CAPITOLO 5 LA DEGUSTAZIONE DELLA BIRRA Degustare la birra non è né semplice né complicato. Potrebbe sembrare che un approccio tecnico allontani la birra dal concetto di bevanda da condividere in allegria, per accompagnare un momento di relax o da sorseggiare col nostro cibo preferito. Non è così. Degustare è indagare, descrivere e raccontare. La degustazione investe aspetti tecnici che richiedono, da parte di chi la esegue, competenze che si acquisiscono seguendo un percorso formativo. Occorrono anche una certa dose di dedizione, allenamento e capacità di concentrazione, soprattutto quando si analizzano organoletticamente più birre in successione. È opportuno mettersi nelle condizioni migliori per degustare e seguire alcune semplici regole per svolgere nel modo corretto la degustazione: • Degustare in un ambiente luminoso, privo di odori, silenzioso, possibilmente con pareti e piani di appoggio bianchi o chiari. • Essere in perfetto stato di riposo e di salute. • Operare in un orario ottimale, preferibilmente al mattino o a metà pomeriggio, quando si è ancora riposati e sufficientemente lontano dai pasti. • Non fumare. • Non ingerire cibi o bevande in genere, soprattutto se con sapore pronunciato e persistente. È consigliabile non ingerire alcun cibo durante la degustazione. • Non usare fragranze, creme e prodotti cosmetici profumati. • Degustare la birra alla temperatura adeguata al suo stile, seguendo un ordine logico di assaggio. Birre dai sapori e dagli aromi particolarmente decisi devono essere degustate dopo quelle con caratteristiche organolettiche meno intense. La quantità di alcol presente in una birra non deve essere considerata un fattore discriminante nella decisione della sequenza di assaggio. • Degustare ogni birra nel bicchiere più adeguato. Ad esempio: una birra dai profumi delicati e con basso tenore alcolico necessita di un bicchiere che favorisca la formazione della schiuma e la sua persistenza, in quanto la schiuma aiuta a trattenere gli aromi il più a lungo possibile nella birra e funge da protezione contro l’azione ossidante dell’ossigeno. Invece, una birra con elevata gradazione alcolica e con profumi intensi e complessi ha bisogno di un calice dal bevante più ampio, che consente il contatto con l’aria a una maggiore superficie del liquido, permettendo alla birra di esprimere tutta la propria intensità. • Distanziare adeguatamente l’analisi dei campioni, soprattutto se numerosi. • Non avere fretta di esprimere un giudizio (positivo o negativo) e dedicare a ogni birra il tempo necessario. Il giudizio del degustatore non deve essere condizionato dai gusti personali. L’espressione “questa birra mi piace” non è un punto di arrivo accettabile per un degustatore; lo può essere l’affermazione “questa birra è fatta bene perché rispecchia lo stile dichiarato”. Ci sono aspetti del variegato mondo della degustazione che diventano chiari solo dopo numerosi assaggi, dopo molto tempo e anche – perché no – dopo tanti errori. Il degustatore deve costruirsi un’esperienza. È essenziale non gettare la spugna alle prime difficoltà; tutti siamo in grado di portare a termine una corretta degustazione, una volta acquisite la tecnica e un po’ di esperienza. LA SCHEDA DI DEGUSTAZIONE La scheda proposta dall’Associazione Italiana Sommelier permette di raccontare, attraverso l’impiego di una terminologia appropriata, ciò che i nostri sensi distinguono durante la degustazione. I termini descrittivi sono riuniti in differenti scale valutative che si saldano all’elemento d’indagine preso in esame. Per esempio, nella fase visiva i termini descrivono il colore e l’aspetto della schiuma, nonché la finezza delle bollicine che la compongono; si prosegue con la persistenza, chiudendo con l’aderenza allo stile brassicolo. Infine, si descrivono la limpidezza e il colore. In altri passaggi d’indagine si esaminano i diversi livelli di di una sensazione, come nell’intensità olfattiva e gusto-olfattiva. Diverso è l’aspetto della qualità olfattiva e di quella gusto-olfattiva che rappresentano un , al pari del giudizio finale: di coerenza e complessivo. Questi passaggi hanno bisogno di considerazioni differenti e coinvolgono indiscutibilmente l’esperienza del degustatore. Per determinare il valore degli esami olfattivo e gusto-olfattivo e la gradevolezza complessiva della birra è necessario fare riferimento a parametri che sono espressi dallo stile brassicolo a cui appartiene e dalla conformità a quello stile. quantificazione giudizio L’identificazione dello stile della birra è più immediata per il degustatore che abbia acquisito un discreto bagaglio conoscitivo, derivante dai numerosi assaggi realizzati. All’inizio del percorso formativo si incontra qualche naturale difficoltà: sarà quindi necessario lasciarsi guidare da chi, in virtù di una maggiore esperienza, è in grado di fornire valutazioni più precise. La scheda contiene un lessico adatto per parlare di qualsiasi tipologia di birra. L’impiego condiviso dei termini ci permetterà di raccontare la birra, esprimendo le sensazioni raccolte nell’indagine organolettica, e di comprendere le valutazioni degli altri degustatori. La presenza di birre con stili differenti può complicare la valutazione e il confronto tra birre appartenenti a mondi e culture a volte lontani tra loro. Alcuni parametri, infatti, devono essere valutati in relazione allo stile a cui la birra dichiara di appartenere: elementi che in alcune birre potrebbero essere considerati dei difetti, in altre sono espressamente richiesti dallo stile di appartenenza (si pensi alla velatura nelle Hefeweizen). Gli elementi descrittivi evidenziati in giallo sono quelli ritenuti più importanti ai fini del giudizio complessivo della birra anche in rapporto allo stile dichiarato. Si tratta di aspetti organolettici e di gradevolezza imprescindibili in una birra che aspiri a essere di alto livello. La degustazione della birra prevede un esame visivo, un esame olfattivo e un esame gusto-olfattivo, più una fase conclusiva che riguarda il giudizio complessivo. In ogni passaggio dell’indagine organolettica si dovrà assegnare alla birra uno solo dei termini descrittivi previsti nella scheda. L’ESAME VISIVO L’analisi inizia dall’osservazione della birra, a partire dal momento in cui è versata nel bicchiere. Possiamo considerare questa fase come un vero e proprio preludio al mondo brassicolo. L’esame visivo fornisce già alcuni indizi sul probabile livello qualitativo di una birra, ma sarebbe sbagliato trarre conclusioni affrettate, eccetto nel caso in cui si riscontrino difetti evidenti che suggeriscano al degustatore di interrompere la degustazione. L’apparato visivo può essere paragonato a una telecamera in grado di effettuare un percorso recettivo rapidissimo. È composto da: occhi, nervi ottici, chiasma ottico, mesencefalo e corteccia cerebrale occipitale, elementi che identificano i particolari specifici di un oggetto, il suo movimento, la forma, la distanza e i colori. Come accade in una fotocamera, i raggi luminosi sono modulati dal diaframma pupillare; attraversando il diottro oculare – un sistema dinamico di due lenti trasparenti (cornea e cristallino) – raggiungono la retina, dove vengono messi a fuoco. La retina è una membrana pluristratificata neuro-sensibile, situata