Marilisa e Silvia Allegrini
Responsabile Commerciale -  Responsabile marketing e Comunicazione

Allegrini Estates
Fumane in Vaklpolicella (Verona)

Marilisa e Silvia Allegrini sono rispettivamente zia e nipote, un binomio al femminile di donne profondamente diverse l’una dall’altra, unite da un legame familiare e da un comune amore per le proprie radici e per la loro Valpolicella.

Marilisa è l’anima commerciale e delle relazioni con l’estero, mentre Silvia ha trovato la sua dimensione felice con il marketing e l’organizzazione (impeccabile) degli eventi Allegrini, in sede e non solo.


Marilisa è nata il 28 marzo, come me, e ritrovo molte similitudini con il mio carattere. È una forza della natura nascosta sotto l’effigie di una donna raffinata, intelligente, forte come una leonessa. I tratti del viso le donano un’espressione serena celando l’aria sfidante di chi non si arrende facilmente. Imprenditrice di successo, non si ferma mai: conquistato un traguardo, è già pronta a rincorrere il successivo.

Siamo a Fumane, un piccolo comune vicino a Verona nel cuore della Valpolicella. Sede dell’azienda è Villa della Torre, un palazzo del Cinquecento circondato da vigneti. Poco distante sorge la cantina dove con il fratello Franco, winemaker di fama internazionale, e la nipote Silvia, figlia del fratello Walter, scomparso prematuramente nel 2003, oltre alla figlia Caterina e al nipote Francesco, conduce l’impero Allegrini.


Il padre di Marilisa, Giovanni, ha sempre fatto vino ed è stato un vero innovatore per quella prestigiosa porzione di Veneto. Amava produrre il Recioto più che l’Amarone. Marilisa, in azienda dal 1983, rappresenta la sesta generazione. A differenza dei suoi fratelli, già vicini all’attività della cantina, da giovane non pensava proprio di legarsi agli affari di famiglia, aveva piuttosto la vocazione a diventare un buon medico.


Siamo negli anni Settanta e Marilisa frequenta Fisioterapia a Verona pur occupando i fine settimana in azienda per aiutare la famiglia nelle questioni amministrative. Si laurea con il massimo dei voti ed è subito assunta al Policlinico di Borgo Roma, a Verona: la sua carriera sembra tracciata nell’ambiente medico.


Alla soglia dei trent’anni, però, rifiuta un’importante posizione in ospedale per entrare nell’azienda di famiglia e nel frattempo sposa un medico, molto più grande di lei. La relazione non la rende felice tant’è che dopo pochissimo torna “libera di stato”, con un divorzio che fa notizia in quel piccolo paese della Valpolicella. Se la mamma visse questo passaggio della vita di Marilisa come un elemento quasi di vergogna, il papà Giovanni capì che per la figliola si apriva una nuova epoca. Capì che lei era pronta per iniziare una carriera in azienda.


Quando Marilisa descrive il padre, trasmette con le parole ma soprattutto con lo sguardo l’amore, infinito, per un genitore cui non potrà mai rinunciare. Un padre che ovviamente adorava la figlia, ne era orgoglioso.

La sua nuova carriera in Allegrini si concretizzò con la realizzazione di un ufficio mai esistito fino ad allora, e subito fu chiaro che, mentre i fratelli si dedicavano alla cantina e alla campagna, Marilisa era destinata alla comunicazione, intrisa della passione per quel mondo che tuttora incarna questa donna del vino.


Alla morte del padre, nel 1983, Marilisa si rese conto che l’azienda non aveva conti economici confortanti e sentì il bisogno di viaggiare per capire cosa succedeva al di fuori del suo paese ovattato. Il mercato e il suo istinto la catapultarono negli Stati Uniti e lì iniziò la nuova era dell’azienda. Riuscì a fare ottimi affari, al punto che tra il 1989 e il 1990 l’azienda passò da una situazione di sofferenza finanziaria a utili importanti.


Marilisa è una di quelle donne che ti affascina quando narra il suo meritato successo. Un successo sempre condiviso con i fratelli perché vince la squadra, non il solista.

