Capitolo 2 Fare, servire e degustare il Vermouth I componenti del Vermouth Vino Il vino utilizzato nella produzione del Vermouth è bianco: oggi quello impiegato maggiormente è ottenuto dalle uve Trebbiano, ha la particolarità di essere un vino acido e senza profumi varietali. Vengono utilizzati anche l’Erbaluce e il Cortese, ma anche la Bianchetta Trevigiana, il Catarratto o il Verduzzo. La storia invece ci dice che in passato si utilizzava anche il Moscato il cui profilo aromatico, ben si integrava con le spezie e ancora oggi alcune aziende ne fanno uso. Zucchero Utilizzato per la dolcificazione, il saccarosio può essere sostituito con mosto di uve e mosto di uve concentrato. Alcool Il grado alcolico varia a seconda delle tipologie del prodotto (vedi degustazioni a pag. 60). Caramello naturale (o zucchero bruciato) I coloranti sono solo naturali: il caramello si ottiene per riscaldamento controllato del saccarosio. Erbe e spezie Per la preparazione del Vermouth è utile conoscere a fondo le piante aromatiche poiché determinano le peculiarità di un Vermouth. Saranno proprio loro a fare la differenza attraverso le loro fragranze e le loro proprietà. Nella produzione di Vermouth non vengono impiegati aromi di sintesi, fatta eccezione per la vanillina. Materie prime e piante aromatiche Assenzio Maggiore (o ) Artemisia absinthium Gli anglosassoni hanno catalogato l’artemisia come una delle nove erbe medicinali sacre offerte al mondo dal dio Odino; si racconta che veniva piantata lungo i bordi delle strade dai Romani, i quali mettevano i rametti nei sandali per prevenire le sofferenze ai piedi nei lunghi viaggi. Il suo nome deriva dall’antico nome greco , legato al nome di Artemis, in italiano Artemide, la dea greca della natura, dei boschi e della caccia: Artemisia significa, quindi, “dedicata ad Artemide”. L’assenzio dà il nome a una bevanda molto alcolica: l’ ; tanti personaggi famosi, come Verlaine e Edgar Allan Poe, sono stati vittime del suo “ ”. Artemísia absinthe delirium tremens Assenzio Gentile (o ) Artemisia pontica Differisce nettamente dall’Artemisia abstinthium, nota come assenzio maggiore, per la taglia più contenuta delle piante e per le foglie molto minute; per questo è conosciuta anche come assenzio minore. Achillea ( ) Achillea millefolium Nome epico che richiama la figura mitica di Achille: la leggenda greca, infatti, vuole che Achille durante l’assedio di Troia, utilizzasse le foglie di questa pianta, su consiglio del centauro Chirone, per fermare l’emorragia alla spalla di un soldato ferito. Aloe ( ) sin. Aloe barbadensis Miller; pronuncia: àloe o aloè È una pianta grassa originaria dell’Africa centrale, ma l’habitat in cui cresce è molto vario. Dalle foglie dell’aloe vera è possibile ottenere due tipi di estratti: il succo condensato e il gel. Gli antichi egizi, secondo una tradizione tramandata fino a oggi, erano soliti piantare dell’aloe all’ingresso di una nuova casa, così da potersi assicurare lunga vita e felicità. Angelica ( ) Angelica archangelica L. L’habitat ideale di questa pianta non è il nostro paese, in cui possiamo trovarla solo se fortunati. Preferisce l’Europa nord-orientale, cresce nelle valli di montagna fino a quote anche molto alte, si accomoda lungo i ruscelli o in ogni caso ricerca i luoghi umidi. Una pianta che non inganna con il nome: l’Angelica è la “medicina divina”. Anice Stellato ( ) Illicium verum Hook.f. È una pianta aromatica profumatissima che cresce nelle zone 36 tropicali, in Cina e Vietnam. Ritenuto sacro in Giappone, si pianta vicino ai templi Buddisti dove la corteccia viene bruciata come incenso. Arancio Originario dell’Indocina, si coltiva sin dai tempi remoti in Cina e oggi in tutte le regioni temperate calde del globo. Dalle foglie e dai frutti non ancora maturi si ricava l’olio essenziale di Petiarai e dai fiori l’essenza di neroli. La buccia è stomachica, vermifuga e febbrifuga. Camedrio ( ) Teucrium