a livello del fondo oculare, che trasforma i potenziali elettrici attivati dalla luce in stimoli nervosi grazie ai coni e ai bastoncelli. Questi sono due tipi di cellule fotorecettoriali, altamente specializzate e dotate di particolari pigmenti fotochimici in grado di codificare (più propriamente, trasdurre) i messaggi luminosi in messaggi visivi. I coni, circa 6-7 milioni per occhio, sono presenti soprattutto al centro della retina e in particolare a livello maculare, mentre i 120 milioni di bastoncelli sono posizionati in gran parte nella retina equatoriale e periferica. Ai coni è affidato il riconoscimento dei colori: a loro si deve la capacità di individuare un numero infinito di tonalità e sfumature. Sono inoltre deputati alla visione diurna, alla visione angolare e alla visione distinta dei dettagli più fini. Nell’uomo i coni sono di tre tipi, differenti per numero, sede e gamma di sensibilità cromatica: i coni S, con massima sensibilità per il colore blu violetto, i coni M con massima sensibilità per il verde e i coni L – collocati nella fovea, cioè nella retina centrale più sensibile ed evoluta – per il rosso. Ciò spiega perché siamo particolarmente abili nel differenziare le sfumature di questo colore. I bastoncelli sono quattrocento volte più sensibili alla luce rispetto ai coni; non sono recettivi ai colori, ma risultano più sensibili alle basse luminanze, al movimento e si attivano soprattutto nella visione crepuscolare, al buio e in quella periferica. Quindi, tonalità e sfumature cromatiche di una sostanza o di un liquido, come il vino o la birra, sono il risultato di impulsi riservati ai coni, mentre è grazie alla collaborazione sinergica tra coni e bastoncelli che, nella degustazione, siamo in grado di identificare e confrontare gli altri parametri visivi, come limpidezza, luminosità, trasparenza, intensità cromatica, consistenza ed effervescenza. L’esame visivo si articola in tre passaggi: osservazione della schiuma; esame della limpidezza, definizione del colore. Nella birra il perlage non va valutato: se è stata versata in modo corretto, non avrà alcuna bollicina in sospensione nel liquido. Il colore della schiuma, considerato singolarmente, non è un fattore decisivo nella valutazione qualitativa di una birra; lo è però la coerenza cromatica con il colore stesso della birra. Si pensi, ad esempio, a una birra chiara con una schiuma di colore scuro (caso molto raro): è probabile che ci sia stato qualche problema di produzione e/o conservazione. La schiuma può presentarsi nei colori , , , e . Ci sono colori ricorrenti e altri meno frequenti. Una schiuma di colore rosa, per esempio, è rara, ma la scheda non può trascurarne l’esistenza: si pensi alle Kriek, in cui l’aggiunta di ciliegie o del loro succo conferisce particolari cromie rosate. SCHIUMA Una premessa obbligatoria: la schiuma, la sua quantità e soprattutto la grana possono dipendere anche dal modo in cui è stato lavato il bicchiere. In questa sede supponiamo che la birra sia stata versata in un bicchiere perfettamente pulito, senza la disturbante presenza di grassi o detergenti di varia natura. L’osservazione della schiuma inizia nel momento in cui la birra è versata nel bicchiere, in modo da valutarne le diverse componenti. L’indagine investe il colore, l’aspetto e la persistenza della schiuma e l’aderenza allo stile brassicolo. Colore della schiuma bianco avorio rosato beige marrone Aspetto della schiuma Esaminare l’aspetto della schiuma significa valutare la grana delle bollicine che la compongono, non di quelle eventualmente presenti nel liquido. Si osservano dal lato del bevante, nella parte a contatto con il liquido, dividendo idealmente la schiuma in due sezioni sovrapposte. Attenzione: la schiuma non deve mai essere valutata osservandola dall’alto. La finezza delle bollicine, nella maggior parte dei casi, è un indicatore di qualità organolettiche positive della birra. In base alla grana delle bollicine, la schiuma può essere definita: grossolana, mediamente fine, fine. : le bollicine sono molto grandi e irregolari, ricordano quelle di alcune acque gasate e non danno né compattezza né cremosità alla schiuma. Grossolana : le bollicine sono più piccole; si inizia a osservare una certa compattezza e cremosità nella schiuma. Mediamente fine : le bollicine sono molto piccole, compatte e conferiscono una fitta cremosità. Fine Persistenza della schiuma La persistenza della schiuma è il tempo di permanenza all’interno del bevante della schiuma stessa. Un tempo prolungato di permanenza della schiuma, possibilmente nella stessa quantità presente al momento della mescita, è un fattore molto positivo per tutte le birre. La schiuma può presentarsi: evanescente, mediamente persistente, persistente. : scompare immediatamente dopo avere versato la birra. Evanescente : resiste nel bevante per 10-15 secondi. Mediamente persistente : dopo la mescita rimane nel bicchiere per un periodo molto prolungato, mantenendo lo stesso spessore del momento della mescita o uno spessore leggermente inferiore. Persistente La persistenza della schiuma è direttamente collegata alla capacità della schiuma stessa di attaccarsi alle pareti del bicchiere. Con l’aumentare della persistenza, si osserva di frequente, una volta che il bicchiere è vuoto, una parte della schiuma rimasta aggrappata al bicchiere, a formare i cosiddetti “merletti di Bruxelles”; si creano soprattutto in corrispondenza dei livelli in cui la birra sosta dopo ogni sorso e disegnano una affascinante serie di cerchi di schiuma lungo tutta l’altezza del bicchiere. I merletti non sono un parametro codificato nella scheda di degustazione, ma possono risultare un buon indizio circa la qualità della schiuma stessa. Aderenza allo stile Ogni stile di birra si caratterizza per una specifica quantità di schiuma. Ciò accade per ragioni storiche, socio- culturali e organolettiche. Si pensi alle birre con poco alcol destinate a una rapida ossidazione dopo la mescita: un cappello di schiuma abbondante e persistente ne preserva le caratteristiche gusto-olfattive. Per esempio, le birre Weiss per motivi storici e produttivi sono servite con molta schiuma e, dunque, l’aderenza allo stile va valutata rispetto a questi parametri. Al contrario, i Lambic non produrranno mai abbondante schiuma per cause legate alla metodologia di produzione. Un degustatore esperto deve avere la padronanza di tutti questi elementi per capire quanto la schiuma nel suo complesso sia aderente allo stile della birra degustata. La schiuma può essere definita: non aderente, mediamente aderente, aderente. : la schiuma non rispetta le caratteristiche che ci si attende dalla tipologia di birra in degustazione. Esempio: una Weiss con poca schiuma. Non aderente : la schiuma rispetta parzialmente quello che ci si attende dalla tipologia di birra in degustazione. Esempio: una Mild Ale con schiuma abbondante. Mediamente aderente : la schiuma rispetta ciò che ci si attende dallo stile della birra. Ad esempio, una IPA con schiuma abbondante, fine e compatta. Aderente LIMPIDEZZA Dopo avere analizzato a fondo la schiuma della birra, è il momento di passare alla valutazione della parte liquida. La presenza o meno di particelle in sospensione nel liquido determina maggiore o minore o limpidezza. Questo parametro deve essere valutato a prescindere dal colore del liquido e dalla sua intensità cromatica. Per valutare la limpidezza si frappone il bicchiere tra gli occhi e una fonte di luce. Questo consente di valutare la presenza o l’assenza di sostanze in sospensione anche in birre con colori molto scuri. Potrà una birra molto scura avere una perfetta limpidezza? Molto di frequente le birre scure sono caratterizzate dalla totale assenza di corpi in sospensione, ad esempio, le Rauchbier. La scala che definisce la limpidezza di una birra comprende le definizioni: velata, limpida, cristallina. : le sostanze in sospensione sono così numerose da creare torbidezza. Velata : non ci sono sostanze in sospensione. Limpida : non ci sono particelle in sospensione nel liquido e si genera anche un effetto di lucentezza. Cristallina La presenza di corpi in sospensione non deve preoccupare o essere valutata come un elemento negativo. Esistono birre che “strutturalmente” devono essere velate: si pensi alle birre di frumento o a quelle non filtrate, oppure alle birre rifermentate in bottiglia. A proposito di quest’ultima tipologia, occorre precisare che la limpidezza può variare a seconda della modalità di servizio e del livello di contenuto della bottiglia servito in ogni bicchiere: la birra versata dalla parte finale della bottiglia risulterà sempre più torbida rispetto a quella versata per prima, in quanto le sostanze solide tendono a depositarsi sul fondo del contenitore e durante la mescita tendono a dissolversi nel liquido. COLORE Le birre si dividono in tre macrocategorie cromatiche: chiare, ambrate e scure. Il colore della birra dipende in maniera quasi esclusiva dal colore dei malti utilizzati e non ha alcun legame diretto con il corpo o l’alcolicità della stessa. È bene dunque liberarsi dal luogo comune che lega colore e alcol, colore e struttura, colore e bevibilità. Si deve tuttavia considerare che una birra di colore scuro può avere aromi e sensazioni gustative parzialmente influenzate dalla maggiore o minore tostatura dei malti utilizzati. Purtroppo, ancora di frequente il consumatore sceglie la birra in base al colore. “Mi dia una chiara” è un’espressione che non vorremmo più udire. La valutazione del colore prevede l’osservazione della birra dal lato del bicchiere, perché nella gran parte dei casi la superficie del liquido è coperta dalla schiuma. La birra, pur nelle centinaia di sfumature cromatiche che può assumere, è descritta nei seguenti colori. : ricorda il colore della paglia. Paglierino : riconduce all’oro giallo. Dorato : colore simile a quello delle pietre preziose, come l’ambra e il topazio. Ambrato : pur potendo presentare varie sfaccettature, il colore rosa spesso vira al rosato intenso. Rosato : tonalità che richiama il colore del rame. Ramato : spesso è paragonato alla tonaca di frate; è usuale soprattutto per alcune tipologie di birre, di cui è una caratteristica imprescindibile. Ad esempio, le Stout, le Porter e le Dunkel. Marrone : è il colore di particolari stili brassicoli, come le Schwarzbier. Nero A differenza di altre bevande, come il vino, la tonalità del colore non ci dà alcuna informazione sullo stato evolutivo della birra. Un parametro importante è, invece, la del colore. Confrontando due birre della stessa tonalità cromatica, il degustatore considera migliore quella che presenta maggiore vivacità. Un colore cupo e sbiadito potrebbe far pensare a una birra ormai stanca. vivacità È bene ricordare che la vivacità del colore non dipende dalla sua intensità; pertanto, un giallo dorato di media intensità può risultare più vivace di un giallo dorato di elevata intensità. L’ESAME OLFATTIVO L’esame visivo ci ha in parte aperto la porta alla degustazione. Siamo già in possesso di alcune informazioni sulla birra, ma non sono sufficienti per valutarne la qualità ed esprimere un giudizio. È il momento di avvicinare il calice al naso, per carpire i segreti della nostra birra. L’esame olfattivo è il passaggio più intrigante dell’analisi organolettica, di certo il più complicato, soprattutto per determinare la complessità e giudicare la qualità, valutazioni che si concretizzano con l’acquisizione di esperienza. L’olfatto è l’organo di senso meno allenato e siamo portati a sottovalutarlo, anche se potrebbe arrivare a riconoscere fino a diecimila diversi odori. Sono lontani i tempi in cui tramite l’olfazione l’uomo doveva “fiutare” un pericolo o valutare la potenziale nocività di un cibo. L’olfatto è un senso chimico, come il gusto, e si basa sull’interazione con le molecole odorose, ossia le componenti chimiche volatili di una sostanza o di un liquido. Attraverso le narici, l’aria immessa respirando è filtrata, riscaldata e umidificata, e veicola le sostanze odorose verso l’area più interna del naso. Nella parte alta della fossa nasale, meno esposta, si colloca la regione olfattiva, con le ghiandole mucipare, la mucosa e l’epitelio olfattivo, protetti da una pellicola muco-lipidica. Sono due piccole aree di circa 2,5 cm , incastonate sotto la lamina cribrosa, dietro gli occhi, equidistanti dalle orecchie, in grado di riconoscere le molecole odorose (osmofore) e di inviarne gli impulsi alle due metà del bulbo olfattivo. L’epitelio olfattivo è costituito da tre tipi di cellule: di sostegno (con il compito di supportare le altre cellule), basali e recettoriali. Le prime sono necessarie per la rigenerazione periodica delle cellule attive, una rigenerazione fondamentale e continua nel tempo (circa ogni due mesi), che purtroppo si riduce con l’età. 2 Ognuno dei 10 milioni di neuroni recettori presenta un’espansione cellulare, il bottone olfattivo, che possiede oltre 20 ciglia microscopiche: ciascuna funziona come un piccolo radar, in grado di aumentare la superficie di contatto su cui le proteine leganti, nel muco olfattivo, possono “agganciare” gli odoranti e attivare l’impulso sensoriale. Lo stimolo si trasforma da chimico in segnale nervoso bioelettrico, per arrivare poi al bulbo olfattivo attraverso le ramificazioni nervose (gli assoni e i glomeruli). Da qui l’informazione olfattiva, con un accesso privilegiato rispetto agli altri sensi, giunge alle aree corticali superiori, per essere riconosciuta e trasformata in percezione. Le ghiandole di Bowman hanno il compito di secernere il muco che avvolge le ciglia olfattive per proteggerle, così da mantenere costantemente umida e pulita la superficie e facilitare la solubilizzazione delle molecole odorose. Quando invece siamo raffreddati, la mucosa si gonfia e lo spessore e la viscosità del muco aumentano: ciò ostacola il contatto fra le molecole osmofore e i recettori olfattivi e la conseguente attivazione dello stimolo sensoriale. Spesso, pur percependo un odore, non siamo in grado di distinguerlo, di dargli un nome. In questa fase il degustatore si costruisce una memoria olfattiva che gli consentirà di catalogare e memorizzare un odore percepito, in modo da riconoscerlo più facilmente quando lo incontrerà di nuovo. Talvolta si crea un po’ di sconforto nei degustatori alle prime armi; spinti dall’entusiasmo, vorrebbero riconoscere tutti i profumi e le loro sfaccettature presenti in una birra. Si suggerisce di partire dall’identificazione e dalla descrizione dei profumi