Introduzione

Con I grandi vini di Toscana ho percorso un bel pezzo della storia del vino toscano, quella probabilmente più ricca di cambiamenti e suggestioni. La Toscana è testimone di un antichissimo legame con il vino e la viticoltura, tutte le epoche storiche sono scandite dalla presenza di questo connubio che ha creato i fondamenti di una forte e radicata tradizione contadina, con un processo qualitativo che ha seguito ritmi e stimoli ovviamente diversi dagli attuali. La qualità è incentivata dalla presenza di un mercato disponibile a spendere di più in cambio di merce migliore, ma fino a 30-40 anni fa non esisteva niente del genere. Ecco perché in Toscana, come in quasi tutto il mondo, la cultura della qualità ha raggiunto la giusta diffusione solo in tempi recenti e anche la tradizione è evoluta definendo i propri contorni come li conosciamo oggi pressappoco nel periodo trattato da questo libro.

Una bella fetta di merito va attribuita a molti dei produttori e delle produttrici dei vini presenti in questo volume: sono stati dei pionieri, hanno anticipato i tempi e hanno saputo prevedere nuovi scenari di mercato. Le loro scelte hanno indirizzato e invitato altri a percorrere un tracciato che sembrava ignoto, rivoluzionando l’economia di un territorio e costituendo un baluardo per la salvaguardia dell’ambiente e del mondo agricolo che cinquant’anni fa appariva in rapido e inevitabile declino. In quel periodo chiudeva i battenti il regime della mezzadria, dominante in Toscana, con la quale erano sopravvissute, nella povertà, tante generazioni di contadini e coloni.

A quei tempi, che sembrano ora lontanissimi ma non lo sono così tanto, il vino costituiva una fonte energetica di calorie e sostentamento diretto. Oggi è diventato un bene voluttuario, non c’è più il fiasco in tavola tutti i giorni. Si beve molto meno di prima, ma si beve in tutto il mondo e probabilmente si beve meglio.

Seppur in modo assai frammentato la prima zona che ha dato segnali di rinnovamento è stata l’area del Chianti Classico, attraverso quel fenomeno, tanto disprezzato oggi ma fondamentale per favorire la rinascita, costituito dall’invenzione dei supertuscan: vini di fantasia, ottenuti con uve non previste dai disciplinari di produzione dell’epoca e proposti a prezzi generalmente superiori a quelli dei vini Doc. Si è poi definitivamente affermato il Brunello di Montalcino, è sbocciata dal niente l’area costiera, con Bolgheri in evidenza. È nata, in breve, una nuova pagina da raccontare dell’enologia toscana, confortata anche dal processo di crescita che, seppur con dinamiche e riscontri diversi, ha coinvolto tutto il territorio regionale, da Montepulciano alla Lucchesia, dalla Maremma alla Rufina, senza tralasciare San Gimignano e la sua Vernaccia, la prima tipologia in assoluto a fregiarsi della denominazione d’origine controllata e garantita (Docg) in Toscana. Ma i vini bianchi (non solo Vernaccia) e i vini dolci (in particolare Vin Santo e Aleatico) costituiscono un capitolo a parte, meritevole di essere trattato in un contesto specifico.