chamaedrys L. Conosciuto fin dall’antichità: si narra che sia stato Teucro, re dei troiani, a utilizzarlo per primo. Il medico medioevale Mattioli sosteneva che le foglie mangiate crude al mattino in insalata fossero antidoto contro la peste. Camomilla ( ) Matricaria chamomilla L. Ne esistono due tipi: la camomilla comune o matricaria, che cresce in cespuglio e può raggiungere il metro d’altezza, e la romana, una perenne più bassa che cresce al suolo libera. Una pianta di facile coltivazione conosciuta sin dall’antichità per il suo effetto calmante e lenitivo. Era apprezzata per le sue qualità medicamentose ben prima che gli Egiziani la considerassero una pianta sacra. Gli antichi egizi se ne servivano per curare le febbri intermittenti e i suoi fiori schiacciati venivano strofinati sulla pelle. Cannella ( ) Cinnamomum verum J.Presl, sin. C.zeylanicum Blume Dall’albero originario dello Sri Lanka, si ricava spezia diffusa in Europa quanto in Asia. La cannella vanta una storia millenaria: era già citata nella Bibbia, nel libro dell’Esodo, usata dagli antichi Egizi per le imbalsamazioni e citata anche nel mondo greco e latino. Cardamomo ( ) Elettaria Cardamomum È una spezia esotica molto antica tanto da essere celebrata nei racconti di “Le Mille e una notte” per le sue proprietà afrodisiache e l’aroma inebriante. È imparentata con lo zenzero e rappresenta una delle spezie più costose, ampiamente usata nella cucina indiana. I Beduini lo utilizzano per aromatizzare il caffè, mentre i Danesi lo usano per decorare il pane e lo masticano per addolcire l’alito. I semi di cardamomo sono anche simbolo di ospitalità. Cardo Santo ( ) Cnicus benedictus È molto a suo agio in tutta la macchia mediterranea. Si presenta come una rosa dalle foglie spinose da cui nascono fiori e frutti che contengono la cnicidina con proprietà tanniche stomachiche. Centaurea Minore ( ) Centaurium erythraea In tedesco viene denominata volgarmente Tausendgüldenkraut che significa “erba dalle mille virtù”; In italiano, invece, oltre a centaurea minore prende anche il nome di “Biondella”, perché poteva essere utilizzata per schiarire i capelli. China ( ) Cinchona succirubra La corteccia contiene i principi attivi, è un amaro tonico e digestivo. Il nome del genere deriva da Ana de Osorio, contessa di Cinchon e moglie del viceré del Perù, che secondo la leggenda scoprì su se stessa le virtù della corteccia di china, guarendo da febbri malariche e decidendo l’importazione in Europa (1639). Chiodi di Garofano ( ) Syzygium aromaticum Conosciuto anche come Eugenia caryophyllata, questa spezia profumatissima dalle numerose proprietà e di origine asiatica si ricava dai boccioli essiccati della pianta di Eugenia caryophyllata. Fin dall’antichità i chiodi di garofano venivano utilizzati proprio per le proprietà analgesiche, nella cura del male ai denti e per lenire le infiammazioni cutanee. Coriandolo ( ) Coriandrum sativum Il coriandolo o prezzemolo cinese o cilantro (in spagnolo) è una pianta, tipica dell’Europa Meridionale. Ha diverse proprietà e il merito è degli oli essenziali contenuti nei suoi semi che assorbono gas, tossine acide (metalli pesanti e mercurio) e riducono le fermentazioni a carico dell’intestino. Dittamo ( ) Dictamnus albus L. Viene anche chiamato frassinella per la forma delle sue foglie che ricorda da vicino quella del frassino. In omeopatia le foglie e i fiori curano i disturbi ginecologici. Anche nel romanzo di Harry Potter e il Principe Mezzosangue, è il nome della sostanza utilizzata per rimarginare le cicatrici, se applicata con sufficiente rapidità dopo una ferita. dittany Elicriso ( ) Helichrysum italicum Pianta caratteristica della bassa macchia mediterranea, diffusa in luoghi incolti e pietrosi, assolati e aridi. In Italia si trova soprattutto al centro-sud e nelle isole, dalle coste fino oltre i mille metri di altitudine, soprattutto nei luoghi con una buona esposizione solare. Il