più familiari e, muovendosi all’interno di macrocategorie aromatiche (fruttato, floreale, ecc.), scendere nello specifico man mano che si acquisisce più familiarità con il processo di indagine. Ripetute e prolungate olfazioni portano ad assuefazione. In pratica, stare troppo tempo col naso nel bicchiere affatica il nostro olfatto e progressivamente svanisce la possibilità di percepire qualsiasi profumo. Il degustatore deve capire quando interrompersi e concedere qualche secondo di pausa al proprio naso. Come quello visivo, anche l’esame olfattivo fornisce utili indizi per valutare la qualità di una birra, ma restano indizi; il giudizio complessivo potrà essere espresso solo al termine dell’esame gusto-olfattivo. Soltanto in un caso il degustatore dovrà interrompere la degustazione dopo l’esame olfattivo e prima dell’assaggio: qualora la birra presenti difetti olfattivi non tollerabili. Il concetto di tollerabilità riferito ai difetti non dipende dalla tipologia del difetto, ma dalla sua intensità in relazione alla tipologia di birra in degustazione. Le quattro fasi dell’esame olfattivo possono influenzare, anche in modo decisivo, il giudizio finale della birra in degustazione. I passaggi dell’indagine sono: la determinazione dell’intensità olfattiva, la descrizione dei profumi, la rilevazione della complessità e la valutazione della qualità. INTENSITÀ È la , l’ , la del profumo che si rileva per via nasale diretta. Il degustatore porta il calice al naso, compiendo un’inspirazione profonda, e valuta se la birra esprime un profumo delicato o deciso. Non è necessario, anzi, è sconsigliato roteare il bicchiere. L’intensità olfattiva può essere: moderatamente intensa, intensa, molto intensa. forza impatto potenza : il profumo è delicato e contenuto. Moderatamente intensa : il profumo è percettibile, si iniziano a distinguere diverse sfumature odorose. Intensa : il profumo spicca, è pronunciato, si intercettano numerose sfumature odorose chiare e riconoscibili. Molto intensa DESCRITTORI Una volta indagata l’intensità olfattiva e quantificato l’impatto del profumo, si prosegue con l’identificazione dei descrittori e dei gruppi di appartenenza. I profumi della birra si distinguono in: , che dipendono esclusivamente dalle materie prime utilizzate; , generati durante le fermentazioni e dipendenti soprattutto dal ceppo di lievito utilizzato o, in rari casi, dall’azione di microrganismi attivati durante la fermentazione; , molto rari, che si formano durante l’invecchiamento delle birre; ad esempio, i profumi di cuoio delle Flemish Red Ale. profumi primari profumi secondari profumi terziari Per descrivere una birra non si utilizzano le categorie sopra elencate, bensì una serie di famiglie di aromi. Di seguito, le famiglie olfattive più frequenti. : identifica tutte le sensazioni riconducibili alla frutta. Le infinite sfaccettature di questa famiglia comprendono sia la molteplicità e varietà della frutta, come i frutti a polpa bianca e gialla, gli agrumi, i frutti esotici, sia le varie declinazioni in termini di maturazione: frutta acerba, matura, in confettura, essiccata, candita e sotto spirito. Fruttato : comprende tutti i riconoscimenti dei profumi dei fiori, oscillando da quelli freschi fino a quelli secchi. Floreale : sono sentori che derivano dalla tipologia di malto utilizzato. Richiama soprattutto le note del profumo dei cereali derivanti dal malto. Occorre fare attenzione alle similitudini che presenta con profumi di altre famiglie in elenco; si pensi al tostato derivante dalla tostatura dei malti. Maltato : le affumicature non sono frequenti nei malti, ma alcune tipologie di birre, come le rauch, sono fortemente caratterizzate da profumi riconducibili a questa famiglia. Affumicato L’affumicatura ricorda principalmente il legno, utilizzato per generare il fumo durante queste particolari produzioni. : categoria olfattiva riscontrabile nelle birre che hanno avuto contatti con il vino. La presenza di mosto di vino durante il processo lavorativo oppure la maturazione di una birra in botti che hanno contenuto vino possono conferire profumi vinosi, che ricordano il mosto in fermentazione o che sono riconducibili alla sfera olfattiva del vino. L’esempio più significativo sono le IGA. Vinoso : famiglia odorosa inscindibilmente legata ai malti utilizzati, i quali, soprattutto se scuri, possono determinare sentori di tostature più o meno decise. Esempi tipici sono i sentori di caffè o del pane tostato. Tostato : questi profumi dipendono per lo più dalla gestione dei lieviti e della fermentazione. Animale Sono spesso riscontrabili nelle birre a fermentazione spontanea, e possono ricordare il cuoio o il pellame. Ritenuti a volte dei difetti, sono ricercati in alcune tipologie di birre, come Lambic o birre acide. : famiglia olfattiva che ricorda l’acidità del latte, spesso riconoscibile nelle birre a fermentazione spontanea. Molto di rado, richiama i profumi tipici del latte nelle birre che prevedono l’utilizzo del latte o dei suoi derivati. Lattico : sono i sentori che richiamano le spezie. Possono derivare dalle spezie stesse utilizzate come ingredienti della birra, oppure sono i lieviti a produrre componenti che ricordano le spezie. Qualunque sia la loro origine, le spezie possono essere dolci o piccanti, pungenti o delicate, hanno sfumature odorose diverse, ma facilmente riconoscibili e caratterizzanti. Speziato : il richiamo è ai sentori, freschi o essiccati, del mondo vegetale. In questa famiglia rientrano sia i profumi di erba (fresca, falciata, bagnata, secca, fieno ecc.), sia quelli che ricordano le erbe aromatiche e/o officinali, nonché i sentori di resina di pino e balsamici. Vegetale : sono sfumature odorose che richiamano i medicinali, le vernici. In un primo momento portano a pensare a dei difetti, ma se si amalgamano con gli altri profumi, senza prevalere, completano il bouquet di una birra conferendogli grande particolarità. Etereo : famiglia aromatica legata alla fermentazione, ricorda sfumatamente l’aceto. Acetico Se si riscontrata in birre non ottenute da fermentazione spontanea (si pensi alle Gueuze), è un difetto. : il degustatore potrà, avendone certezza, adoperare anche descrittori olfattivi non riportati in questo elenco. Mettere a frutto la propria memoria olfattiva può dare risultati inimmaginabili. Altro Occorre descrivere il profumo della birra per gradi di percettibilità: si parte dalle famiglie olfattive più riconoscibili, per poi definire quelle più nascoste. Un esempio di descrizione olfattiva di una birra aiuta a fare chiarezza: si percepiscono note agrumate di pompelmo e mandarino, che si intrecciano armoniosamente con il maltato, il tutto accompagnato da sbuffi balsamici. Chiusura di fresie e gelsomino. Come comportarsi nella descrizione di una birra affetta da qualche “stranezza” olfattiva? Se è lieve, e soprattutto accettabile in base allo stile della birra che stiamo degustando, questi sentori olfattivi vanno collocati nella famiglia Altro. Alcuni sentori, infatti, non sono considerati difetti per la tipologia di birra di riferimento, e risultano accettabili o addirittura caratterizzanti quello stile, sempre che si attestino su minimi livelli di percettibilità. È il caso del diacetile, che ricorda il caramello o i