i profumi del rosso Rossella Romani Il profumo del vino, formato da pennellate leggere o incisive, ma sempre stratificate su uno sfondo cromatico che percorre la sua storia, ne svela origini ed evoluzione. Il colore è il preludio di tutto ciò che il vino esprimerà e il profumo, molto spesso, lo segue in un crescendo di emozioni odorose. L’ideale parallelismo cromatico e profumato dei vini bianchi è tracciato anche dai rossi, scandito dal passare del tempo. Un po’ meno dai rosati. Il profumo dei vini rosati è una carezza delicata, anticipata da tonalità corallo, salmone o buccia di cipolla, che a volte diventa più confidenziale quando il colore assume gradazioni più intense, con riflessi violacei o aranciati in funzione di un passato molto recente o, molto raramente, di una storia un po’ più lunga. Spesso, impalpabile come petali di fi ori di mandorlo o succoso come la polpa delle ciliegie, il vino rosato è l’espressione di come l’uomo lo ha concepito e plasmato. Il tempo di macerazione, filtrato attraverso l’impronta del vitigno e del territorio, determina le sue sfaccettature cromatiche e odorose, che percorrono sempre il sentiero della freschezza dei lamponi e del ribes, delle fragoline di bosco e dei fi ori rossi, ancora più accattivante quando il colore vira su intensità che sfiorano il labile confine del colore rubino. Lagrein e montepulciano, per esempio, che offrono ai vini rossi colori profondi e profumi di grande spessore, possono esprimersi su un registro soffi ce e delicato. Il Lagrein Kretzer libera le note fragranti di un cestino di lamponi e fragoline di bosco appena colti, e il Cerasuolo d’Abruzzo, il cui colore vibrante si riflette in un assaggio più concreto, svela intensi profumi di piccoli frutti a bacca rossa. Un Garda Classico Chiaretto regala fresche sensazioni di lamponi e gelatina di fragole e rosa, e un Salice Salentino Rosato, elaborato da negroamaro, di melagrana, lamponi e rabarbaro. Un colore rosa tenue percorso da riflessi ramati, oro rosa o buccia di cipolla, può nascondere un intrigante trabocchetto. Gli acini del pinot grigio e del gewürztraminer, impreziositi a piena maturazione da un velo rosa antico, a volte cedono queste inattese sfumature, colori indecifrabili dei quali solo il profumo svela l’identità. Le note di frutta matura e di mandorla, a volte appena minerali del primo, si distinguono nettamente dall’esuberante aromaticità del secondo, con accenti di frutta esotica e rose. In questo caso, sul colore prende il sopravvento l’inconfondibile impronta del vitigno. Timide tonalità rosate si possono cogliere anche in un prezioso Spumante Metodo Classico Rosé, con un intreccio delicato di sentori di lievito e fi ori rossi, pane fresco e frutti di bosco. Il profumo dei vini rossi è l’assoluto riflesso del legame indissolubile tra vitigno, territorio ed evoluzione. L’esuberanza purpurea esprime l’incontenibile vivacità della giovane età di un vino rosso, con un profumo spensierato che traduce la prorompente vitalità del presente e di un breve futuro, a volte ravvivato da una giocosa effervescenza. La mano dell’acciaio ha tracciato una stuzzicante freschezza nella quale si rincorrono immediate note di frutta e fi ori freschi, declinate su accenti di fragola e ciliegia, lampone e fi ori rossi viola in una Bonarda dell’Oltrepò Pavese elaborata da croatina, di fragole e lamponi, amarene e violette in un brioso Lambrusco Grasparossa, di rose e piccoli frutti rossi in un Lacrima di Morro d’Alba. Sentori di salvia e fragoline, malva e lamponi rivelano la chiara vena aromatica di un dolce Moscato rosa, accompagnati da rose rosse in un delizioso e stuzzicante Brachetto Spumante. E il Moscato di Scanzo, piccola perla orobica, svolge raffi nati accenti di rosa canina, incenso e