Una condizione di crisi, quella dell’olio nostrano, che non avrebbe ragion d’essere. Eppure interessi senza scrupoli, mancate strategie e picconate diffamatorie ne stanno seriamente compromettendo la nobile identità.
un piano Marshall per l'olio da olive
Luigi Caricato
Aria nuova. Così come si sta procedendo non si può andare avanti. È evidente che siamo tutti necessitati a voltare pagina, il prima possibile. L’immagine sbiadita dell’Italia sta affliggendo anche il mondo dell’olio, proprio là dove eravamo certi di vestire i panni dei primi della classe. Non lo siamo più, ora, dobbiamo prenderne atto; e comunque, anche se si è sempre in prima linea, non lo siamo più come lo eravamo un tempo, da protagonisti indiscussi. Siamo bravi a produrre eccellenti extra vergini, certo, oltre a oli di qualità media confezionati in grosse quantità, ma restiamo privi di una strategia commerciale unitaria, a parte quella di alcune aziende storiche che si muovono da sole e molto bene. Senza strategia condivisa, non andremo da nessuna parte. Il nostro primato commerciale, pur non ancora perso, per lo meno nei luoghi strategici, è destinato a restare soltanto un bel ricordo del passato, visto che in prospettiva futura siamo in fase di costante arretramento. O forse sarebbe meglio dire di non avanzamento. La crisi strutturale che sta attraversando il mondo dell’olio la stiamo vivendo, purtroppo, proprio in un periodo storico favorevole ai consumi, per intenderci, proprio quando si stanno estendendo sempre più i confini dei nuovi Paesi consumatori. Non si può mancare all’appello, ma ci stiamo giocando i mercati del futuro non investendo nemmeno per consolidare il mercato interno. Stiamo subendo una crisi di sistema proprio nel momento di massimo splendore, quando, con l’ausilio di una tecnologia tutta italiana, la qualità degli oli è nettamente superiore al passato. È paradossale: un tempo gli oli erano meno buoni, le aziende per contro più ricche e dotate di grande forza propulsiva, e anche le istituzioni erano più partecipi, con il mondo della ricerca che disponeva di tante risorse, umane e finanziarie. Oggi che gli oli sono, nella media, di grande qualità, c’è al contrario una scarsa remunerazione e bassi margini di guadagno per le aziende, un disinteresse diffuso per la ricerca, ma soprattutto scarsi investimenti in marketing e comunicazione. I prezzi di mercato sono, a loro volta, troppo bassi per consentire investimenti e progettualità, il consumatore insiste scegliendo solo in funzione del prezzo più basso, e i ristoratori, dal canto loro, continuano a trascurare le qualità degli extra vergini non collaborando con le aziende.