popcorn al burro, accettabile nelle Real Ale, oppure del fenolico, riconducibile a chiodi di garofano e noce moscata, accettabile per le Weizenbier. In Barley Wine, Old Ale, Russian Imperial Stout è ammessa una certa ossidazione, come pure la warming sensation, che evoca lo pseudocalore dei vini liquorosi o dei distillati, considerate gravi difetti in altre situazioni. Qualora il difetto sia invalidante, si deve interrompere immediatamente la degustazione. La qualità olfattiva consiste in un giudizio di sintesi dell’esame olfattivo. Si tratta di una valutazione che dipende anche dall’esperienza del degustatore, chiamato a valutare, oltre all’intensità e alla complessità, tre parametri non riportati nella scheda: la tipicità del profumo della birra in relazione allo stile brassicolo; la purezza, intesa come la netta definizione dei suoi profumi; l’assenza di qualsiasi difetto. COMPLESSITÀ La complessità olfattiva è determinata dalla varietà delle sfumature odorose che formano il profumo della birra. È il momento di imprimere una roteazione al bicchiere, in modo che aumenti la superficie del liquido a contatto con l’aria e far sì che la birra sprigioni tutte le sue note odorose. Le roteazioni sono alternate a brevi inalazioni (prestando attenzione all’assuefazione), che possono essere più o meno decise per adeguarsi al modo con cui si manifestano i profumi: immediati o più nascosti. In base alla complessità la birra si può definire: moderatamente complessa, complessa, ampia. : le varietà delle sfumature odorose sono scarse, e spesso un unico profumo prevarica sugli altri. Non è un difetto olfattivo, poiché non dipende da problemi di produzione o conservazione, ma rappresenta una carenza dal punto di vista qualitativo, da tenere in considerazione nella valutazione qualitativa della birra. Moderatamente complessa : si colgono più sfumature odorose, che si liberano in successione e creano gradevolezza. Complessa : le sfumature odorose sono numerose, variegate, articolate tra i diversi gruppi di profumi, si percepiscono in modo netto, ben definito, e creano molta gradevolezza. Ampia La complessità non va intesa come la semplice somma algebrica delle famiglie dei profumi, anche se innegabilmente dipende dalla loro presenza. Individuare una sola famiglia non significa necessariamente descrivere una birra come moderatamente complessa, se all’interno di quella famiglia si esplicita una serie di gradevolissime sfumature odorose, in grado di conferire addirittura ampiezza. All’interno del fruttato, per esempio, si possono individuare profumi che spaziano, anche per lo stesso tipo di frutta, dall’acerbo alla frutta sotto spirito. QUALITÀ I termini per indicare la qualità sono: accettabile, buona, distinta, ottima, eccellente. : il profumo non presenta pregi particolari, ma è privo di difetti. Accettabile : il profumo ha una buona e adeguata intensità ed è accompagnato da un apprezzabile corredo di sfumature odorose. Buona : riguarda le birre che nell’ambito della tipologia di riferimento si distinguono per maggior carattere ed espressività rispetto alle precedenti. Distinta : il profumo ha intensità netta e un bagaglio variegato di sfumature odorose in linea con lo stile brassicolo di riferimento. Ottima : il profumo ha una spiccata intensità e un articolato ventaglio di sfumature odorose, tipiche, nette, perfettamente aderenti allo stile brassicolo dichiarato, creando una preziosa gradevolezza. Eccellente L’ESAME GUSTO-OLFATTIVO Mentre l’esame visivo e quello olfattivo forniscono solo degli indizi sulla possibile qualità di una birra, l’esame gusto-olfattivo consente di formulare un giudizio definitivo. L’apparato gustativo è deputato all’identificazione quantitativa e qualitativa delle caratteristiche sensoriali che una birra o un alimento esprimono nel cavo orale al momento dell’assaggio. Sulla superficie della lingua sono distribuite alcune migliaia di formazioni sensoriali chiamate papille, caratterizzate da differenti forme e funzioni percettive. Quelle responsabili delle percezioni saporifere di dolce, acido, salato e amaro sono chiamate fungiformi, foliate e circumvallate o caliciformi per la loro particolare conformazione. Si concentrano in zone distinte: sulla parte anteriore e anterolaterale le papille fungiformi, ai lati della mucosa dorsale, verso la faringe, quelle foliate, mentre le caliciformi, disposte a V rovesciata, sono ben visibili in fondo alla lingua. Le papille più diffuse sono definite filiformi per la forma stretta e allungata. Prive di recettori gustativi ma riccamente innervate, sono in grado di amplificare la percezione degli stimoli tattili. Attraverso questi recettori siamo in grado di cogliere nella birra i caratteri strutturali, il variare della temperatura e l’eventuale astringenza. Sono collocate su tutto il dorso della lingua, con una particolare concentrazione nell’area centrale. Nonostante la distribuzione delle papille sia acclarata, non è corretto mappare il riconoscimento dei sapori in zone distinte, come si è fatto per molto tempo. Studi effettuati negli ultimi decenni confermano una percezione dei gusti distribuita sull’intera lingua, con zone a diversa sensibilità che permettono di riconoscere uno specifico sapore leggermente in anticipo e in maniera più incisiva. Su questo e sui diversi tempi di latenza nella risposta ai differenti stimoli (1 secondo circa per la dolcezza, 2 per acidità e sapidità, 3 per l’amaro) si basa la sequenza descrittiva nella degustazione. Non va dimenticato che nella percezione sensoriale è coinvolta l’intera cavità orale, che presenta recettori anche nel palato molle e nella zona dell’epiglottide. Le papille gustative sono dotate di gemme (o bottoni) gustative, costituite a loro volta da cellule chemio- recettoriali aperte all’esterno attraverso un poro gustativo e i relativi microvilli. Come avviene per l’olfatto, sono periodicamente rinnovate dalle cellule di sostegno, per mantenere sempre efficiente la capacità sensoriale. Con l’età il ricambio delle cellule rallenta e la sensibilità nei confronti dei vari sapori diminuisce. Le papille gustative distribuite sulla lingua sono stimolate attraverso i recettori; si creano sensazioni che poi il cervello riconosce e definisce come percezioni. Il meccanismo di stimolazione e di riconoscimento è simile a quello olfattivo. Quando una molecola saporifera entra in contatto con i microvilli si crea uno stimolo bio-chimico, subito tramutato in un segnale elettrico, che in tempi rapidissimi è inviato alla corteccia cerebrale per essere identificato. Sono percezioni saporifere il dolce, l’amaro, l’acido e il salato. L’umami, pur in grado di rafforzare molte altre percezioni, nella degustazione della birra è spesso ininfluente e il possibile sapore della grassezza, ipotizzato recentemente, lo è ancor meno. Durante l’esame gusto-olfattivo si rilevano non solo le percezioni saporifere, ma anche quelle aromatiche, riconosciute per via olfattiva retronasale, e quelle tattili, basate su stimoli di tipo fisico e chimico. Sono sensazioni tattili la sensazione pseudo-calorica dovuta all’alcol, la frizzantezza causata dall’anidride carbonica, la morbidezza legata alla presenza soprattutto di polialcoli e la secchezza. La percezione nel cavo orale può essere