CAPITOLO 7 IL SERVIZIO Per un corretto servizio della birra occorre prendere in considerazione molteplici fattori, come lo stile e la provenienza del prodotto, l’impianto di spillatura, la bottiglia e il tipo di calice. METODI DI SERVIZIO Esistono quattro macroaree stilistiche, che uniscono storia birraria, cultura, tradizioni e costumi del Paese produttore e le caratteristiche organolettiche della birra stessa. Dal metodo di servizio di una birra, anche in un bicchiere anonimo, si può capire moltissimo di quel prodotto. I quattro metodi di servizio alla spina della birra sono: • metodo anglo-scozzese • metodo belga • metodo gaelico-irlandese • metodo tedesco. Prima di analizzare i diversi metodi, è bene sottolineare che il bicchiere, prima dell’uso, va sempre lavato. Questo permette di creare il minor attrito possibile tra il vetro e la birra, consentendo un migliore scorrimento del liquido e il controllo della schiuma. Il lavaggio, infatti, elimina i residui di grasso, sapone o brillantante, elementi che impediscono alla schiuma di compattarsi e di lasciare l’impronta dei caratteristici “merletti di Bruxelles”. L’acqua fredda spruzzata all’interno del bicchiere aiuta inoltre ad abbassare la temperatura del vetro, evitando uno shock termico alla birra e una formazione della schiuma difficile da gestire. Una schiuma compatta, che resiste nel tempo, non permette il contatto tra il liquido e l’aria: in questo modo si protegge la birra dall’ossidazione, preservandone la fragranza e gli aromi. Metodo anglo-scozzese L’impianto di spillatura per questo metodo è detto a pompa, perché comprende un sistema meccanico di spinta della birra nel passaggio fusto-tubo-rubinettobicchiere. La leva del rubinetto di questo tipo d’impianto è molto grande, questo consente una comoda impugnatura da parte del Publican il quale agendo su questa leva consente la fuoriuscita della birra. Il sistema meccanico di spinta è direttamente azionato dalla forza impressa sulla leva. Il bicchiere, inclinato di 45 gradi, è posto sotto il rubinetto. Con la pompa si spinge la birra nel bicchiere; senza staccarlo dalla cannella di uscita della birra, lo si ruota, portandolo in posizione verticale. La birra così servita avrà un leggero velo di schiuma, anche grazie alla bassa carbonatazione degli stili Ale. Metodo belga Nel bicchiere posto sotto il rubinetto e inclinato di 45 gradi la birra viene erogata velocemente e in un colpo solo. La valvola del rubinetto che regola il flusso va tenuta aperta in modo tale che il getto, colpendo il fondo del bicchiere, liberi il gas, formando schiuma abbondante. Una volta riempito il bicchiere, con una spatola si taglia il cappello di schiuma in eccesso. Solitamente in questo servizio i bicchieri sono più ampi e simili a coppe. Metodo gaelico-irlandese Si utilizza un impianto classico, ma con un diverso gas di spinta, il carbo-azoto. Il bicchiere è posizionato a 45 gradi sotto il rubinetto e riempito per i 4/5. A questo punto è necessario attendere. Si abbandona il bicchiere per circa 1 minuto e si assiste a un bellissimo “effetto cascata”, dato dal compattamento della schiuma mescolata alla birra e al carbo-azoto. Solo questo metodo prevede la spinta anche all’indietro del pomello del rubinetto nell’ultima fase, formando più o meno un centimetro di schiuma. Metodo tedesco Si posiziona il bicchiere, inclinato di 45 gradi, a 15-20 cm dal rubinetto chiuso. Una volta aperto l’erogatore, lentamente si porta il calice in verticale e lo si riempie sino a circa metà. A questo punto abbiamo una copiosa quantità di schiuma divisa in due fasi di finezza: le bollicine più sottili sotto, e quelle grossolane - agitate nella mescita- sopra. Si attendono adesso 2-3 minuti affinchè scoppino queste bollicine grossolane e si compatti bene la schiuma sottostante. Successivamente si procede al “secondo colpo di spillatura”, stavolta direttamente nel centro del calice posto verticalmente, e lo si riempie sino ai tre quarti circa. Si attendono nuovamente 2-3 minuti allo stesso scopo di prima. Con l’ultimo colpo, con la riapertura e l’immediata chiusura del rubinetto, si mira il centro del disco di schiuma. Il getto di birra buca il cappello compatto di schiuma, facendola alzare, cremosa, sopra l’orlo del bicchiere. La spillatura alla tedesca si può fare in due o tre movimenti (colpi). Il risultato è la