Iniziarono i suoi viaggi in giro per il mondo per far conoscere l’enclave della Valpolicella e l’Amarone Allegrini. Marilisa incantava descrivendo il territorio, le vigne, le uve che generano l’Amarone, il Ripasso o il Recioto, vini rossi che affascinano e fanno meditare. Nel frattempo creò una nuova famiglia con Giancarlo; da loro nasceranno Caterina e Carlotta. Dopo un decennio il padre delle sue figlie restò presente nella sua vita, con armonia, nonostante la decisione di separarsi. Il cuore di Marilisa iniziò a palpitare per un uomo d’affari che aveva base negli Stati Uniti e per un lungo periodo “lady Amarone” diventò la frequent flyer per eccellenza. Alla fine però decise di ritornare stabilmente in Italia, dalle sue figlie e dai suoi familiari.


Marilisa afferma con orgoglio: «Per una persona che come me è nata e cresciuta in campagna, la mia terra è una cosa connaturata con il mio stesso essere. Ho amato la natura fin da bambina giacché l’uomo può dare il meglio se stabilisce un rapporto simbiotico con ciò che lo circonda. Se fossi diventata medico, avrei esercitato una professione che tuttora mi affascina e probabilmente avrei coltivato la mia passione per il vino, ma quando decisi di tornare in azienda ero davvero orgogliosa di portare avanti, con il mio contributo, una storia centenaria. Mio padre mi ha insegnato a vivere la natura e a rispettare gli eventi atmosferici, che ti possono cambiare radicalmente una situazione economica. Occorreva avere coraggio e sfidare il tempo: all’epoca non c’erano tutte le tecnologie meteo di oggi e solo l’esperienza e la saggezza del mio genitore ci hanno fatto capire cosa era bene fare e ciò che era impossibile arrestare, come una grandinata. Per stare più tempo con mio padre cercavo di andare in campagna con lui. Lì ho capito quanto la nostra terra e le nostre radici non si possono dimenticare, mai, in nessuna parte del mondo. Ed è ciò che cerco di trasmettere alle mie figlie».


Mentre Carlotta è medico, portando avanti quelle che erano le aspirazioni originarie della mamma, Caterina milita in azienda pur studiando ancora materie umanistiche, fondamentali per sviluppare delle strategie di comunicazione, ed è una ragazza che trasmette una solida concretezza d’idee e obiettivi da raggiungere. Per ora lavora con Silvia, sua cugina, e segue la mamma in molte attività. Marilisa era stata chiara con lei: «Se vorrai lavorare in azienda sei la benvenuta, ma prima devi farti esperienze fuori come dipendente, anche in settori diversi perché per imparare a condurre una squadra, occorre imparare e obbedire; questa, secondo me, è la base per diventare un leader».


«Caterina dovrà viaggiare, incontrare e scontrarsi con culture diverse, materiale fondamentale per crescere», continua la mamma.

Certo la forza di Marilisa contagerebbe chiunque. Silvia descrive la zia come «una figura femminile straordinaria per la Valpolicella, una perfetta ambasciatrice, vera paladina che ha affrontato e superato pregiudizi molto forti: solo un uomo poteva essere un vignaiolo, una donna era etichettata come non all’altezza, cosa che certo non incoraggiava a superare i vari ostacoli. Marilisa però non si è mai arresa».


Dalle parole della nipote traspare una grande ammirazione: «Mia zia riesce, con poche parole, a descrivere perfettamente il paesaggio di Fumane dove sono nata, cresciuta e dove ancora vivo, proprio sopra la cantina, da sempre. Ricordo che ai tempi della scuola invitavo le mie compagne per fare i compiti e spesso mi facevano notare che si sentiva un forte odore di vino. A loro non piaceva per niente, mentre per me era la normalità assoluta. Il vino è nel mio dna, mio padre Walter mi ha trasmesso il rispetto totale per la natura e non potrebbe essere altrimenti per me. Frequentai il liceo linguistico a Verona e decisi di non proseguire con l’università. Oggi un po’ mi pento di quella scelta... Fu proprio mio padre a chiedermi di iniziare qualche lavoretto in ufficio. Iniziai a fare le prime degustazioni. Io mi definisco una persona molto pratica, il mio lavoro è fatto di programmazione, ma spesso accade l’imprevisto che ti destabilizza, magari nel bel mezzo di un grande evento. Ebbene ho sempre adorato il lavoro “in emergenza” e tuttora la mia adrenalina non mi tradisce mai quando siamo sommersi da una montagna d’imprevisti durante un evento importante».