nome, infatti, deriva dal greco che significa “sole” e “oro”, e si riferisce appunto alla forma e al giallo dorato molto luminoso dei suoi fiori e al fatto che la pianta vegeti in luoghi molto assolati e caldi. helios chrysos Enula Campana ( ) Inula helenium Originariamente le sue radici venivano utilizzate per agevolare le funzioni digestive, ma anche per le sue proprietà vermifughe. La pianta è anche un tonico e un diuretico, ma la radice è anche utile a realizzare conserve, estratti e acqua distillata. Fava Tonka ( ) Haba tunca, Tonco, Tongo, Tonga, Tonka, Tongha, Tonko Bean Nel Venezuela, dove l’albero è coltivato, è detto Sarrapia e Sarrapieros; in Perù e Bolivia, invece, è detta Tagua. Più frequentemente viene impiegata per le sue proprietà aromatiche, in sostituzione della vanillina, come correttivo dell’odore di diverse sostanze medicamentose. Negli Stati Uniti la fava tonka è vietata perché contiene cumarina, una sostanza che, usata in grandi quantità, diventa tossica e ha effetti sedativi e calmanti. Ma bisogna mangiare ben 30 fave prima che il prodotto diventi effettivamente pericoloso. Finocchio ( ) Foeniculum vulgare Originario dell’area mediterranea e soprattutto nelle zone marine. Nel Medioevo si riteneva avesse proprietà magiche contro gli avvelenamenti da funghi, i morsi di serpente e la cura degli occhi. Galanga ( ) Alpinia galanga È una radice dal sapore pungente che assomiglia allo zenzero; venne introdotta in Europa nel Medioevo. È usata soprattutto in gastronomia come spezia per insaporire le pietanze, in particolare nella cucina tailandese e indonesiana; il suo rizoma ha un odore pungente e un gusto dolce. Genziana ( ) Gentiana asclepiadea Se ne utilizzano solo le radici in quanto è una specie protetta. La fioritura avviene da agosto a settembre; le radici, sono grosse 5-10 mm e hanno una corteccia spessa. L’etimologia del termine generico viene dal greco gentiané, voce che gli antichi etimologisti riportano a Génzio, re dell’Illiria, che avrebbe scoperto e forse per primo adoperato queste piante come medicamento. Imperatoria ( ) Peucedanum ostruthium Erba spontanea delle montagne dell’Europa meridionale, presente in tutte le regioni dell’Italia; commestibile, ricca di proprietà e benefici. In Savoia, veniva masticata per contrastare l’emicrania. Issopo ( ) Hyssopus officinalis L. La pianta sprigiona un aroma intenso e amaro che ricorda la menta. Le foglie un tempo venivano adoperate per purificare i templi e depurare i lebbrosari in quanto contengono un olio antisettico e antivirale. Una muffa da cui si ottiene la Penicillina cresce sulle foglie di questa pianta. Viene anche coltivato nei vigneti per aumentarne la produzione. Limone ( ) Citrus limon L. Osbeck Il nome comune limone si può riferire tanto alla pianta quanto al suo frutto. Secondo alcuni studi genetici, è un antico ibrido, probabilmente tra il pomelo e il cedro, ma da secoli è una specie autonoma. I popoli antichi erano affascinati da questi frutti e li sfruttavano in ogni occasione; gli egizi, ad esempio, lo usavano per imbalsamare le mummie e spesso lo inserivano nelle tombe con datteri e fichi, mentre i greci lo usavano a scopo ornamentale. Luppolo ( ) Humulus lupulus Il suo impiego in fitoterapia riguarda, in particolare, il trattamento dei disturbi del sonno e dell’ansia. L’estratto contenuto aumenta la produzione di latte ed è afrodisiaco per l’uomo. Nel Medioevo era riluttante a usare il luppolo perché si diceva che causasse malinconia. Macis, Noce Moscata ( ) Myristica fragrans È un albero tropicale i cui frutti simili alle albicocche, una volta maturi, si spaccano in due svelando il loro interno. Esportata dagli arabi e originaria delle isole Molucche e dell’Indonesia, questa spezia fu motivo di conflitti in Occidente ove le principali potenze cercarono di aggiudicarsene il monopolio. Maggiorana ( ) Origanum Majorana È una pianta aromatica originaria dell’Africa nord orientale