formazione di una schiuma compatta, duratura, che ritarda l’ossidazione della birra. Occorrono circa 7 minuti per completare questo servizio di spillatura professionale. IMPIANTI, CELLE, CONTENITORI In origine nei pub la birra era spillata per caduta diretta dal fusto (barile, botte, cask o keg), appoggiato sul bancone. Oggi si utilizzano veri e propri impianti costruiti secondo le necessità di utilizzo del locale, con celle frigorifere, impianti a motore refrigerante, draught master e molto altro. La è il sistema migliore per mantenere le caratteristiche organolettiche della birra. La refrigerazione del fusto avviene all’interno della cella, lentamente (circa 18 ore d’inverno, oltre 30 in estate), salvaguardando la fragranza e il gusto del prodotto. L’impianto è costituito da un ambiente refrigerato, una bombola, uno o più fusti, tubi in poliestere e i relativi rubinetti di spillatura. Il percorso dovrebbe essere quanto più breve possibile: l’attacco, ossia il raccordo tra l’impianto e il fusto, porta la CO2 in ingresso per spingere la birra fuori dal fusto; attraverso un altro tubo, la birra arriva al rubinetto. Il fusto non deve rimanere per troppo tempo a contatto con la CO2 (qualche giorno al massimo), altrimenti la birra potrebbe sovrasaturarsi e presentare nel tempo difetti al naso e in bocca (ossidazione, acidità, sentori di uova marce e sulfurei). La pressione in questo tipo di impianto è circa di 0,7-0,9 bar, ma è ovviamente correlato alla temperatura della cella, alla pressione dei fusti, alla tipologia e alla lunghezza della linea. Alcune eccezioni confermano che il mondo delle birre è assai vasto e articolato: esistono infatti birre che rimangono perfette più a lungo, come alcune Berliner Weisse. cella frigorifera L’ è molto pratico in virtù del poco spazio che occupa (sotto o sopra il banco), ma è qualitativamente inferiore rispetto alla cella. L’impianto è dotato di una vasca d’acqua con diversi tubi in alluminio (in relazione al numero di rubinetti dell’impianto). In questa vasca si forma un blocco di ghiaccio che servirà a raffreddare la birra in pochi metri. La birra, che esce calda dal fusto, si raffredda all’interno dei tubi che attraversano il banco ghiaccio, subendo uno shock termico notevole. In questo tipo di impianto la pressione è maggiore, tra 1,6 e 3,5 bar. Oltre alla temperatura esterna, sono da prendere in considerazione anche la distanza, il dislivello e lo stile. Per ridurre lo shock termico si può realizzare un ambiente climatizzato tra la cella e il motore refrigerante: in numerosi pub, ad esempio, si può vedere una serie di fusti dietro a una vetrata; da lì la birra, tramite tubi molto lunghi, giunge prima all’impianto con motore refrigerante, poi al rubinetto di spillatura, creando in caso di necessità strutturali un intermedio ibrido tra i primi due tipi di impianti spiegati. impianto a motore refrigerante ad aria compressa: nella camera/cella in cui si trova il fusto si crea una pressione che spinge fuori la birra, facendola arrivare nel bicchiere. Il propulsore di spinta non è più un gas inerte quindi, ma semplice aria compressa. Questi impianti sono esclusivamente utilizzabili con contenitori di birra (fusti) isolati tramite una sacca interna (una sorta di bag in box) che non consente lo scambio diretto tra aria e birra (se così non fosse, si avrebbero forti ossidazioni nel brevissimo tempo, con grandi ripercussioni sulla qualità). Draught master Fra i più diffusi si annoverano i fusti, le bottiglie e le lattine. I fusti in acciaio, o in diversi materiali plastici, possono avere diverse capacità. contenitori Ad eccezione delle poche tipologie che possono sostenere lunghe soste in bottiglia, la conservazione delle birre in lattina è efficace sotto molti aspetti. Innanzitutto, la lattina non lascia filtrare la luce e non fa passare l’aria, principale causa di ossidazione. Inoltre, la birra si raffredda più facilmente al momento di servirla. Da tener conto anche la possibilità di impilare le lattine, per un immagazzinamento efficace e salva spazio così come, in un’ottica di rispetto ambientale, il ciclo virtuoso dell’alluminio in termini di riutilizzo e la leggerezza del materiale che consente di trasportare “solo prodotto”, impattando meno a livello globale. Occorre sfatare l’erronea credenza che il sentore metallico dipenda dall’uso di questi