3. L’ANNATA, LA VITE E LA QUALITÀ DELLE UVE Un’annata sull’ottovolante, con fine corsa rovente forse indimenticabile A cura di Michele Vigasio Ricorderemo il 2023 probabilmente come l’annata viticola più complessa da affrontare in campo in conseguenza di un andamento meteorologico altalenante fino alla fine e di difficile interpretazione e previsione. Come premesso, il decorso meteorologico è stata la prima causa della estrema variabilità dei risultati della stagione viticola in Piemonte. Veramente difficile trovare similitudini con altre annate se non, per alcuni passaggi, con il recente 2021. L’inverno 2022-2023 scalza il precedente dal secondo posto nel risultato dei valori di temperatura (il primato, di poco superiore, resta al 2019-2020) e sarà di nuovo associato a un regime pluviometrico molto scarso, con accumuli totali di piogge tra i 50 e i 100 mm, caduti prevalentemente a dicembre, a delineare il raggiungimento soltanto della metà e fino solo a un terzo in alcune aree della norma delle precipitazioni. Identicamente asciutto il mese di marzo e tutta la prima metà di aprile con sommatoria pluviometrica che dal primo gennaio e fino a quel momento è risultata intorno solo ai 50 ± 20 mm. L’incubo di un’altra stagione asciutta, che seguiva i record della precedente 2022, incombeva quindi in quei primi mesi con le ipotesi di un conseguente disastro assoluto in termini viticoli non solo quantitativo ma, più espressamente, di rischio per la stessa sopravvivenza delle viti. Di lì a poco, dal 20 di aprile sopraggiunge – fortunatamente – il primo cambio di marcia, con l’avvio e il proseguimento della primavera fino alla metà esatta di giugno, caratterizzati da una piovosità piuttosto insistente e sopra la media, accompagnata da temperature finalmente nella norma. Se questo inizio ha portato da un lato a evitare le ripercussioni drammatiche temute in vigneto per la siccità, dall’altro ha tuttavia profilato un avvio di stagione che non si ricordava da tempo così intenso e difficile sotto il profilo della difesa fitopatologica. Del resto la situazione italiana, con danni da peronospora anche del 50-70% alle produzioni nelle regioni centro-meridionali del versante adriatico, è nota. In Piemonte come anticipato, un po’ per la conoscenza pregressa e non sopita (anche se in annate come il 2022 ci eravamo quasi dimenticati cosa fosse la ), un po’ perché le piogge hanno comunque riservato intervalli che, seppur con grande impegno e organizzazione, sono stati utili ai trattamenti, le aziende sono riuscite a contenere nella stragrande maggioranza soprattutto i danni alla produzione. Ciò non toglie che a fine stagione, nelle aree più piovose e/o nei fondovalle, il patogeno sia arrivato letteralmente a ‘bruciare’ le femminelle, nonostante i trattamenti continuati sui vitigni tardivi fino a settembre inoltrato. L’oidio, sempre in ambito patologico, ha dato anch’esso il suo bel da fare, specialmente nelle aree viticole del Sud-Est della Regione, che si riveleranno poi quelle con una drammatica e minore piovosità nel bilancio finale. Tutto sommato, con queste premesse, il bilancio sanitario generale dell’annata resta comunque molto buono, con minime manifestazioni di botrite iniziali sui bianchi precoci e, sul finale, su alcuni rossi per i quali si è forse protratta troppo a lungo l’attesa della raccolta. Un passaggio chiave e che si potrebbe definire “salvifico” per l’annata è stato la coincidenza del netto arresto delle piogge nella seconda metà di giugno con l’avvio dell’estate, partita nettamente con temperature finalmente consone e in sincronia con il calendario stagionale. È stata infatti proprio il 21 giugno la data nella quale, per la prima volta, si sono superati i 30°C di massima. Questa prima bolla calda e asciutta sarà fondamentale, come detto, nella limitazione dei danni da peronospora che, diversamente, per l’inoculo già elevato in incubazione, si sarebbero potuti aggravare notevolmente con l’espressione in forma larvata del fungo nel proseguo della stagione. Inoltre questa fase ha permesso un’accelerazione e il rientro nella norma delle fasi fenologiche. Infatti, mentre la fioritura era avvenuta con un lieve ritardo (e soprattutto era durata molto nel suo compimento), la successiva chiusura del grappolo con ottima disponibilità idrica e calore si è potuta compiere addirittura con qualche giorno di anticipo. Proprio la fase di fioritura, com’è noto e come è stato confermato, si è rivelata un momento molto delicato in termini di allegagione, nel quale hanno pagato il dazio delle condizioni avverse in particolare i vitigni bianchi. Inoltre si è temuto, per le condizioni umide nelle quali è avvenuta la fioritura, per l’inoculo di botrite che avrebbe potuto dare i suoi ‘frutti’ in pre-raccolta. Nella seconda metà di giugno si è assistito a un’esplosione vegetativa della quale ci si era davvero dimenticati, dato il ricordo vivo dell’ delle viti l’anno scorso. Sarà questo prolungato sviluppo vegetativo in particolare che obbligherà, nei periodi successivi e soprattutto nei siti settentrionali, i viticoltori a un durissimo lavoro di contenimento “in verde”. P. viticola habitus