58 SFIDE E PROSPETTIVE PER I VINI PIEMONTESI NEL MERCATO INTERNAZIONALE 6 L ANNATA VITIVINICOLA IN PIEMONTE 2025 di Denis Pantini Responsabile di Nomisma Wine Monitor Dopo un 2024 trascorso all insegna dell incertezza, i produttori vinicoli italiani si sono trovati ad affrontare un 2025 irto di difficolt . A tenere banco stata indubbiamente la politica commerciale della nuova Amministrazione Statunitense, capitanata da un presidente (Donald Trump) che ha espressamente e pi volte minacciato gli Stati dell intero pianeta di voler riequilibrare la bilancia commerciale americana a colpi di dazi, a suo dire ingiustamente in deficit a causa dei paesi partner che si sono approfittati della generosit dei suoi concittadini. Al di l dell approccio folkloristico portato avanti nei negoziati commerciali, apparso subito del tutto evidente come vi fosse alla base una strategia ben precisa da parte di Trump per un contenimento dell espansione geopolitica ed economica cinese in primis, ma anche per raggiungere tutta una serie di obiettivi (non solo economici) che andavano ben oltre il mero riequilibrio commerciale: dal recupero di competitivit dei prodotti statunitensi attraverso la svalutazione del dollaro all incremento delle vendite di armi ed energia (agli alleati della Nato), fino allo sviluppo di investimenti diretti esteri sul territorio americano (filiali produttive di aziende strozzate dal laccio dei dazi aggiuntivi). Per quanto tale strategia non abbia sempre portato ai risultati sperati da Trump, molti Paesi si sono trovati costretti a scendere a patti con il presidente del primo mercato al mondo per valore dei consumi. E in questo continuo negoziato, fatto di tira e molla, minacce, ritorsioni e ritrattazioni, anche i produttori vinicoli italiani sono stati investiti da una sorta di tempesta commerciale i cui effetti non sono ancora del tutto chiari e decifrabili, soprattutto in chiave evolutiva. Quel che peggio che questa tempesta piombata su uno scenario di mercato dove, metaforicamente parlando, stava gi piovendo. Dopo l euforia post-Covid, i consumi di vino sono apparsi in rallentamento un po ovunque nel mondo, con paesi come l Italia dove inflazione e bassa crescita salariale hanno dato il colpo di grazia a consumi di beni voluttuari e spese per l intrattenimento. Senza contare gli impatti derivanti da fattori strutturali come la maggiore attenzione al salutismo, l inasprimento delle sanzioni collegate al Codice della Strada o i danni da cambiamenti climatici che hanno amplificato le criticit dello scenario. Una sorta di combinato disposto che sta mettendo a dura prova la tenuta di molte imprese vinicole, per quanto occorra ricordare che in tutti i settori i momenti di crisi sono sempre esistiti (e il vino non fa eccezione) ma tenendo presente che il mondo grande ed esistono mercati dove i nostri prodotti stanno conquistando, un po alla volta, un posto al sole. E lo stesso vale, ovviamente, per i vini piemontesi, come verr di seguito illustrato in questo articolo. IL MERCATO NAZIONALE Iniziando la disamina dello scenario dal mercato interno, i consumi di vino appaiono ancora zavorrati da comportamenti volti alla cautela e alla ricerca di convenienza da parte degli italiani che, come risaputo, continuano a figurare tra i lavoratori europei con i salari reali che negli ultimi anni sono praticamente rimasti fermi (quando non calati) e che non hanno permesso di recuperare quell inflazione a doppia cifra che ha impoverito la popolazione negli anni del post-Covid. Contestualmente a tale impoverimento generale, si registra anche un clima di fiducia che fatica a riprendersi, dimostrato dal fatto che a fronte di piccole crescite nei redditi disponibili, gli italiani tendono ad accantonare piuttosto che a spendere. Anche per questo, per prodotti voluttuari come il vino, nel primo semestre di quest anno, le quantit vendute nel canale retail continuano a segnare il passo (-2,4% rispetto allo stesso periodo dell anno precedente). A subire i cali pi rilevanti sono soprattutto i vini fermi e frizzanti, che evidenziano le flessioni pi marcate nei volumi (-3,7%) a fronte di variazioni nei valori poco sotto la parit (-0,1%). All interno della categoria, sono i vini DOP a soffrire maggiormente, registrando un calo a volumi di quasi il 4% (figura 6.1), mentre al contrario perdono meno gli IGP (-0,8%) che addirittura crescono a valore (+2%). Gli spumanti, invece, sembrano andare controtendenza, con crescite diffuse e superiori ai sei punti percentuali sia a valore che a volume, per quanto occorra sottolineare come questa categoria incida per appena il 15% sulle quantit di vino venduto nel retail in Italia. In questo caso, la crescita trasversale a tutte le tipologie (Metodo Martinotti secchi e dolci) per quanto sia il Metodo Classico a mettere a segno l aumento pi rilevante (+15% sia a valore che a volume). Sul fronte dei canali distributivi, i risultati migliori si registrano in ipermercati, supermercati e discount, questi ultimi pi resilienti soprattutto nelle vendite di spumanti; dall al-