Rossini, o la musica da gustare
Fabio Rizzari

La più rivelatrice delle confessioni di Rossini conferma quanto l’intreccio tra percezioni sensoriali differenti possa essere inestricabile: “Ho pianto tre volte nella mia vita: quando mi fischiarono la prima opera, quando sentii suonare Paganini e quando mi cadde in acqua, durante una gita in barca, un tacchino farcito ai tartufi”. Il luminoso compositore pesarese era infatti un appassionato - di più: un vero monomaniaco - della gastronomia. Un noto critico arriva ad affermare che “Rossini sarebbe potuto diventare un celebre gourmet, se solo il suo genio musicale non avesse eclissato il suo talento gastronomico”. Gli studiosi della sua lunga vita professionale e privata si interrogano sul primato delle sue inclinazioni: per Rossini veniva prima la musica o il piacere della gola? Da semplici ascoltatori, si risponde in modo sbrigativo ma forse azzeccato: venivano insieme. In un mondo sensoriale dove l’arte della combinazione dei suoni stimolava e rimandava continuamente all’arte di combinare ingredienti, spezie, sapori differenti.