Leonardo da vino
Massimo Castellani
“Et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni”: questo celebre aforisma di Leonardo daVinci dovrebbe campeggiare come motto per ogni comunicazione del vino italiano nel mondo. Non c’è migliore slogan per rappresentare il made in Italy in campo vinicolo: in questa frase si comunica il nostro life style con la qualità della nostra produzione enologica. In epoca umanistica il concetto di felicità si identificava con il piacere durevole e grande significato aveva il riscoprire questo status nei luoghi in cui il vino era elemento caratterizzante, di distinzione. Ma in Leonardo coesiste anche il ricordo impresso nell’infanzia dal paesaggio natio delle colline di Vinci, il fascino della sua campagna, dove il padre ser Piero d’Antonio produceva vino nei poderi dei comuni di Vinci e Bacchereto (località vicino a Carmignano) per 84 barili, come dichiarato nel catasto fiorentino del 1498. Proprio a Bacchereto ser Piero aveva ereditato nel 1480 una fornace, case e poderi coltivati a vigne e olivi. Anche il nonno materno dichiarava la produzione di 16 barili di vino dai terreni della Costareccia (Orbignano), di Linari (lungo il torrente Streda), nei pressi di Mercatale di Vinci, e in un vigneto “adiacente al fossato di Vinci”, mentre lo zio Francesco possedeva vigne nel podere della Colombaia e sempre a Linari. Proprio allo zio Francesco il giovane Leonardo deve i primi rudimenti di agricoltura e la passione per il mondo del vino. Francesco, infatti, portava con sé nei campi quel bambino curioso e famelico di conoscenza, insegnandogli lo spirito d’osservazione e la cura delle piante. Nel podere di famiglia Leonardo apprende i sistemi di coltura della vite e la pratica per ottenere del buon vino.
Per sottolineare l’importanza della viticoltura nell’economia della piccola Vinci, è interessante notare le rubriche dello statuto comunale del
1418, nel quale ben sei capitoli legislativi riguardavano il mondo del vino e della vite.