l'ora del vermouth
Fulvio Piccinino

Tradizione antica e moderne interpretazioni si fondono in questo vino fortificato e aromatizzato, con oltre duecento anni di storia, che ha in Torino il suo luogo d’elezione. Ben pochi prodotti liquoristici possono vantare una longevità analoga,senza che ci siano stati sostanziali cambi di ricetta o di proposta. Il vermouth o vermut, nella grafia originale del suo inventore, nasce ufficialmente a Torino nel 1786, ma è indubbio che Antonio Benedetto Carpano sia stato solo il termine di un percorso secolare fatto di prodotti ecclesiali, elisir di lunga vita di scuola alchemica e della farmacopea casalinga. Frate Alessio, un religioso piemontese, al termine del Medioevo scrisse un libro che riportava una serie di ricette medicamentose scampate all’Inquisizione, molte delle quali a base di vino. Grazie a quest’opera i vini all’assenzio diventarono popolari e si diffusero in Europa, soprattutto in Germania e Francia. Nelle prime ricette si impiegavano in maggioranza erbe territoriali, reperibili nell’orto fuori casa o nei campi adiacenti, vini locali, spesso di qualità inferiore alla media destinata alla vendita al mercato, e percentuali molto basse delle costose spezie esotiche. Il vino aromatizzato, talvolta fortificato con alcol da vino o da vinaccia, era di uso comune nelle campagne, con un duplice impiego: conviviale e medicinale. La sua preparazione risaliva alla notte dei tempi, quando nell’antica Grecia Ippocrate con i vini all’assenzio, e di seguito Galeno e Villanova, tramandarono il sapere dell’infusione alcolica a scopi curativi. In tempi relativamente moderni il “vino vermouth” era prodotto tradizionalmente in inverno al termine della vendemmia. Si mettevano delle erbe in infusione nel vino, in botti poste nei sottotetti. Qui il freddo avrebbe evitato contaminazioni batteriche e avrebbe stabilizzato i tartrati del vino facendoli precipitare, creando i presupposti per una lenta infusione fredda. Il vino poteva essere fortificato una volta conclusa questa fase; talvolta invece questo processo avveniva prima, per aumentare il potere estrattivo in virtù del grado alcolico. Aggiungere alcol al termine dell’infusione era una consuetudine frequente, e seguiva il metodo di produzione dei pregiati vini liquorosi di scuola spagnola e portoghese.