Ernesto Gentili

"I grandi vini di Toscana: Rossi d'eccellenza" di Ernesto Gentili, pubblicato da Giunti Editore, è una guida completa che esplora i migliori rossi toscani. Dai celebri Sassicaia e Ornellaia ai meno conosciuti Le Potazzine e Tenuta di Trinoro, il libro offre una panoramica dettagliata dei vini e delle cantine di eccellenza in Toscana. Una risorsa preziosa per appassionati e esperti del settore alla scoperta dei tesori vinicoli della regione.

Introduzione

I Vini

Cartina

Asinone

Avvoltore

Badia a Coltibuono

Biondi Santi

Cabernet Franc Vignamaggio

Caiarossa

Camartina

Castell’in Villa

Castello di Brolio

Cavalli Tenuta degli Dei

Cepparello

D’Alceo

Flaccianello della Pieve

Fuligni

Galatrona

Grattamacco

Grotte Rosse

Guardiavigna

I Sodi di San Niccolò

Il Blu

Il Caberlot

Il Carbonaione

Il Nocio

Il Poggio

La Gioia

Le Pergole Torte

Le Potazzine

Le Ragnaie

Lilliano

Luce

Lupicaia

Masseto

Mastrojanni

Melograno

Montechiari Cabernet

Montesodi

Nambrot

Nittardi

Oreno

Ornellaia

Paleo Rosso

Percarlo

Piaggia

Piaggione

Poggio ai Chiari

Poggio al Vento

Poggio di Sotto

Poggio Lombrone

Sacromonte

Saffredi

Salamartano

Salvioni

Sassicaia

Siepi

Siro Pacenti

Solaia

Stella di Campalto

Syrah Stefano Amerighi

Talenti

Tenuta di Trinoro

Tenuta di Valgiano

Tignanello

Trefiano

Val delle Corti

Vigna Paganelli

Vigneto Bellavista

Vigneto Bucerchiale

Vigneto Rancia

Vigneto San Marcellino

In Appendice

Glossario

L’autore

Indirizzi

Versione cartacea

Tenuta di Trinoro TENUTA DI TRINORO Via Val d’Orcia 15 - Sarteano (Siena) Anno di fondazione dell’azienda: 1991 Prima annata prodotta: 1997 Proprietà: Andrea Franchetti Produzione media: 6000-7000 bottiglie Staff tecnico: Andrea Franchetti,  enologo e agronomo Vitigni: cabernet franc, cabernet  sauvignon, merlot, petit verdot Energia naturale L’azienda è stata fondata nel 1991, quando Andrea Franchetti, proprietario, enologo, agronomo e non so cos’altro ancora di Trinoro, scelse quest’angolo nascosto della Val d’Orcia per dare struttura e solidità alle sue idee, forse anche ai suoi sogni. Non so se sia stato lui il primo in Toscana o addirittura in Italia a progettare e impiantare un nuovo vigneto su fittezze del tutto inconsuete all’epoca (10 000 ceppi per ettaro), ma queste erano le sue motivazioni: se continuano a essere costrette a farlo, le piante abituate a vivere debolmente danno la possibilità, diradando poi al momento giusto il 60% dei grappoli e lasciando 300 grammi per pianta, di fare un grande vino. Il chicco più piccolo offre più buccia rispetto alla polpa e il vino rosso è tutto nelle bucce. E ancora: perché la concentrazione ottenuta in vigna è così importante? Perché fa il vino che non si confonde, il vino riconoscibile, il vino che esagera i suoi profumi, colori e sapori e riesce subito a imprimersi nel ricordo; negli anni si fa riconoscere, finché diventa lentamente un classico. Ma il concetto non è così semplice, sentiamolo direttamente dalla sua voce: “All’inizio (e per una trentina d’anni) è necessario che io stesso faccia il vino, mentre in un posto antico e sedimentato come in uno château bordolese, dove si fa vino da secoli, c’è un giro di mansioni ed è più che sufficiente. In sintesi, la considerazione di partenza è che c’è bisogno di molto tempo (un secolo o giù di lì) affinché un vino diventi adulto e in simbiosi con il territorio e, per non sprecare tempo, è fondamentale seguire bene, di persona, passo passo, tutte le prime fasi perché ciò accada”. È molto interessante notare che nell’arco di un secolo, sempre secondo Franchetti, un vigneto subisce quindi un’altalena di interventi perché obbedisce all’immagine, che cambia lentamente, del vino; quest’immagine è capricciosa almeno quanto lo stile dell’architettura o dell’abbigliamento o delle automobili. In sostanza anche nella gestione del vigneto intervengono le mode, il mercato, il cambiamento dei gusti e così via. Tutto ciò può sicuramente apparire bizzarro ma, al di là degli approfondimenti del caso che ognuno può affrontare se ne ha sufficiente forza di volontà e passione, è assolutamente significativo sottolineare come alla base di un progetto di “fare vino” non ci siano solo operazioni meccaniche, di noioso e ripetitivo protocollo operativo. E sicuramente per Franchetti, che potrà apparire stravagante ma merita di essere ascoltato, di considerazioni personali a metà tra lo scientifico e il filosofico ce ne sono a bizzeffe, in pratica una per ogni scelta effettuata in vigna o in cantina. Nessun compromesso Vigneti bassi, fitti, di ispirazione bordolese 2007 •••· Dopo un inverno asciutto e una primavera incerta, i primi mesi estivi non hanno concesso tregue di freschezza e l’impressione generale era di una vendemmia molto anticipata. non a Trinoro, dove solo alla fine di settembre è cominciata la raccolta dei primi merlot, il cabernet franc dal 16 al 19 ottobre e il cabernet sauvignon assieme al petit verdot alla fine del mese. Assemblaggio classico: 40% di cabernet franc e, a scalare, 30% di merlot, 20% di cabernet sauvignon, 10% di petit verdot. alla prova dei fatti è risultata come una delle annate più riuscite e apprezzabili grazie all’equilibrio e alla morbidezza diffusa. i tannini di ottima grana promettono una buona tenuta nel tempo. 2008 ••• Un’annata particolarissima, diversa da qualsiasi altra, che ha risentito anche della secchezza della precedente. lo stress da calore, innescato dalle temperature del mese di agosto, ha bloccato la maturazione nei primi di settembre. a ottobre la situazione è migliorata e ha permesso una raccolta disomogenea per caratteristiche delle varie uve e comunque interessante per l’originalità del vino ottenuto. Assemblaggio finale: 35% di cabernet franc e merlot, 25% di cabernet sauvignon e 5% di petit verdot. Molto concentrato, un po’ cupo, vegetale, ampio, potente, non è per niente banale ma deve trovare un assetto più bilanciato. 2009 •••• È stata un’annata ricca, energica e lineare, senza particolari problemi se non quelli dell’aumentato peso dei grappoli. Per questo motivo è stato effettuato un robusto salasso al fine di concentrare maggiormente il mosto. i tempi di raccolta, come nella tradizione di Trinoro, sono stati i consueti: fine settembre per i merlot, lungo tutto il mese di ottobre per le altre uve. Assemblaggio finale: 42% di cabernet franc e merlot, 12% di cabernet sauvignon e 4% di petit verdot. in linea con le prerogative dell’annata è un Trinoro senza mezze misure: potente, energico, impetuoso, con l’alcol in evidenza ma anche un finale lunghissimo e trascinante. 2011 ••• Annata caratterizzata da violente ondate di calore che hanno indotto molti produttori toscani a vendemmiare anticipatamente in quanto parte delle uve si stava appassendo. al solito, a Trinoro si è corso il rischio e atteso il mese di ottobre per iniziare la raccolta. l’uvaggio è eccezionalmente composto per il 90% da cabernet franc, il resto cabernet sauvignon e petit verdot. il vino è prevedibilmente molto ricco ma l’incidenza del rovere da un lato e la surmaturità del frutto dall’altro penalizzano l’equilibrio e la finezza. In compenso la qualità dei tannini è eccellente e incoraggiante per lo sviluppo futuro. 2012 ••••· Annata più siccitosa del 2011 ma con punte di calore inferiori. non ci sono stati arresti di una maturazione che ha proceduto però molto lentamente. la raccolta del merlot è durata quasi un mese (dal 12 settembre al 3 ottobre); le altre uve, come sempre, a ottobre inoltrato. Per il secondo anno consecutivo non è presente il merlot nell’assemblaggio finale che è costituito per il 66% da cabernet sauvignon, per il 26% da franc e per l’8% da petit verdot. il miglior Trinoro di questa breve carrellata: è ricco e voluttuoso, opulento senza apparire pesante, dotato di una golosa dolcezza di frutto senza cedere alla stucchevolezza, con tannini levigatissimi e finale imponente. Che dire, non mi sarei aspettato un Trinoro così in un millesimo che per molti in Toscana è stato arduo decifrare e risolvere. È fuori dubbio che, almeno in questo tipo di annate, l’assenza del merlot può solo favorire l’armonia complessiva. 2013 •••· Annata piuttosto fredda ma non piovosa che ha dato gradi alcolici più contenuti e acidità più alte. in queste condizioni il merlot è rientrato, esattamente per un terzo, nell’uvaggio che per metà si avvale del cabernet franc e la parte rimanente al cabernet sauvignon e al petit verdot. Sicuramente è un’annata che ha molte frecce nel suo arco per salire di quota nel tempo. al momento risalta la forza di carattere, più la parte sapida e minerale che non quella fruttata. il rovere è ancora un po’ da smaltire e l’equilibrio ideale da raggiungere, ma i presupposti sono incoraggianti. Vigna e cantina Il vigneto, suddiviso in numerose parcelle, è situato a un’altitudine compresa tra i 450 e i 600 metri. Impiantato nel 1990 e nel 1994, ha una fittezza di 10000 piante per ettaro. Si utilizzano il letame di pecora come concime e propoli, argilla ed estratto di semi di pompelmo per i trattamenti. La fermentazione avviene in vasche d’acciaio mentre l’affinamento prosegue, prima dell’imbottigliamento, per altri 20 mesi, di cui una parte in barriques di rovere francese nuove e una parte in cemento. (in sintesi) Il Tenuta di Trinoro, come del resto tutti gli altri vini dell’azienda, non è vino da mezze misure: o piace molto o non interessa per niente. Sicuramente è un vino eccessivo in tutti i suoi parametri e nei primi anni di produzione questo dato si traduceva spesso in versioni “marmellata” poco significative. Con gli anni si sono trovati equilibri più soddisfacenti e, sebbene non si cerchino comunque compromessi, il Trinoro ha trovato un senso di maggiore contrasto e reattività. In sostanza, l’impressione è che il filo conduttore non sia più il frutto, come avveniva nei primi anni, ma che entrino gradualmente in azione anche altri fattori come la mineralità, la sapidità, a rendere il vino sempre più complesso e interessante.

Scopri i grandi vini rossi di eccellenza della Toscana con la guida completa di Ernesto Gentili