contenitori. Per risparmiare, nel secondo dopoguerra molti birrifici industriali cominciarono a utilizzare le lattine per le birre di livello inferiore. Trattandosi di un prodotto di scarsa qualità, esso presentava difetti già prima di essere confezionato. Il consumatore medio, tuttavia, si convinse che il metallico derivasse proprio dall’uso della lattina. Oggi non sarebbe nemmeno possibile: la tecnologia ha fatto passi da gigante e le lattine sono rivestite internamente da un film protettivo che impedisce ogni contatto tra l’alluminio e la birra. Raccomandazioni per un corretto servizio Occorre rispettare sempre alcune norme fondamentali per non alterare i profumi e gli aromi. Ad esempio, non bisogna mai immergere il beccuccio del rubinetto nella birra: asciugandosi, il residuo del liquido si ossida e contamina la birra con un aroma sgradevole. Inoltre, l’impianto va tenuto sempre perfettamente pulito. Sono comuni le “teste di risciacquo”, ossia semplici prese d’acqua a cui attaccare il manicotto dell’impianto per far girare acqua pulita nel circuito ed eliminare gli eventuali depositi di birra tra un fusto e il successivo. I difetti più comuni derivanti da un impianto sporco sono: sentori di uova sode, metallico, cartone bagnato, sentori solfurei, gusto acidulo e burroso. Si rimanda al capitolo sui difetti per approfondire questi argomenti. IL SERVIZIO DALLA BOTTIGLIA Per servire una birra in bottiglia, occorre rifarsi alle quattro macroaree stilistiche. Il modo di mescita varia quindi in base allo stile che abbiamo scelto di assaggiare. Una volta stappata la bottiglia, il tappo a corona può essere messo da parte (ad esempio nella tasca del grembiule), qualora non si disponga dell’apposito piattino d’appoggio. Nel caso di un tappo di sughero, si procede come per il vino: il tappo deve essere annusato, per verificare che sia privo di difetti, e poi deposto su un piattino, lasciandolo a disposizione del cliente. Aiutandosi con un tovagliolo, si pulisce la porzione di collo sotto il tappo, che potrebbe presentare qualche impurità, come tracce di lievito. In un corretto servizio il collo della bottiglia non deve essere appoggiato al bicchiere, ma va tenuto a una decina di centimetri di distanza durante la mescita. Sempre con il tovagliolo si asciuga l’eventuale goccia che si forma mentre si versa la birra. La mescita varia in funzione della tipologia stilistica in degustazione e va effettuata abbastanza velocemente, per permettere alla birra di liberare il gas in eccesso e formare il cappello di schiuma. Con o senza lievito? Si servono senza lieviti le birre con rifermentazione in bottiglia quando le caratteristiche prevalenti sono i luppoli, le spezie, la frutta, e la sensazione del lievito potrebbe appesantire la birra. Ad esempio, IPA o APA, nettamente caratterizzate dai luppoli, non si avvantaggerebbero con gusti e aromi di lievito, quali crosta di pane. Per servire una birra limpida, lasciando i lieviti nella bottiglia, bisogna fare attenzione a non scuotere la bottiglia per non rimettere i lieviti in circolo. A fine servizio si può riempire un altro bicchiere con i lieviti rimasti sul fondo della bottiglia e appoggiarlo al centro del tavolo, in modo che chi lo desidera possa aggiungere un po’ di lievito alla propria birra per cogliere altre sfumature. La birra può risultare diversa da calice a calice. Quando le caratteristiche olfattive e gusto-olfattive primarie da esaltare sono i lieviti, la birra va servita in modo differente. La bottiglia viene roteata con movimenti lenti e costanti, per rimettere in sospensione i lieviti, così da diffonderli uniformemente. Così facendo, nel bicchiere la birra apparirà completamente velata, ma questa condizione non è da considerarsi un difetto. Tutti gli ospiti avranno una birra uguale, e non rimarrà alcun lievito sul fondo. Le birre “Arlecchino” sono quelle che non appartengono a uno stile ben definito, ma attingono a più stili, esasperando una caratteristica o mescolando due stili diversi, a seconda della fantasia e dell’abilità del mastro birraio. Per servire correttamente queste birre occorre conoscere le intenzioni del mastro birraio: pertanto, andranno servite con o senza lieviti in sospensione in base alla sua volontà espressiva. I CALICI Nei secoli la birra è stata servita in coppe, calici, boccali, bicchieri, tazze, perfino