Camilla Lunelli
Responsabile Comunicazione e Relazioni Estere

Cantine Ferrari
Trento

«Il vino non è mai entrato nella mia vita perché c’è sempre stato» e proprio con quest’affermazione Camilla Lunelli si racconta iniziando un bel viaggio nella memoria. Una bella donna trentina con una singolare forza d’animo. Un sorriso contagioso che svela il suo costante equilibrio di vita tra famiglia, figli e lavoro.

Camilla si rende conto del privilegio di essere nata nella parte “giusta” del mondo e proprio questa convinzione ha fatto emergere le sue doti di saggezza e affidabilità fin da ragazza.


L’attitudine all’apprendimento le permise di iniziare gli studi a Trento per terminare il liceo in Canada: aveva già capito che il capoluogo trentino non le bastava. Occorreva andare oltre e, appoggiata soprattutto dalla madre, seguì percorsi di formazione scolastica che la riportarono in Italia, a Milano, per l’università.

Dopo la laurea in Economia alla Bocconi e le prime esperienze lavorative, sempre in città, decise di rimanere nel capoluogo lombardo accettando la proposta di una nota società di consulenza. Il luogo di lavoro fu galeotto per l’incontro con Stefano, l’uomo che oggi è al suo fianco, padre dei suoi tre figli.


Certo la grande passione di Camilla, condivisa da quello che all’epoca era il suo fidanzato, era di fare volontariato in Africa, un paese che aveva visitato anni prima con un visto turistico e in cui si era ripromessa di tornare con ben altri progetti. In quel periodo della sua vita aveva così tante idee su come costruirsi un futuro che serviva necessariamente ordinarle.

Proseguì con un lavoro di consulenza, tuttavia era forte il desiderio di tornare nel continente africano per rendersi utile cercando di placare quello stato d’animo che la faceva sentire in debito per vivere nella parte fortunata del mondo. Il destino la aiutò facendole arrivare notizia di un bando Onu per un progetto estero. Camilla non perse tempo e spedì un curriculum alle Nazioni Unite per candidarsi come volontaria alla United Nations Volunteers (unv).


Dopo una prima selezione a Bonn e altri diversi colloqui arrivò la buona notizia che la giovane di casa Lunelli era stata scelta e con questa destinazione: Niger. Camilla era già stata lì con suo cugino Marcello e ricordava ogni particolare di quel viaggio illuminante: una mirabile esperienza nel deserto nigeriano che le era rimasta nel cuore.


Era il 2001 e il Niger era il penultimo paese più povero al mondo. La settimana di tempo per decidere se partire e restare un anno fu sufficiente a Camilla perché il 20 settembre 2001, nove giorni dopo l’attacco delle Torri Gemelle a New York, confermasse la sua disponibilità. Mille congetture avverse con un solo pensiero: “Forse sarò più sicura in Niger che in Italia, chissà”.

Importante fu la condivisione, oltre che il supporto, di Stefano, costretto a restare in Italia per poi andare in Uganda per un altro progetto; in più, l’azienda di consulenza per cui Camilla prestava lavoro le concesse un’aspettativa.


La destinazione Niamey era confermata.

L’impatto lavorativo con la vita nigeriana non fu semplice: Camilla doveva sovraintendere a progetti di costruzione di asili nido e all’erogazione di microcrediti a fondo perduto in favore di tutti gli ex combattenti. Decisiva fu l’amicizia con una ragazza lussemburghese che ancora oggi vive in Niger, sia per condividere idee “al femminile” sia per creare un focolare domestico che la facesse sentire meno isolata...

Tant’è che il periodo africano si prolungò di altri dodici mesi.


I rientri a casa erano limitati e brevissimi, legati al Natale e a qualche festa di compleanno, tuttavia le bastava il negozietto indiano non distante dalla sua abitazione, che vendeva una bottiglia di bollicine Ferrari, per sentirsi a casa anche dall’altra parte del mondo.

Stefano la raggiunse come volontario all’ospedale di Niamey e, in seguito, insieme si spostarono in Uganda con ruoli molto diversi. Lui collaborava con il Ministero degli Esteri mentre lei gestiva ambulatori nei campi profughi. Alla memoria di Camilla affiorano ricordi di scene efferate: attimi di paura quando passavano fiumane di migranti, le guerriglie in cui i bambini erano reclutati come soldati... e proprio le Nazioni Unite dovevano fornire un’assistenza di primo soccorso.


