sulle tracce
del mosto selvatico
B. Roberto Lepori
Ho trovato questa iscrizione incisa sul muro sopra la porta d’ingresso della piccola chiesa nel villaggio Ivan Dolac, sull’isola di Hvar, in Croazia.
Ma facciamo qualche passo indietro.
Qualche tempo fa ero in compagnia di amici e di una buona bottiglia di Primitivo di Manduria, quando in Tv passava il fi lm Il profumo del mosto selvatico. Anthony Quinn, nella parte di Don Pedro Aragon, mostra al futuro sposo della nipote una vite che aveva portato con sé dalla terra natia, divenuta, poi, la madre di tutte le viti presenti nella sua sconfinata vigna. Vedendo quella scena, si aprì una discussione sulle origini del vitigno della Doc pugliese che alcuni assicuravano essere anche generatore dello zinfandel californiano. