LA DIETA MEDITERRANEA
Già alcuni millenni prima di Cristo l’olio di oliva si impose nell’area mediterranea come condimento prezioso e insostituibile. Cereali, verdure,
ortaggi, frutta fresca e secca, formaggio, pesce, carne in piccola quantità, olio e vino rappresentavano fin da allora i cardini del modello alimentare
mediterraneo. Il ruolo centrale dell’olio di oliva in questo stile di vita e i suoi effetti positivi sulla salute e sulla longevità erano apprezzati già
in epoca greco-romana. Esagerando un po’, il filosofo greco Democrito sosteneva che si potesse vivere fino a cent’anni con una dieta a base di solo
miele e olio d’oliva.
I greci usavano largamente l’olio di oliva a scopo alimentare. Era usanza, ad esempio, consumare una sorta di colazione, detta acrotinos, a base di pane
e olio di oliva intinti nel vino. I romani recepirono questa preziosa eredità: l’olio di oliva occupò presto un posto di rilievo nell’alimentazione
quotidiana, sostituendo gradualmente lo strutto, e già dal II secolo a.C. costituiva la principale fonte di grassi, almeno per i ceti più abbienti. Gli
oli più pregiati erano adoperati per condire le pietanze, mentre quelli più comuni trovavano impiego nelle cotture.
Numerose ricette lo prevedevano tra gli ingredienti: una torta fatta con olio, formaggio, farina e miele è citata da Orazio. Aulo Cornelio Celso, medico
romano, consigliava il consumo di olio di oliva per la sua grande digeribilità.
A causa delle invasioni barbariche la dieta mediterranea si scontrò con un modello alimentare tipicamente nordico, i cui costituenti fondamentali erano
basati su carne, lardo, burro e strutto.
Nel corso dei secoli queste due tradizioni, pur rimanendo distinte, mostrarono la tendenza a mescolarsi e a integrarsi, soprattutto nell’Italia
centro-settentrionale.
Il passare dei millenni ha modificato in modo sostanziale gli usi dell’olio di oliva, senza tuttavia scalfire il posto centrale che esso occupa nella
civiltà mediterranea, anzi. L’impiego dell’olio extra vergine di oliva in campo alimentare ha assunto enorme rilievo grazie alle scoperte della scienza
della nutrizione, della dietetica e della medicina contemporanee. Lo conferma il riconoscimento della dieta mediterranea – di cui l’olio costituisce un
vero e proprio pilastro – come Patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco nel 2010.
Questo modello alimentare, pur con sensibili differenze tra diversi Paesi e fra zone costiere e aree dell’entroterra, si è caratterizzato storicamente
per la semplicità delle ricette, la frugalità e la ciclicità dei menu, la cottura lenta dei cibi, la genuinità e la stagionalità dei prodotti. Nella sua
composizione un ruolo centrale spetta ad alcuni alimenti cardine, la cosiddetta triade mediterranea: olio di oliva, derivati dei cereali e vino.
La dieta mediterranea prevede un elevato consumo di vegetali, frutta fresca e secca, legumi, cereali (pane, pasta e altri prodotti da forno soprattutto
integrali), olio di oliva, moderato consumo di pesce, fino a quattro uova alla settimana, moderato consumo di vino, basso-medio consumo di latte e
derivati caseari (formaggi, ricotta e yogurt), basso consumo di carne e derivati. Va sottolineato che, almeno fino agli anni Sessanta, la dieta
mediterranea faceva parte di uno stile di vita che includeva una regolare attività fisica.
Purtroppo diverse contaminazioni e modificazioni sopraggiunte nel tempo rischiano di comprometterne l’impatto positivo sulla salute. Una conseguenza di
questi cambiamenti è la diffusione dell’obesità e del sovrappeso in alcune aree mediterranee, a causa della riduzione dell’attività fisica e
dell’eccessivo introito di calorie derivanti dai carboidrati. Inoltre, dopo la Seconda guerra mondiale il progresso economico e l’incremento del reddito
pro capite hanno fatto percepire l’olio di oliva come ingrediente di una cucina povera, legata al ricordo dei periodi di carestia, mentre i grassi
animali sono stati associati all’idea di ricchezza e benessere. Le ricerche dei decenni successivi hanno evidenziato il diffondersi delle cosiddette
malattie da sviluppo e l’influenza dello stile di vita nel determinarne la comparsa. Le più importanti organizzazioni sanitarie oggi raccomandano di
fare una rigorosa marcia indietro.