e dell’Asia orientale, territori in cui cresce spontaneamente. È simbolo di felicità, serenità e fortuna. Il suo nome botanico deriva dall’antico nome Oros, montagna, Ganos bellezza: nei tempi antichi, nei paesi dell’Europa centrale, era tradizione intrecciare della maggiorana nelle corone che portavano gli sposi il giorno delle nozze. Melissa ( ) Melissa officinalis Si caratterizza per il suo profumo simile a quello del limone. È la pianta prediletta dalle api: il suo nome deriva dal latino (miele) e di questo prezioso alimento energetico e nel contempo calmante racchiude tutte le caratteristiche di forza e dolcezza: non a caso i monaci carmelitani ne ricavavano una famosa “acqua antisterica”. melis Melograno ( ) Punica granatum Per le loro proprietà medicinali si usano la corteccia delle radici e la scorza dei frutti raccolta in autunno, ricche di tannino: devono però essere tagliate a pezzetti e fatte essiccare all’aria; dalle radici in particolare si ricava anche un colorante impiegato nella cosmesi. L’infuso dei petali viene utilizzato come rinfrescante delle gengive. I semi eduli, ricchi di vitamina C, hanno proprietà blandamente diuretiche, si usano anche per la preparazione di sciroppi e della Granatina. Mirto ( ) Myrtus communis Il mirto è una pianta aromatica abbastanza diffusa e utilizzata in Italia, è uno dei comuni arbusti della macchia mediterranea. In gran parte della nostra penisola è possibile trovarlo anche allo stato selvatico. Nell’antichità questo arbusto era sacro a Venere: la dea, appena nata dalla spuma del mare, aveva, infatti, trovato rifugio in un boschetto di mirti. Quassia ( ) Quassia amara Presente nelle regioni tropicali di tutti i continenti, è apprezzata da secoli per le sue virtù medicinali. Si attribuisce la scoperta delle proprietà della pianta allo schiavo nero Quassi, servitore della suocera di Carlo Gustavo Dahlberg, tenente colonnello delle truppe olandesi nel Surinam. Di ritorno in patria, Dahlberg portò con sé le foglie, i fiori, il frutto, conservati nello spirito di vino e li diede allo scienziato Carlo Linneo, raccontandogli l’efficacia del rimedio nelle febbri del Surinam. Linneo credette sulla sua parola e definì la Quassia: “Pharmacum quod me quidam judice chinam-chinam longe superata”. Salvia ( ) Salvia L. La salvia è da sempre avvolta da un alone di magia e mistero. La salvia andrebbe colta – a scopo terapeutico – all’alba della giornata più enigmatica e misteriosa dell’anno: San Giovanni, il 24 giugno. Il termine, infatti, deriva da : sano. Utilizzata per magici rituali dalla notte dei tempi, secondo le medicine orientali è in grado di aumentare la longevità. Non a caso, quando le erbe erano merce di scambio, essa veniva barattata con tre volte tanto la quantità di tè. salvus Sambuco ( ) Sambucus Nel nostro Paese cresce spontaneamente ed è molto diffuso; un tempo mai nessuno avrebbe tagliato una pianta di sambuco ritenendo che questo gesto portasse male, mentre in ogni giardino ne veniva coltivata una, perché sembrava garantisse una sicura protezione contro le streghe. Era immune ai fulmini e si dice che con il suo legno sia stata preparata la Croce di Gesù. Tanaceto ( ) Tanacetum vulgare L’origine etimologica del nome Tanaceto si rifà al personaggio mitologico Tanatos, personificazione della morte e figlio della notte, il tanaceto non destò mai preoccupazioni di questo genere per quel che riguarda il suo uso in medicina. Di sicura efficacia è il suo effetto digestivo. Timo ( ) Thymus vulgaris Il nome di timo deriva dal greco: e stava a simboleggiare il coraggio e la forza. Il timo veniva utilizzato dai romani e dai greci durante i sacrifici ai loro dei, inoltre i rami venivano bruciati per dare forza e coraggio ai soldati che si apprestavano ad andare in battaglia. thymus Vaniglia ( ) Vanilla planifolia Jacks. ex Andrews È un’orchidea originaria del Ceylon, Madagascar, Messico. Alla corte del Re Sole la vaniglia