cannella. Il vino, a volte, cerca di nascondere la propria età con velata malizia, grazie a un colore ingannevole, e un rosso rubino compatto può ondeggiare in una cangiante alternanza di riflessi che virano tra vividi lampi violacei e pacate sfumature granato. Ma il profumo è inequivocabile e non mente, pur indulgente nei confronti di quel piccolo capriccio di vanità. Il bouquet dei vini lasciati riposare in barrique o in botte grande, nel tempo, crea un ventaglio di sentori speziati, tostati e animali che riportano immediatamente a una più lunga evoluzione. In alcuni di questi vini, il tocco eccessivo della botte piccola potrebbe rendere le note tostate e di spezie dolci un po’ invadenti, con il rischio di prevaricare la personalità del vino e di mascherarne l’originalità. Il vino, forse, vorrebbe ribellarsi a questa forzatura, ma non sempre ne ha le potenzialità e le capacità. Anche dopo alcuni anni sulle spalle, il colore rubino denso e impenetrabile come inchiostro di alcuni Lagrein mette in luce splendidi riflessi violacei e traduce il carattere del vitigno e del terreno calcareo e argilloso nel quale erano impiantate le viti. Il suo profumo è un caleidoscopio di sentori scuri di china e grafi te, viola e prugna, mora e mirtillo, e fa da preludio a una struttura croccante e a una fitta trama tannica. Un’analoga evoluzione può portare il Nero d’Avola a esprimere un’inconfondibile nota salmastra, intrecciata con sentori di liquirizia e sottobosco, eucalipto e rosmarino, spezie e tostature. Il profumo di un vino può quindi apparire difficile da interpretare, ma quando si conquista la sua preziosa chiave di lettura, è possibile decifrarne ogni sfaccettatura. Come capita, a volte, grazie a un sottile ricordo erbaceo di peperone verde o di erba sfalciata, che richiama alcuni vini ottenuti da merlot e cabernet sauvignon, più accentuati se l’eventuale uvaggio è dominato dal più incisivo e verde cabernet franc. Vitigni in grado di dare vini rossi di classe cristallina hanno fatto e continuano a fare la storia del vino, e nelle annate migliori raggiungono l’eccellenza assoluta. In questi casi, il profumo è un susseguirsi di sentori di prugne secche e confetture di frutti a bacca nera, chiodi di garofano e cacao, caffè e legno di cedro, fumé e ceppi carbonizzati, sul quale le note vegetali sembrano divertirsi a comparire e scomparire secondo l’annata, il clima più o meno freddo, lo stato di maturazione delle uve al momento della vendemmia e i diversi terreni, come quelli argillosi preferiti dal merlot o le grave del Médoc tanto amate dal cabernet sauvignon. Prezioso come chiffon scarlatto con sontuosi riflessi granato, il colore del Pinot nero può anticipare un assaggio che accarezza il palato con una affascinante trama vellutata. Ma soprattutto un profumo che richiama un ricamo sofisticato e magnetico di confettura di ciliegie e carrube, spezie e legno dolce, a volte tartufo e sottobosco, intensificato da soffi animali e speziati. Un mosaico di profumi come questo riporta alla mente il paesaggio di Borgogna, disegnato da piccoli clos delineati dai caratteristici muretti in pietra, dove questo vitigno trae il massimo beneficio dai terreni calcarei con marne e argilla e si esprime su livelli di assoluta eccellenza, come quella dei vini di Romanée-Conti che incantano con deliziose sfumature di rose selvatiche e frutti a bacca rossa matura avvolte in un’avvincente mineralità, quelli di La Romanée con sentori di cuoio e violette, e quelli de La Tâche con indelebili ricordi di liquirizia. Profondo e grintoso è invece l’Aglianico del Vulture, che negli anni svolge vibranti accenti di ginepro e chiodi di garofano, tabacco e pepe nero, cacao e liquirizia, in un alone che richiama la scura terra vulcanica. E la sua