inoltre influenzata da effetti termici, dolorifici e cinestetici, veicolati dalla sensibilità del nervo trigemino e delle sue diramazioni. L’insieme di questi stimoli/sensazioni e le relative percezioni è definito con il termine . flavour Per eseguire correttamente l’esame gusto-olfattivo si impugna il bicchiere alla base, se si tratta di un calice, e in ogni caso, in modo da evitare il più possibile che la birra si riscaldi, discostandosi dalla temperatura scelta per la degustazione. Il primo assaggio serve esclusivamente per preparare la bocca alla degustazione. Nella degustazione del vino questa è la fase dell’avvinamento della cavità orale; proporre un neologismo per la birra forse è eccessivo, ma il concetto è lo stesso. La birra presente nella cavità orale durante questa fase può anche essere espulsa. A questo punto si passa all’assaggio vero e proprio della birra. Occorre considerare la quantità di birra che si introduce nel cavo orale: una quantità eccessiva impedisce di stimolare delicatamente le diverse papille linguali, non consentendo loro di svolgere in modo corretto e accurato la funzione recettoriale, sia saporifera sia tattile. Un eccesso di liquido, inoltre, stimola per riflesso immediato l’espulsione o la deglutizione. D’altra parte, una quantità minima potrebbe non essere sufficiente a sollecitare adeguatamente tutti i recettori. Sono ottimali 15-20 ml. L’ingresso della birra in bocca deve essere lento. La birra deve scorrere sulla superficie della lingua, in modo da entrare in contatto gradualmente con tutte le zone sensibili; va trattenuta, riscaldata, tastata. Successivamente va fatta “girare”’ tra lingua e palato, quasi masticata, cercando allo stesso tempo di mescolarla con l’aria. Dopo la deglutizione o l’espulsione si espira, in modo da attivare l’olfazione retronasale, e si procedere ancora per qualche secondo con una masticazione a bocca vuota per valutare la persistenza gusto-olfattiva della birra. Innanzitutto, si procede con la valutazione delle , dolce, amaro, acido e salato da un punto di vista prettamente quantitativo, assegnando a ciascuna di esse un termine. Per tutte le sensazioni saporifere i termini si riferiscono alla sensazione (che può essere da assente a molto percettibile), eccetto per la dolcezza, i cui termini si riferiscono alla birra. sensazioni saporifere DOLCEZZA Questa sensazione soporifera è riconducibile alla presenza di zuccheri non fermentati; non va confusa con la morbidezza, che sarà valutata nella sezione dedicata alle sensazioni tattili. I termini utilizzabili per definire la dolcezza si riferiscono alla birra e non alla semplice sensazione, usando la seguente scala: secca, poco dolce, mediamente dolce, dolce. : è una birra in cui la presenza di zuccheri semplici è minima o nulla e non consente di percepire alcun Secca livello di dolcezza. : si ravvisa una delicata sensazione di dolcezza. Poco dolce : si rileva una sensazione di dolcezza netta e riconoscibile, dovuta a una discreta quantità Mediamente dolce di zuccheri residui. : la sensazione di dolcezza è molto spiccata, si riconosce con facilità; la birra è caratterizzata da un’elevata Dolce quantità di zuccheri. ALTRE SENSAZIONI SAPORIFERE L’ , l’ e il non necessitano di una terminologia specifica; è sufficiente quantificarle impiegando amaro acido salato i seguenti termini: assente, poco, percettibile, molto percettibile. : la sensazione saporifera non è ravvisabile. Assente : la sensazione è delicata e contenuta, modesta è la percettibilità. Poco : la sensazione è chiara, nitida e riconoscibile ma non dominante. Percettibile : la sensazione è netta e decisa, spicca in intensità, domina il gusto. Molto percettibile Parlando del sapore nella birra, è bene specificare che può derivare da diverse componenti e manifestarsi amaro con sfumature leggermente differenti tra loro. C’è l’amaro generato dal luppolo e l’amaro derivante dai cereali: dalla loro tostatura o dalle caratteristiche intrinseche del cereale stesso, si pensi alle birre di segale. Con l’esperienza, il degustatore sarà in grado di distinguerli e, soprattutto, darne anche una valutazione di carattere qualitativo. Insomma, c’è amaro e amaro. Se non è ben calibrato, accentua l’astringenza della birra, penalizzando il campione che stiamo degustando. L’ è una componente importante della birra e purtroppo sottovalutata. Ricondotta spesso all’alveo delle acidità birre a fermentazione spontanea, questa sensazione è riscontrabile in moltissime altre birre. La presenza stessa di alcuni cereali può determinare riconoscibili livelli di acidità (si pensi alle birre di frumento come le Saison). Si valuta percependo una salivazione fluida e abbondante. La è legata alla presenza di sostanze minerali, come calcio, magnesio, sodio, solfati, carbonati e cloruri. sapidità È una caratteristica fondamentale in alcune tipologie di birra, come le Gose, che prevedono l’aggiunta di sale marino. Mentre l’acidità si percepisce con una salivazione fluida, la sapidità dà luogo a una salivazione più viscosa. Oltre a riconoscere le sensazioni saporifere e darne una valutazione quantitativa, secondo i termini della scheda, occorre imparare a leggere le interazioni tra i sapori. Un amaro spiccato in una birra può risultare non fastidioso se egregiamente bilanciato dalle altre sensazioni saporifere, per esempio la dolcezza; al contrario, in una birra con lo stesso livello di amaro, per nulla attutito da altre sensazioni, l’amaro diventa sgradevole. Un degustatore, compatibilmente con la valutazione dello stile brassicolo, dovrà sempre preferire la prima birra alla seconda. Si passa ora alla valutazione delle : alcolicità, frizzantezza, morbidezza e secchezza. sensazioni tattili ALCOLICITÀ L’alcol è caustico e irritante per le mucose, ha un effetto di vasodilatazione determinando un maggiore afflusso di sangue nella cavità orale quando beviamo un liquido che lo contiene. L’effetto sensoriale che produce è di calore, concentrazioni elevate di alcol possono creare anche una leggera sensazioni asciugante. Il degustatore dovrà concentrarsi però in questo caso esclusivamente sulla percezione pseudocalorica ed essere in grado di “pesarla” e valutarla con il termine corretto, scegliendo tra i seguenti: poco calda, mediamente calda, calda. : si avverte una delicata sensazione pseudocalorica. Poco calda : c’è una sensazione pseudocalorica, con buon equilibrio tra alcol etilico e gli altri elementi Mediamente calda (acidi, anidride carbonica, sali minerali, zuccheri). : manifesta una spiccata sensazione pseudocalorica. Calda Una gradazione alcolica elevata non deve indurre a valutare la birra come calda perché contiene molto alcol. Se la birra ha altre componenti in grado di bilanciare l’alcol, la sensazione pseudocalorica non sarà particolarmente accentuata. In altre parole, non dobbiamo lasciarci ingannare dalla percentuale di alcol che leggiamo in etichetta. FRIZZANTEZZA Una presenza imprescindibile in quasi tutte le birre. È l’anidride carbonica a determinare questa sensazione tattile di pizzicore, in grado di modificare la percezione complessiva di una birra. La frizzantezza spesso accentua altre sensazioni, come l’acidità, la sapidità e l’amaro, oppure le attenua, come la morbidezza e la dolcezza. Si descrive