Editoriale
Antonello Maietta

L’emozione della presentazione della nostra nuova Rivista associativa al Vinitaly, con la platea in piedi ad applaudire per dare il benvenuto a “Vitae”, le infinite mail di complimenti, non senza qualche suggerimento e qualche critica, la felicità di aver restituito ai Soci uno strumento proprio di comunicazione e di divulgazione, ci inducono a una serie di riflessioni. La riappropriazione istituzionale della progettualità editoriale segna un rinnovato entusiasmo per l’Associazione Italiana Sommelier; alla Rivista già presentata si aggiungerà in autunno la novità della pubblicazione della Guida ai vini d’Italia, per approdare successivamente a un più articolato utilizzo della Rete. Si stanno delineando scenari inimmaginabili appena qualche mese fa. Anche i concetti più nitidi e radicati dello Scopo Sociale dell’AIS, richiamati nell’articolo 3 dello Statuto, diventano oggetto di una nuova analisi. Così si legge nei tratti salienti: “L’AIS […] ha lo scopo primario di qualificare la figura e la professione di Sommelier, nonché di valorizzare la cultura del vino, dei prodotti alimentari tradizionali e tipici, della gastronomia. Essa svolge ogni attività di carattere culturale, didattico ed editoriale, per promuovere la conoscenza e il consumo responsabile dei vini e di altre bevande alcoliche e dei prodotti alimentari tradizionali e tipici, della gastronomia […] curando direttamente e nelle opportune sedi la preparazione professionale dei Sommelier e del personale docente, in conformità al  Regolamento  della  didattica  appositamente  predisposto  dall’Associazione  stessa”. In questo passaggio si nota chiaramente la predominante - potremmo anche dire esclusiva - volontà dell’Associazione di fare cultura in tutte le sue numerose e variegate attività, e di farlo attraverso una formazione codificata. La natura del nostro approccio al vino, che proponiamo all’allievo e al Sommelier, non è basata sui crismi del clamoroso, del seduttivo, del fascinoso: è sempre stata una lettura ricca ma essenziale, rigorosa, critica e pluralista. Il profilo didattico dell’AIS non è volto a enfatizzare, con lusinghe e promesse, qualcosa che ha già un suo carattere ben delineato, e non ha mai inteso applicare la politica del sedurre. Cercare di rendere più seducente la cultura del vino è un controsenso. Perché la cultura in generale e, nel nostro caso, quella del vino avrebbero necessità di farsi accompagnare dall’aggettivo seducente? Non fosse altro che per un semplice dettaglio etimologico. Sedurre deriva dal latino seducere, che significa “trarre a sé, separare, dividere” e pure “traviare”. Nella nostra lingua ha assunto poi il significato, ancor meno edificante, di “indurre al male o in errore con lusinghe, allettamenti, inganni”. Il vino, così come lo intendiamo noi, non ha bisogno di orpelli, di patine, di belletti e di truccatori. Il vino è già bello di per e vogliamo raccontarlo attraverso una comunicazione incisiva, ma sobria e scevra da aggettivi fuorvianti.

Buona lettura e Buona Vitae.