Il profumo dei fiori di primavera e io steso su un campo di iris a carpire questo sentore floreale che faccio fatica a riconoscere. Il sole mi scalda il viso. Mentre apro i polmoni alla nuova stagione, ho in mano il telefonino per controllare i Mi Piace al mio blog, Percorsi di Vino. Accanto a me l’ennesima bottiglia di vino da stappare: non vedo l’ora di condividerla con i miei lettori. Sale il vento che cambia di direzione, sembra tramontana perché ora fa più freddo. Alzo gli occhi al cielo, le nuvole, inizialmente candide e sporadiche, si fanno sempre più minacciose, plumbee. Ho freddo. Improvvisamente comincia a piovere, la giornata si è fatta invernale, i fiori sono appassiti, comincio a correre velocemente, ma ho la strana sensazione di non avanzare nemmeno di un centimetro. Guardo in alto e capisco: un gigante barbuto, senza alcuno sforzo, mi ha afferrato per il lembo della camicia. È grande, grosso, intrepido, mentre, fissandomi con gli occhi rossi iniettati di sangue, mi apostrofa: “Giudicare un vino è un fatto anche tecnico, non solo ‘rilassato’. Lei è un bevitore, e resti tale, non un critico di vino, che è un mestiere preciso, come quello di un enologo. Lei considera il vino in modo esclusivamente edonistico, io anche degustativo, è il mio mestiere”. Davide contro Golia. Provo a urlare, ma la voce non esce. Riesco a divincolarmi solo perché il gigante mi lascia andare. Corro freneticamente su un tappeto di iris sbiaditi. Sento il fiatone, mentre davanti a me si apre un paesaggio francese cosparso di vigne a bacca rossa. Riconosco il territorio bordolese e non capisco, come ci sono finito? Mentre estraggo il mio iPad per scattare un po’ di foto da postare su Facebook e Twitter, spuntano dal terreno frotte di megafoni a strisce blu, bianche e rosse. Poi, come una gallina che sta per essere squartata, quelle parole: “Il vero dramma è stato l’avvento di Internet, dei wine blogger e dei social network, colpevoli di ospitare i consigli di gente senza talento e senza esperienza.