con i termini: poco, media, decisa. : sensazione appena percettibile sulla lingua, come un leggero formicolio. Poco : la CO2 produce un effetto tattile di pizzicore. Media : la sensazione di pizzicore è spiccata ed è percettibile in tutta la cavità orale. Decisa È opportuno specificare che la frizzantezza percepita dal degustatore dipende dalla quantità di anidride carbonica. La qualità dell’effetto tattile dipende dalla capacità dell’anidride carbonica di essere inglobata nella massa liquida in relazione alla tipologia di fermentazione attuata e alla velocità con cui è stata condotta la seconda fermentazione o maturazione. Fermentazioni corrette e maturazioni che rispettino i tempi necessari ai lieviti per portare a termine il loro compito migliorano la qualità della CO2 percepita nella birra, non rendendola aggressiva e pungente. Birre con anidride carbonica insufflata, quindi non derivante dalla fermentazione alcolica, presentano un effetto di frizzantezza aggressivo e sgradevole. MORBIDEZZA La morbidezza è una sensazione tattile legata alla presenza di glicerolo e componenti proteiche. Anche una piccola presenza di zuccheri residui, in quantità non sufficiente per determinare una reale percezione di dolcezza, può amplificare questa percezione, conferendo al palato una sensazione vellutata e di rotondità. La morbidezza è descritta con i termini: poco, media, decisa. : la percezione della morbidezza è lieve, si avverte una contenuta sensazione di vellutato, ma non c’è Poco sgradevolezza. : la percezione di morbidezza è decisa, ma in gradevolissimo equilibrio con le altre sensazioni gusto-olfattive. Media : la percezione della morbidezza è prevalente, spicca la sensazione vellutata e di rotondità. È auspicabile, Decisa in questo caso, che la birra non crei un effetto eccessivamente morbido, tanto da risultare non del tutto gradevole, virando al pastoso. SECCHEZZA La secchezza è una percezione tattile di aridità e rugosità, avvertibile soprattutto dopo la deglutizione. Il concetto di secchezza non va confuso con il termine “secco”, attribuito a una birra priva di dolcezza determinata dagli zuccheri residui. Quando infatti si definisce secca una birra, si sta semplicemente sottolineando che non si percepisce alcuna sensazione saporifera di dolcezza. Una secchezza gradevole e ben bilanciata con tutti gli altri elementi sensoriali gusto-olfattivi può generare un piacevole effetto di bevibilità. Quest’ultimo è un concetto un po’ astratto, che può essere riassunto nella seguente espressione: “una birra ha un’ottima bevibilità quando invita al sorso varie volte”. Va da sé che la bevibilità della birra non dipende solo da questo elemento. La secchezza è un concetto che ne ingloba tanti altri, perché può dipendere da più elementi. I tannini, per esempio, sono polifenoli che possono trovarsi in una birra (seppur raramente) e che danno una sensazione di in bocca, percepita soprattutto nella parte anteriore delle gengive. La sensazione astringenza aumenta con una più alta presenza di tannini, ma è soprattutto la loro qualità a determinare una maggiore o minore sensazione di rugosità. Tannini non aggressivi, che tendono a tamponare piuttosto che ad asciugare, danno una sensazione di rugosità più o meno attenuata. In definitiva, l’astringenza fa parte del concetto di secchezza. Anche i luppoli, pur non essendo direttamente coinvolti nella sensazione di secchezza, spesso la supportano con il loro apporto di amaro e di sensazioni dure talvolta rafforzate da determinati sali minerali. Anche la scarsa presenza di componenti proteiche partecipa alla valorizzazione di questa sensazione tattile. La secchezza non è un difetto, tranne quando la sensazione asciugante dei tannini diventi sgradevole ed eccessivamente ruvida, oppure quando non è prevista dallo stile brassicolo. L’intensità della percezione di secchezza è inoltre esaltata dalle basse temperature di servizio. La scala dei termini da utilizzare per definire la secchezza di una birra è: poco, media, decisa. : la sensazione di secchezza è quasi assente o comunque molto contenuta. Poco : la sensazione di secchezza è presente senza essere prevaricante nei confronti delle altre sensazioni Media gusto-olfattive. : la sensazione di secchezza è spiccatamente percettibile. In questo caso è necessaria una distinzione, Decisa perché questa secchezza potrebbe essere positiva o negativa. È positivo l’effetto in cui alla decisa secchezza si accompagna una grande bevibilità della birra; è invece negativo l’effetto di una secchezza e di un’eccessiva rugosità della birra. ALTRE SENSAZIONI TATTILI Le sensazioni tattili costituiscono una sorta di appendice all’esame gusto-olfattivo, in quanto il degustatore deve limitarsi a rilevarne la presenza, senza darne una valutazione quantitativa. Le due sensazioni comprese in questa categoria rappresentano sempre dei difetti: il metallico e il polveroso. Il è una sensazione ferrosa che, al contrario di quanto si possa pensare, non dipende dalla conservazione metallico o dall’affinamento in contenitori di metallo come lattine o fusti in acciaio, ma molto spesso da errori durante la produzione o la conservazione. È sempre un difetto. Il è una sensazione riconducibile a quella della polveroso polvere o del terreno in bocca. Rappresenta un difetto della birra, che per questo è considerata “vecchia”. STRUTTURA La struttura della birra è legata alla quantità di materia presente nel liquido. Dipende soprattutto dall’estratto secco, ossia ciò che resta in un bicchiere di birra una volta eliminati acqua e alcol. L’estratto secco, la sua interazione con l’alcol, la capacità di una birra di scivolare velocemente in bocca sono elementi che possono aumentare o diminuire la percezione della struttura e la sensazione di leggerezza o masticabilità al palato. Si descrive con la seguente terminologia: fluida, di medio corpo, di corpo pieno, robusta. : il liquido ha uno spessore sottile, leggero. Caratterizza le birre di bassa gradazione alcolica e moderata Fluida presenza di estratto secco. : c’è una discreta sensazione di pienezza gustativa. Di medio corpo : la sensazione di pienezza gustativa è spiccata, c’è masticabilità liquida. Di corpo pieno : la sensazione di pienezza gustativa è rilevante e conferisce un effetto di piena masticabilità alla birra. Robusta INTENSITÀ GUSTO-OLFATTIVA L’intensità gusto-olfattiva identifica il vigore e la stratificazione sensoriale espressi dalla birra nel momento dell’assaggio. Definisce l’insieme delle percezioni gusto-olfattive nel loro impatto al palato e si descrive con la seguente terminologia: moderatamente intensa, intensa, molto intensa. : si avvertono delicate sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive. Moderatamente intensa : la forza delle sensazioni del gusto della birra è netta. Intensa : l’insieme delle sensazioni gusto-olfattive è potente, marcato e vigoroso; le sensazioni sono ben Molto intensa definite. L’intensità gusto-olfattiva non deve influenzare il giudizio qualitativo. Una birra può essere lievemente intensa, ma dare sensazioni caratterizzate da grande eleganza e finezza. PERSISTENZA GUSTO-OLFATTIVA La persistenza è l’insieme delle sensazioni saporifere, tattili e retronasali che restano dopo la deglutizione e