Médeville è davvero fiabesca.
Merito anche del loro cane Bouchon (che in francese significa “tappo di sughero”), l’animale domestico più fortunato al mondo. Anni fa, durante una degustazione in cantina di millesimi storici degli anni Quaranta, Bouchon urtò contro una bottiglia del prezioso Sauternes facendosi un insolito bagno nel vino dolce liquoroso più costoso al mondo. Julie si disperò per aver perso una bottiglia storica della sua enoteca mentre il cagnolino scorrazzava felice e serafico, inzuppato di vino – un’immagine bizzarra che divertì i suoi figli, pronti a ripulire con affetto l’incauto animale di casa.
Questa donna del vino non si ferma mai e sorprende per la tenacia con cui esplora altri mondi vinicoli. Proprio qualche anno fa decise di comprare a Margaux dei vigneti e cimentarsi in una produzione di vini rossi molto particolari.
Ci racconta che «l’investimento personale è totale, le nostre vigne fanno parte integrante delle nostre vite. Sono stata sempre affascinata dalle molteplici competenze che dovevo applicare in azienda: occorreva essere contemporaneamente agricoltori, vinificatori, commercianti, amministratori e creativi. La vita in vigna, il ritmo delle stagioni, la conclusione di ogni vendemmia mi permette di incontrare i clienti, i degustatori, i colleghi produttori che aprono e stimolano la convivialità del prodotto. L’apertura sul mondo coincide perfettamente con il mio carattere. Ho sempre voluto una casa aperta, il vino non ha senso se non si può condividere».
Gilette, con il suo metodo di affinamento di almeno venti anni in vasche di cemento, è un’azienda atipica, infatti questo Sauternes non assomiglia a nessuno degli altri vini dolci liquorosi della regione. La storica classificazione bordolese dei vini del 1855, tuttora in vigore, non è mai stata accettata dalla famiglia Médeville. Julie commenta così: «I miei vini di Sauternes non sono classificati e questo mi ha sempre permesso di poter attestare che la nostra qualità era sempre di alto livello non dovendo sottostare a disciplinari, ma lavorando seriamente, come fecero mio nonno e mio padre. Purtroppo non sempre è stato un vantaggio, perché pensare di curare una vigna e ottenere, in cantina, un risultato di vino così differente condiziona la relazione del tempo e talvolta ci ha fatto apparire come chi non voleva fare sistema con gli altri produttori, falsità assoluta. Io e mio marito Xavier crediamo molto nelle sinergie tra produttori giovani come noi. Spesso facciamo degustazioni condivise e ne organizzeremo sempre di più in giro per il mondo. La maggior parte dei vini che io ho prodotto sarà venduta dai miei successori e allo stesso tempo io commercializzo i vini creati da mio padre: soltanto nel 2025 potrò vendere il mio primo millesimo di Gilette, ossia il 2005. Condurre Gilette è stata per me una grande responsabilità e allo stesso tempo ero onorata di poter essere un anello della catena familiare che consacrava l’importanza della mia azienda. Sono fortunata poiché anche mio marito è affascinato dalla storica tradizione di Gilette».
Ed è a proposito di suo marito che Julie ricorda un aneddoto: «Quando mia nonna volle onorare Xavier, che stava per diventare suo nipote acquisito, pensò che non ci fosse niente di meglio che servirgli un Gilette del 1949 e mi sussurrò: è questo che bisogna fare!».
La filosofia di Gilette dimostra che il concetto di continuare a produrre con metodi fuori dagli schemi coincide con il mantra di preservare l’incredibile alchimia del vino ottenuto attraverso la botrite evitando gli aspetti aromatici del legno e l’ossidazione durante l’affinamento: «L’azione della muffa nobile sui chicchi del Sémillon, uno dei tre vitigni utilizzati per la produzione di Sauternes insieme al Sauvignon Blanc e Muscadelle, crea quell’alone di mistero che sbalordisce a ogni vendemmia».
Julie continua: «Nessuno può descrivere uno dei nostri vini con elementi costanti, poiché se si degusta il millesimo 1982 prevarrà un sentore di noce di cocco mentre l’aroma di crema pasticciera sarà esaltato nei calici del 1979. I Sauternes sono vini molto più intuitivi di altri e la botrite non si lascia domare totalmente ma occorre adattarsi alle leggi della natura. Oggi la mia pazienza si è modulata nel tempo proprio perché nella mia azienda di Preignac occorre pensare in maniera quasi rallentata, ossia con un quarto di secolo in ritardo».