Silvia sostiene che tutto sia perfettibile, ma il suo istinto resta un ottimo elemento che la guida, da sempre, anche nella vita affettiva. A soli ventisette anni dovette affrontare il lutto del padre e, a distanza di poco tempo, di una sorella minore. Era diventata da poco mamma di Sofia ed era in attesa di Enrico, il nipote che il papà Walter non ha mai conosciuto. «Speriamo che sia un maschio, diceva mio padre. E così fu. Mi presi una pausa per crescere i miei figli, cercando di convivere con un carico emotivo che da una parte mi comprimeva, perché avevo perso parte della famiglia, e dall’altra mi spingeva ancora di più verso i miei bambini, che rappresentavano la mia nuova famiglia. Un ciclo vitale complesso da accettare, ma reale. Sentivo la necessità di andare oltre per non perdere la positività che la maternità porta con sé.»


Nel 2015 è nato, dal suo nuovo compagno, il bellissimo Vittorio, un altro maschietto.

Silvia abita sempre sopra la cantina e crede molto nel lavoro di squadra. Sostiene che senza i ragazzi che prestano la loro opera nei vigneti tutti i giorni, dalle sei della mattina, nessuno degli Allegrini potrebbe essere fiero di continuare una tradizione di famiglia con il massimo rispetto di tutti i ruoli. La festa di fine vendemmia che viene organizzata tutti gli anni, la Galzega, è un esempio tangibile del fatto che la gratitudine alla natura e agli uomini che la trasformano in uva e poi in vino è l’essenza di un lavoro.


Silvia è una donna del vino che riesce a conciliare la vita familiare con gli impegni aziendali occupandosi del marketing e della comunicazione della Allegrini Estates, compresa l’azienda toscana acquistata all’inizio degli anni Duemila. I fratelli Allegrini rimasero infatti folgorati da Bolgheri, un territorio molto diverso dalla loro Valpolicella, vitigni differenti e un terroir singolare. Una vera sfida creativa e una scelta stilistica vincente che si allineavano all’eleganza dei vini prodotti a Fumane. Racconta Marilisa: «Mi ricordo benissimo, era il 15 ottobre del 2001 quando arrivai a Bolgheri per vedere quei terreni. Erano le due del pomeriggio ed ero con mio fratello Walter; Franco era rimasto a Fumane, ma era sempre in collegamento telefonico con noi. La sera decidemmo di acquistare la cantina e pochi mesi dopo, nel 2002, formalizzammo il tutto. La Toscana mi ha dato una nuova energia, mi pareva di generare un figlio, una maternità simbolica che non dimenticherò mai. Partivo da Fumane diretta a Bolgheri e dopo venti ore di lavoro ripartivo per la Valpolicella con una forza incredibile per attuare nuovi progetti».


Oggi Allegrini è tra le più affermate aziende vinicole nel mondo, il prodotto è presente sulle migliori tavole e nelle migliori enoteche nazionali e mondiali. Tra i progetti futuri ci sono una nuova cantina e il dovere di valorizzare ciò che si ha, proprio come Villa della Torre, sede di rappresentanza, centro di ospitalità di altissimo livello per i tanti visitatori stranieri e anche italiani e mèta culturale per associare il vino all’arte e alla musica durante tutto il corso dell’anno.

Nella profonda diversità tra zia e nipote affiora un assioma di vero affetto, che cela il rispetto delle proprie radici oltre all’amore per la famiglia.