l’espirazione, sfumando più o meno lentamente. Questo parametro influenza in maniera determinante la qualità complessiva della birra ed è valutato misurando il tempo che intercorre tra la deglutizione o l’espulsione della birra e la fine della percezione dei riconoscimenti tattili e saporiferi, in modo particolare degli aromi retronasali. Il degustatore espira a bocca chiusa e conta i secondi che trascorrono fino al termine del riconoscimento di questo insieme. I termini per descrivere la persistenza gusto-olfattiva sono i seguenti: moderatamente persistente, persistente, molto persistente. : il riconoscimento delle sensazioni sfuma poco dopo la deglutizione. Moderatamente persistente : la durata dei riconoscimenti resiste per un periodo di tempo oscillante tra i 4 e i 7 secondi. Persistente : la continuità delle sensazioni tattili, saporifere e retronasali si allunga per molti secondi. Molto persistente Perché una birra sia valutata persistente non basta che una sola sensazione protragga i propri effetti nel tempo. È necessario che tutte le sensazioni, soprattutto quelle saporifere e gusto-olfattive, un po’ meno le tattili, prolunghino la propria azione nel tempo, sfumando insieme in maniera graduale. Ad esempio, una birra caratterizzata da uno spiccato gusto amaro che resiste oltre i 20 secondi dopo la deglutizione, ma con tutte le altre sensazioni decadute dopo qualche secondo, non può in nessun caso essere considerata una birra persistente. Si definisce al massimo mediamente persistente, se non meno, e si annota lo squilibrio. QUALITÀ GUSTO-OLFATTIVA Come per la qualità olfattiva, anche la qualità gusto-olfattiva è un parametro di sintesi, legato indissolubilmente all’esperienza del degustatore. Egli deve essere in grado di valutare e sintetizzare: l’intensità e la persistenza gusto-olfattiva, l’eleganza e la finezza delle sensazioni gusto-olfattive, nonché la loro capacità di integrarsi, interagire e fondersi per dare un risultato in bocca quanto migliore possibile. Nel determinare la qualità gusto- olfattiva si tiene in considerazione anche la tipicità, intesa come aderenza allo stile brassicolo. La qualità gusto-olfattiva della birra è descritta con i seguenti termini: accettabile, buona, distinta, ottima, eccellente. : è una birra priva di particolari pregi, in cui le sensazioni appaiono poco espressive e appena gradevoli, Accettabile la persistenza gusto olfattiva è limitata. : ha un finale di gusto gradevole e alcune sensazioni si fanno notare per un tocco di eleganza e finezza, Buona pur non essendo perfettamente integrate tra loro. : birra che propone una persistenza media, dove si evidenziano rapporti corretti tra le varie sensazioni Distinta gusto-olfattive e spesso caratterizzata da un gradevole finale. : la birra evidenzia una convincente persistenza, accompagnata da alcune caratterizzanti sensazioni Ottima gusto-olfattive che manifestano una proporzionata integrazione tra loro e un’ottima piacevolezza. : è una birra che spicca nella personalità gusto-olfattiva, è persistente e le sensazioni si fondono tra Eccellente di loro in modo molto elegante, con tipicità e perfetta aderenza allo stile e con particolare gradevolezza. CONSIDERAZIONI FINALI Questa è la fase in cui il degustatore, dopo avere esaminato la birra dal punto di vista visivo, olfattivo e gusto- olfattivo, attraverso un’analisi che investe aspetti descrittivi, quantitativi e qualificativi, esprime un giudizio di sintesi qualitativo considerando due parametri fondamentali: la coerenza e la qualità complessiva. COERENZA Ogni birra appartiene a uno stile brassicolo a cui il mastro birraio dichiara di ispirarsi. E ogni stile prevede specifiche caratteristiche visive, olfattive e gusto-olfattive. La coerenza delle caratteristiche della birra in degustazione, comparate con quelle ritenute standard per un determinato stile, è determinante ai fini della valutazione complessiva. Si pensi a una IPA (India Pale Ale) che in degustazione non presenta alcuna sensazione di amaro. Anche se fosse ben costruita e considerabile gradevole in termini assoluti, le mancherebbe uno degli elementi gustativi fondamentali, l’amaro, che ci aspettiamo in una birra appartenente a questo stile. In questo caso il degustatore deve tenere conto, purtroppo negativamente, della discrepanza tra lo stile dichiarato in etichetta e quanto invece riscontrato durante la degustazione. I termini per definire la coerenza sono: poco coerente, mediamente coerente, coerente. : è una birra che evidenzia molte caratteristiche che si discostano da quelle dello stile di riferimento. Poco coerente : la birra è riconducibile allo stile di riferimento; tuttavia, manca di perfetta coerenza Mediamente coerente con lo stesso. : è perfettamente aderente allo stile di riferimento in tutte quelle caratteristiche che devono Coerente contraddistinguerla. Il mondo della birra è in continua evoluzione e non è difficile imbattersi in birre che, pur ben fatte, non rientrano in alcuno stile catalogato, delle quali il mastro birraio volutamente non dichiara lo stile o addirittura ne ha inventato uno nuovo. Come si procede in questi casi? Per convenzione, a questa Non-categoria di birre è assegnato il valore “mediamente coerente”. Attenzione, però: la coerenza con lo stile di riferimento non deve essere intesa come una necessità di omologazione del gusto delle birre. Tutt’altro. La bravura del mastro birraio risiede nel rispettare lo stile, personalizzando il proprio prodotto. QUALITÀ COMPLESSIVA Il valore complessivo della birra viene valutato considerando l’insieme delle diverse fasi dell’analisi, visiva, olfattiva e gusto-olfattiva della degustazione. Quando si definisce la qualità olfattiva si racconta il valore dell’esame olfattivo, allo stesso modo la qualità gusto-olfattiva fa sintesi di tutto ciò che si percepisce nel sorso e ne definisce il suo pregio. Nella valutazione complessiva vanno necessariamente considerati anche altri caratteri che partecipano a determinare il valore d’insieme. La puntuale rispondenza alla tipologia e la perfetta aderenza allo stile insieme a una proposta visiva impeccabile ne decretano l’eccelso valore complessivo. Una birra, in relazione al suo livello qualitativo complessivo può essere definita: accettabile, buona, distinta, ottima, eccellente. : birra che, pur essendo tecnicamente corretta e priva di difetti, non presenta nell’insieme dei vari Accettabile passaggi personalità ed espressività distinguibili, risultando ordinaria. : birra che esprime quelli che sono i parametri della tipologia, non evidenziando particolare valore di Buona attrattività e piacevolezza. : birra che rappresenta i canoni della tipologia con evidenti espressioni qualitative, propone carattere, Distinta identificabilità e piacevolezza. : birra invitante e rappresentativa per lo stile di riferimento, mostra nei passaggi significativi valori definiti Ottima di alta qualità, distinguendosi per grande piacevolezza e carattere. : definizione che identifica i massimi livelli espressivi all’interno del proprio stile produttivo. È visivamente Eccellente attraente e all’olfatto è caratterizzata da personalità e raffinatezza, nel gusto impressiona per l’impeccabile piacevolezza. Una birra che rimane impressa nella memoria del degustatore.