corni: un pullulare di tipologie diverse, talvolta bizzarre, che si è via via orientato verso forme più ragionate, in funzione degli stili. Un calice nasce per esaltare le caratteristiche principali della birra. La lucentezza e la trasparenza del bicchiere permettono di osservare le tonalità cromatiche della birra, le diverse trame e stratificazioni delle bollicine e, via via che procediamo al consumo, i “merletti di Bruxelles”, quelle piacevoli orlature disegnate dalla schiuma. Per una birra dagli aromi tenui e poca struttura è ideale il calice stretto e alto: la forma a cilindro serrato consente la formazione di una colonna di schiuma stabile, fondamentale per preservare le caratteristiche organolettiche delle birre delicate, e una fuoriuscita netta degli aromi in una zona concentrata di olfazione. La canalizzazione degli aromi si ritrova nei bicchieri di forma troncoconica, con la parte stretta verso l’alto (come il calice ISO per il vino). Questo criterio, unito a un’apertura maggiore, permette di degustare ogni tipologia di birra, se il bicchiere ha le giuste dimensioni, e di apprezzare tutte le birre ricche di complessità olfattiva (Belgian Ale, Barley Wine, ecc.). Al contrario, un tronco di cono rovesciato, come la pinta americana o inglese, con la zona di massima apertura collocata in alto, provoca la dispersione degli aromi, ma la forza e l’impatto degli aromi dei luppoli di un’American IPA sono tali da essere comunque apprezzati appieno. La peculiarità della pinta americana (nota anche come Boston, o Shaker) è la facilità di presa, sia per il consumatore, sia per l’operatore; essendo un bicchiere molto resistente, nella frenetica attività di un pub semplifica il lavoro, permettendo di impilare i bicchieri l’uno sull’altro. Maneggevolezza e praticità ne fanno uno dei bicchieri maggiormente diffusi. Il più celebre è il boccale tedesco, nato per resistere ai brindisi più vigorosi e per consumare a grandi sorsate la birra attesa per mesi. Sono i tipici bicchieri usati durante l’Oktoberfest, per celebrare le ultime birre prodotte prima dell’estate (Märzen) e quelle nate con il ritorno di temperature più consone alla fermentazione. TeKu™ Creato dall’ingegno di Teo Musso, fondatore di Birra Baladin, e di Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, straordinario esperto di birre, il calice TeKu™ (acronimo di Teo e Kuaska) è il bicchiereadottato per le birre dall’Associazione Italiana Sommelier. Le sue caratteristiche lo rendono adatto alla più ampia varietà di tipologie di birre. L’alto stelo permette di impugnare il calice tenendo lontana la mano del degustatore e mantenendo stabile la temperaturadi servizio, e consente un’osservazione perfetta. Nella zona di massima apertura si liberano facilmente tutti gli aromi, canalizzati verso un unico punto grazie al restringimento superiore. La svasatura sovrastante consente di mantenere la schiuma più a lungo rispetto ad altri calici, proteggendo la birra da ossidazioni indesiderate. Flûte da Pilsner Ideale per le Pils e per altre basse fermentazioni delicate, preserva gli aromi tenui, facendoli confluire facilmente al naso. Mantiene eccezionalmente la schiuma e consente una mirabile osservazione del colore della birra e della sua brillantezza. Ideale per Pils, Kölsh, Altbier, Dortmunder Export, ecc. Weizenbecker Nato per le birre di frumento bavarese, questo bicchiere molto alto è perfetto per esaltare uno degli stili più carbonati e rinfrescanti del panorama brassicolo. Con lui ha origine una specifica tecnica di riempimento in tre colpi che, se combinata ad arte, permette di ottenere una bellissima schiuma intramontabile. La svasatura lungo i fianchi del bicchiere dà origine, a ogni sorso, alla formazione di un vortice, che genera nuovi aromi e nuova schiuma. Tulipano grande Perfetto per le birre belghe, accoglie con favore Belgian Tripel, Blonde, Dubbel, Saison, Bière de garde, Flemish e addirittura Gueuze. Simile al calice ISO, ne ricalca tutti i pregi, ma si discosta per una più ampia zona di massima apertura e per una maggiore verticalità che incrementa la recettività olfattiva. Tulipano basso (balloon) Utilizzato per il Brandy nel Novecento, è stato in seguito adattato alle Ale di struttura ed elevato tenore alcolico, quali Imperial Stout e Barley Wine, grazie al profilo curvo e al breve slancio. Molto utile anche per