Finché, era il 2004, da Trento giunse una chiamata dallo zio Gino che, come ogni domenica mattina, la chiamava per avere un aggiornamento della sua vita africana. Lo zio fu molto diretto nel chiedere a Camilla di tornare perché in Ferrari c’era bisogno di una responsabile della comunicazione e avrebbero molto apprezzato avere lei a ricoprire quella posizione. La notizia arrivò inaspettata e, questa volta, il suo compagno dovette onorare l’impegno di restare in loco e a lei toccò separarsi per tornare a Trento.

Così fu e dall’estate 2004 Camilla costruì con tenacia e capacità la comunicazione di casa Ferrari. Una grinta in equilibrio con una passione per il suo lavoro che tuttora la contraddistingue. Una donna colta e piena di idee cariche di italianità, proprio come le bollicine di famiglia. Ecco, la parola “famiglia” non solo si declinerà con Stefano e i loro figli ma resterà fondamentale per la vita di Camilla.


Fu il padre Mauro, enologo, creatore nel 1972 di Giulio Ferrari e Riserva del Fondatore, a trasmetterle il valore della vigna e i ricordi delle vendemmie, l’odore del mosto e l’assaggio del cosiddetto “fiore” per sentirsi parte della cantina. Camilla racconta: «La nostra storia è molto bella. Mio nonno aveva la più famosa enoteca di Trento e proprio con Giulio Ferrari vantava un rapporto singolare. Ferrari era senza eredi e quando decise di cedere la guida pensò immediatamente al nonno. Oggi, con mio fratello Alessandro e i miei cugini Marcello e Matteo, portiamo avanti il progetto di famiglia, ognuno con il proprio ruolo. Il Gruppo Lunelli è una holding che raggruppa molte società, non solo di vino, pure una fonte di acqua e una distilleria. Tutte le società sono legate da un principio essenziale per noi Lunelli: l’alta qualità e un forte legame con il territorio».

In Ferrari, oggi, hanno stilato dei “patti di famiglia” per disciplinare i rapporti e le regole all’interno dell’impresa, specie per l’ingresso dei giovani eredi. Dovranno fare esperienze all’estero, in realtà esterne, per un training che possa far conoscere loro percorsi professionali e visioni illuminanti. Solo dopo, forse, si torna a Trento.


Il tempo e il vino sono un binomio che la fa spesso riflettere: un nuovo prodotto e un nuovo vigneto vogliono dire un ventennio della propria vita. Il carattere impulsivo di Camilla non è stato modulato vivendo il mondo enoico. Il vino spesso la porta a riflettere: occorre fermarsi e pensare all’equilibrio che la famiglia e i propri figli, per fortuna, le donano. Vorrebbe dedicare più tempo ai figli – una bimba di quasi dieci anni, la piccola di sette e il bimbo di tre anni – vista la velocità con cui crescono.

La famiglia Lunelli ha creato il Premio Ferrari, che nel 2017 festeggerà i dieci anni: un progetto, fortemente voluto da Camilla con il cugino Matteo, che premia il miglior titolo, la migliore copertina e il miglior articolo dell’anno e che li porta a interagire con i più illustri scrittori e giornalisti di tutto il mondo.


Oggi l’attenzione si sposta alla valorizzazione di un’arte, quella dell’ospitalità, che Ferrari ha deciso di comunicare attraverso un premio internazionale, The Art of Hospitality, promosso a partire dal 2016 con The World’s 50 Best Restaurants, la prestigiosa classifica internazionale che da oltre dieci anni definisce le tendenze dei cinquanta migliori ristoranti nel mondo. Le Cantine Ferrari promuovono l’Arte dell’Ospitalità attraverso una concreta valorizzazione degli uomini di sala, ambasciatori ideali per servire le loro bollicine nel mondo e renderle protagoniste di un’esperienza di accoglienza memorabile.


Camilla ama il suo lavoro e sa trasmettere questa passione: «Mi piace tanto perché la bollicina è per antonomasia legata alla convivialità. Se Ferrari rappresenta una bottiglia molto simbolica per festeggiare, è per me un grande onore essere riconosciuta come una persona che celebra la felicità. Un caro amico dell’adolescenza mi diceva che senza l’amicizia e il brindisi con un vino importante nessuno avrebbe potuto cogliere un’atmosfera di ospitalità indimenticabile. Proprio il guardarsi negli occhi e brindare cela un contatto puro, in cui non puoi mentire, perché sveli la tua anima».