sogno o son (immo)desto? Andrea Petrini Il profumo dei fiori di primavera e io steso su un campo di iris a carpire questo sentore floreale che faccio fatica a riconoscere. Il sole mi scalda il viso. Mentre apro i polmoni alla nuova stagione, ho in mano il telefonino per controllare i Mi Piace al mio blog, . Accanto a me l’ennesima bottiglia di vino da stappare: non vedo l’ora di condividerla con i miei lettori. Sale il vento che cambia di direzione, sembra tramontana perché ora fa più freddo. Alzo gli occhi al cielo, le nuvole, inizialmente candide e sporadiche, si fanno sempre più minacciose, plumbee. Ho freddo. Improvvisamente comincia a piovere, la giornata si è fatta invernale, i fiori sono appassiti, comincio a correre velocemente, ma ho la strana sensazione di non avanzare nemmeno di un centimetro. Guardo in alto e capisco: un gigante barbuto, senza alcuno sforzo, mi ha afferrato per il lembo della camicia. È grande, grosso, intrepido, mentre, fissandomi con gli occhi rossi iniettati di sangue, mi apostrofa: “Giudicare un vino è un fatto anche tecnico, non solo ‘rilassato’. Lei è un bevitore, e resti tale, non un critico di vino, che è un mestiere preciso, come quello di un enologo. Lei considera il vino in modo esclusivamente edonistico, io anche degustativo, è il mio mestiere”. Davide contro Golia. Provo a urlare, ma la voce non esce. Riesco a divincolarmi solo perché il gigante mi lascia andare. Corro freneticamente su un tappeto di iris sbiaditi. Sento il fiatone, mentre davanti a me si apre un paesaggio francese cosparso di vigne a bacca rossa. Riconosco il territorio bordolese e non capisco, come ci sono finito? Mentre estraggo il mio iPad per scattare un po’ di foto da postare su Facebook e Twitter, spuntano dal terreno frotte di megafoni a strisce blu, bianche e rosse. Poi, come una gallina che sta per essere squartata, quelle parole: “Il vero dramma è stato l’avvento di Internet, dei wine blogger e dei social network, colpevoli di ospitare i consigli di gente senza talento e senza esperienza. Percorsi di Vino Il giornalista del vino, complice la crisi della carta stampata rimasta con pochi e squattrinati editori, è lasciato sempre più solo, così come il consumatore finale. La via di uscita? Creare una sorta di Autorità garante che certifichi i veri critici, prima che le tecnologie digitali impongano la dittatura della democrazia digitale”. “Ma chi siete, cosa volete da me?” grido, ma ancora una volta sono urla silenziose, mentre le radici delle vigne mi afferrano per le gambe e mi tirano giù, sussurrando in uno stravagante linguaggio vegetale. Ora capirò l’essenza del vero terroir francese… Rumori di clacson cittadino mi svegliano di soprassalto. Madido di sudore, ancora terrorizzato, controllo che tutto sia a posto e lo sguardo si sofferma sul mio pc portatile, sullo smartphone, il taccuino spiegazzato. Mi alzo, ma non sono ancora sicuro di essere uscito dall’incubo. Ho paura che da sotto il letto spunti qualcuno vestito da Harry Potter che, sibilando in serpentese, continui le accuse: “Hanno lanciato la moda di giudicare il vino e di parlarne in maniera interattiva con più persone, scambiandosi pareri positivi o negativi di quella e di quell’altra etichetta. Insomma, delusioni o esaltazioni di Barolo o di grandi Champagne sono trasmesse da una stanza, seduti davanti a un computer. Una visione distorta del vino”. Santo cielo, che giornata! Cerco di mettere ordine nella mia testa. Dunque, abbiamo il wine blogger/ giornalista professionista, il bevitore, il critico enologico, i “senza esperienza e senza talento” e, infine, l’enologo. Sei personaggi in cerca di autore di stampo pirandelliano in attesa di essere messi in ordine di importanza dal prossimo capocomico. A me, appassionato di vino, sommelier AIS e wine blogger, che da sei anni pubblico in Rete i miei appunti di degustazione, quale parte assegneranno? Signor capocomico, che ne dice di una persona che professa la sua idea di cultura del vino senza filtri, cercando di comunicare una volta tanto “dal basso”, senza derive elitarie e velleità da prima donna? Chi detta le regole e che diritto ha di farlo? Pensa un po’ se gli incubi devono creare tutti questi quesiti! Quei mostri, però, sembravano proprio reali. Cerco di rilassarmi e mi sdraio nuovamente sul letto. Sul comodino, un po’ sgualcito, è posato l’ultimo libro che sto leggendo, I piaceri della cantina di Jay McInerney. Non so perché, da giorni ho il segnalibro fisso a metà volume, leggo e rileggo come un forsennato sempre la stessa frase: “Come il sesso, il vino è stato avvolto fin troppo spesso in un’aurea di mistero, imprigionato nel tabù, offuscato da ciance tecniche e aggredito dai puritani, anche se il suo godimento è, o dovrebbe essere, semplice, accessibile e divertente”. Ecco, questo è il mio credo. Spero sia, o diventi, anche il vostro.