era utilizzata sia come aroma esotico nelle cucine che come ambito profumo da toilette. La pianta poteva essere coltivata solo in Messico, perché l’impollinazione avveniva attraverso un insetto presente solo in quel territorio; le cose cambiarono nel XIX secolo, quando fu inventata una tecnica di impollinazione manuale per la pianta della vaniglia, lenta e laboriosa, tuttavia, che rendeva poco conveniente la coltivazione della pianta. Nel 1841 uno schiavo di nome Edmond, che in seguito acquisì anche il patronimico “Albius” in onore al colore del fiore, scoprì come impollinare rapidamente l’orchidea della vaniglia con un piccolo bastoncino appuntito e un semplice gesto del pollice; il suo metodo di impollinazione manuale è utilizzato ancor oggi per produrre le 12.000 tonnellate di vaniglia di tutto il mondo. Zafferano ( ) Crocus sativus È raro e prezioso, fiorisce per un periodo di due settimane durante l’autunno e ogni fiore ha solo tre stimmi che devono essere colti manualmente all’alba prima che il sole li scotti. In India è utilizzato durante le cerimonie religiose e come colorante per usi sacri. Zenzero ( ) Zingiber officinale Roscoe, 1807 È una pianta erbacea delle Zingiberaceae (la stessa famiglia del cardamomo) originaria dell’Estremo Oriente: un tesoro davvero prezioso, ricco di proprietà e di benefici per la salute. È una spezia dalle mille virtù. Come si produce il Vermouth? La produzione del Vermouth richiede tempo e conoscenza. I due ingredienti principali sono il vino e l’artemisia a cui poi si aggiungono gli estratti di altre spezie, piante aromatiche, agrumi, e infine alcool, zucchero e caramello naturale o zucchero bruciato (utilizzati come coloranti). Il primo importante passo da compiere sta nel trovare una giusta ricetta, facendo prove su prove per raggiungere il perfetto equilibrio tra aromi e sapori; oppure più “semplicemente” cercando di replicare antiche ricette presenti su alcuni libri storici, come compilato sui più recenti sistemi di Luigi Sala. Un tempo la ricetta dei Vermouth delle varie case produttrici era infatti segreta, nessuno, se non il proprietario, era a conoscenza delle dosi che contribuivano a creare l’ideale combinazione di tutti gli elementi che avrebbero dato vita al Vermouth. Una volta definita la ricetta, si procede con l’infusione a freddo in alcool delle spezie che poi verrà unita al vino e allo zucchero, un processo più veloce e con più potenza estrattiva. Questo è oggi il metodo più adoperato a differenza di quello che prevede l’infusione delle spezie nel vino e la successiva fortificazione del prodotto con alcool. Utilizzando il metodo a freddo è utile sapere che ogni ingrediente, ogni spezia e ogni erba ha un tempo di infusione differente che può variare dai 20 ai 60 giorni; più le piante sono ricche di oli e più dovrà essere alto il grado alcolico attraverso il quale ottenere l’estratto, al contrario se la pianta sarà ricca di principi amari si procederà con l’infusione in alcool a una più bassa gradazione. Per alcuni legni, come il quassio, si procede con una decozione in acqua e alcool piuttosto lunga con frequenti rimestamenti per avere una perfetta estrazione. Per alcune erbe o droghe, ricche di olii essenziali (limone, anice, scorze di agrumi), si può effettuare anche la distillazione di una parte dell’infusione, proprio per rendere più stabile il composto finale e per non andare incontro a opacità nel prodotto; l’olio essenziale, infatti, non potendosi sciogliere in presenza di gradazioni alcoliche basse, potrebbe rendere il vino opalescente, ma, adottando questa tecnica, il pericolo viene scongiurato e i profumi risultano più intensi. Per ottenere un perfetto risultato, comunque, si procede quasi sempre con lavorazioni separate, utilizzando infusioni a freddo a diverse gradazioni alcoliche e creando così di erenti tinture; queste ultime si aggiungono al vino dolcificato con zucchero. Successivamente, in