Doppelbock imponenti, Strong Ale, Wee Heavy e Old Ale. Coppa con stelo (goblet) La forma rievoca il Graal dell’immaginario collettivo. Varia molto a seconda del produttore, e si utilizza per assaporare birre d’abbazia particolarmente complesse, come le Dubbel. Jelly Di origine francese, era usato inizialmente per conservare gelatine di frutta e marmellate. La bocca ampia invoglia a grandi sorsi, alla portata di tutti. Tradizionalmente era usato per Blanche, Gueuze e Lambic; per queste ultime oggi si suggerisce un calice più adatto a cogliere la poliedricità olfattiva delle fermentazioni spontanee. Pinta inglese Imperiale Nonic Classica pinta inglese, che corrisponde a 0,568 litri. Le tipiche svasature, dette nonic (o nonick), sono utili per una presa salda tra le mani; consentono inoltre di impilare i bicchieri l’uno sull’altro, e donano rigidezza alla struttura del vetro in caso di accidentale rovesciamento del bicchiere. Impiegata per i tipici stili anglosassoni (Bitter, Pale, IPA, Brown Ale, ecc.), è adatta anche alle tipologie americane generalmente servite nella Pinta americana Shaker. Pinta americana Shaker La pinta americana ha un volume di 0,473 litri (o 0,83 pinte imperiali). Chiamata anche Boston, perché ricalca il mixing glass del Boston Shaker, è adatta per tutte le American del panorama stilistico con caratteristiche di velocità di consumo. Pinta imperiale irlandese Presenta un’apertura più pronunciata. Restano valide, come per le altre pinte, le caratteristiche di praticità di utilizzo per entrambi i protagonisti dei due lati del bancone, così come la generale penalizzazione dei profumi, che in queste forme molto aperte tendono a disperdersi facilmente. È impiegata per Stout, Porter, Scottish Ale. Boccale Senza dubbio è il contenitore più iconico per servire la birra. Molto articolato nelle sue varianti, può essere realizzato in vetro, ceramica, legno, corno, metallo e molti altri materiali, anche insoliti. La personalizzazione del bicchiere permette a famiglie o individui di ritrovare il proprio bicchiere personale nel pub che frequentano. È l’emblema romantico dello scopo della birra: creare benessere attraverso la convivialità. È utile dedicare qualche parola anche sulla pessima moda di bere direttamente dalla lattina o dalla bottiglia: non c’è nulla di più sbagliato. Infatti, le birre contengono una quota di anidride carbonica che, durante il servizio, deve esplodere e diventare schiuma. Al contrario, bevendo dalla bottiglia, questa esplosione avviene nello stomaco. Un duplice errore che provoca gonfiore addominale e non rispetta i precetti della degustazione. TEMPERATURE DI SERVIZIO Più le birre sono delicate, più le temperature sono basse. Arricchendosi di struttura, profumi e aumentando il titolo alcolometrico, la temperatura di servizio sale di qualche grado. Pertanto, una fresca e invitante Pils, per fare un esempio, non può essere servita alla stessa temperatura di una Stout o di una Tripel, che necessitano di qualche grado in più per liberare e far apprezzare i propri caratteristici aromi. Da considerare poi l’effetto sensoriale che si genera modificando la temperatura di servizio. Il principio di base è ovviamente lo stesso adottato nel vino: più scende la temperatura di servizio e maggiore sarà la percezione delle durezze della bevanda in degustazione (amaro, acido, salato). Al salire della temperatura invece si valorizza maggiormente la sfera più avvolgente (dolcezza, morbidezza, alcolicità). Una particolarità è determinata dalla carbonazione: l’effetto della pungenza dell’anidride carbonica aumenta all’aumentare della temperatura. Una temperatura di servizio scorretta può condizionare negativamente la degustazione. Immaginiamo infatti di servire una Double IPA a 5 °C, il risultato sarà una percezione assolutamente sgradevole di amarezza. Ricordiamo inoltre che al di sotto dei 4 °C non è possibile servire alcuna birra, in quanto tale soglia detta il limite di percezione gustativa, inficiando uno degli aspetti centrali della degustazione professionale. Tipologia °C Weisse Blanche Pils Münchener Märzen Golden Ale Blond Ale Saison Kriek Gueuze Porter IPA/APA Bock Stout Tripel Dubbel Belgian Strong Ale Doppelbock Quadrupel Barley Wine 5-6 5-6 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-9 8-9 8-9 8-9 8-9 9-10 9-10 9-10 9-11 10-11 10-11 11-12 13-15