un'estate al mare
Roy Zerbini

Il percorso dei vini bianchi, i cambiamenti nella produzione e nel gusto degli ultimi decenni raccontati da un’insolita prospettiva, le calde estati, ritmate dai successi musicali, dagli eventi di cronaca e dalle manifestazioni sportive.

… stile balneare.

Ogni anno si rinnova questa profezia canicolare, che procura “fantastiche illusioni”, che “farà cadere in tentazioni”. Si parte dal 1982, anno in cui Giuni Russo deliziò l’udito dei pruriti pseudopuerili con un finale ritmico strabiliante per i sognati divertimenti priapici dell’arenile vacanziero, tanto da finire con “toglimi il bikini”. Sebbene quell’anno sia dominato dal triplice urlo di “Campioni del mondo” sussurrato da Nando Martellini, dal dolore per la scomparsa dell’hitchcockiana attrice Ingrid Bergman e dell’impalpabile, elegiaca, sofferente e regale eleganza di Grace Kelly, il vino imperava comunque nella canicolarità di quell’estate bestiale. Era il tempo del vino “bianco carta”, si privilegiava la trasparenza traslucida, espressione di una essenzializzazione firmata da una leggerezza acidula, dove i profumi diventavano intriganti perché finalmente rinfrescanti e più o meno dolcemente vegetali, e i vini erano il frutto della dilagante tecnica produttiva che combinava acciaio e temperatura controllata.

Furono gli anni della primordiale e vera purezza fruttata, gli anni dei pionieri friulani, da Jermann a Gravner, da Schiopetto a Manferrari, per passare da Kante e Pontoni, e altri ancora. A quel tempo il brillare ambrato in cromaticità era toccare il cielo con un dito, attraendo quel colore un’infusione di salinità, per produrre una vibrata energizzazione che riusciva a inglobarsi in piena armonia nelle proiezioni delle nascenti tendenze delle morbidezze organolettiche.