base al Vermouth che si ha intenzione di ottenere, si modifica il colore con il caramello o zucchero bruciato, che non conferisce nessun gusto al prodotto. Dopodiché lo si pastorizza e, infine, si procede con la filtrazione. Il liquorista pratico Il Vermouth può invecchiare? L’invecchiamento è una pratica poco utilizzata in Italia, anche se alcuni produttori ne hanno fatto il loro cavallo di battaglia. Quindi sì, il Vermouth può essere lasciato affinare in botti grandi o piccole e il periodo di affinamento varia a discrezione del produttore; può durare da sei mesi o un anno, ma l’invecchiamento non verrà mai portato all’esasperazione, proprio per non perdere tutti quegli aromi primari che contraddistinguono questo vino aromatizzato. Taluni utilizzano anche vecchie botti di Rum e Whiskey che conferiscono al Vermouth i profumi tipici di questi magnifici distillati. Il Momento della Degustazione Il Vermouth è uno splendido aperitivo, ma anche un ottimo after dinner. Quello dell’aperitivo con il Vermouth è, però, un rito che dobbiamo rispolverare, un’usanza che fa parte della tradizione italiana, a volte dimenticata. Era tra le sei e le sette di sera che i portici della vecchia Torino si animavano per l’ora del Vermouth, il rituale che sanciva la fine della giornata lavorativa e che riuniva al banco del bar tutte le classi sociali. Così scriveva Edmondo De Amicis dell’ora del Vermouth nel suo nel libro Torino 1880: E come Parigi ha l’ora dell’assenzio, Torino ha l’ora del Vermouth, l’ora in cui la sua faccia si colora e il suo sangue circola più rapido e più caldo. Allora le scuole riversano per strada nuvoli di ragazzi, dagli opifici escono turbe di operai, i tranvai passano stipati di gente, gli equipaggi si inseguono, le botteghe dei liquoristi s’affollano. Raramente purtroppo lo si beve come lo si beveva un tempo, liscio con un cubetto di ghiaccio e una scorza di limone poiché oggi è più utilizzato in miscelazione. Ma un altro modo attraverso il quale avvicinarsi a questo magico vino è quello di degustarlo replicando la tradizione del ‘vermuttino piemontese’, in voga nella Torino della Belle Époque, ovvero servendolo in un bicchiere liberty piccolo con uno splash di seltz o soda e una scorza di limone. Il vermuttino è un approccio al Vermouth in chiave fresca e dissetante, un Vermouth che viene così semplicemente allungato e diluito. Il Vermouth va servito freddo, a 6-8°, liscio oppure addizionato con acqua o con ghiaccio, e una scorza di limone. E il bicchiere? Per ottenere una degustazione perfetta non è necessario guardare molto lontano: basterebbe rispolverare i servizi d’un tempo, in cui una posizione speciale era riservata ai piccoli bicchierini finemente ornati con eleganti disegni e fili dorati. Se non ce ne fossero a disposizione, l’alternativa è offerta da un tumbler basso in vetro cesellato. La nuova frontiera è anche quella di portare questo vino aromatizzato sulle tavole, nei piatti o come abbinamento a particolari pietanze. Il Vermouth fa parte anche della nostra tradizione culinaria per la preparazione di diversi piatti; in particolar modo veniva utilizzato per insaporire, marinare e sfumare pietanze a base di carne, dando ad arrosti, un aroma più intenso di quello del semplice vino bianco. Oggi il suo impiego in cucina, dopo un periodo lungo di silenzio, è tornato a essere rivalutato e il Vermouth si afferma come ingrediente anche nella cucina di grandi chef. Come conservarlo? Ricordiamoci sempre che il Vermouth è un vino e una volta aperto va conservato in frigorifero per evitare ossidazioni e perdita degli aromi; la bottiglia va inoltre terminata in tempi abbastanza brevi, in un periodo che può variare dai trenta giorni ai due mesi a seconda della gradazione alcolica, cosicché il Vermouth non perda tutta la sua fragranza. Se conservato chiuso nella sua bottiglia, esattamente come accade per il vino, anche il Vermouth subirà interessanti evoluzioni.