struttura è animata da tannini scalpitanti. Altrettanto potente è il Montefalco Sagrantino, con un bouquet ricco di richiami di spezie dolci e confettura di more, note balsamiche e tostate; nella versione Passito il profumo è un po’ più dolce e fruttato, con accenti di fi ori rossi appassiti e cacao. Un Primitivo Riserva libera sentori più caldi e morbidi di ciliegia sotto spirito e frutta cotta, liquirizia e tabacco dolce, menta e pepe rosa. Intessuto con una fitta trama tannica addomesticata dal parziale appassimento delle uve corvina, corvinone e rondinella, l’Amarone della Valpolicella svolge un profumo ampio, con ricordi di viole e rose appassite, confetture di frutti a bacca nera e frutta secca e, nel tempo, di noce moscata e cannella, rabarbaro e cuoio, tabacco ed eucalipto e altri ancora. E il Recioto della Valpolicella, vellutato e dolce, profumi di confetture e di spezie, cacao e liquirizia. Alcuni vini rossi, raggiunta una certa maturità, si presentano in una veste più sobria e pacata, preludio di una evoluzione estrema, da cogliere prima che profumi e sapori svaniscano privandoci del piacere di un ultimo sorso. Spesso, il sangiovese dà il meglio di sé dopo anni di evoluzione, soprattutto in alcuni grandi vini di Toscana, con calde sfumature granato accompagnate da un profumo più maturo e chiaramente influenzato dal riposo in legno e in bottiglia. Uno dei suoi frutti più nobili e raffi nati è il Brunello di Montalcino, che svela la sua natura aristocratica in un profumo declinato su uno sfondo speziato e fruttato, con nuance di rosa e viole appassite, resina e corteccia di china, tabacco e sottobosco. E all’assaggio conquista con un tannino elegante che si mantiene vivo a lungo, levigato solo dopo anni di affinamento. Nell’estremo lembo del continente africano, il Pinotage offre note boisé e minerali, di rabarbaro e liquirizia, confettura di ciliegie e pellame. E un lontano ricordo di sentori eterei di smalto e acetone, un tempo così marcati da essere riconosciuti come identificativi di questo vitigno, mentre spesso erano solo spunti difettosi derivati da una vinificazione perlomeno imperfetta. Quando le pacate sfumature granato cedono il passo a più riflessivi riflessi aranciati, il vino racconta una lunga storia costruita su pazienti attese, a volte lunghe alcuni decenni. Anche in questo caso, il vino può divertirsi nel depistare la sua interpretazione, perché un Grignolino d’Asti che ha riposato solo in acciaio e senza un grande passato alle spalle potrebbe presentare ingannevoli contorni aranciati. Un rompicapo che può essere risolto solo dal profumo del vino che, in questo caso, sarà piuttosto semplice, con accenti di lamponi, pepe bianco e chiodi di garofano. Al contrario, in un vino di lunga evoluzione si potrà riconoscere un bouquet ampio e variegato, con ricordi di spezie dolci e confetture, pot-pourri di fi ori secchi e pellame. Un esempio didascalico è quello di un Barolo di lunga evoluzione, vinificato da nebbiolo secondo i canoni più classici, senza strizzatine d’occhio alle tendenze più recenti, al riposo in botti piccole e a una struttura più polposa. Anno dopo anno, il profumo libera sentori di viola appassita e liquirizia, ciliegia sotto spirito e spezie, caffè e tabacco, fi no a quelli di cuoio e goudron nelle bottiglie quasi dimenticate in cantina. Raramente i vini richiedono attese di decenni e si dovrebbe evitare il rischio di perdere qualche bottiglia. Ogni vino ha un periodo ideale di evoluzione, un attimo di mesi o anni in cui racconta la sua storia e regala piccole o grandi emozioni, a volte legate anche a momenti importanti della vita delle persone. Amare il vino significa cogliere queste opportunità. E il profumo dei vini è il passe-partout per svelare i suoi segreti.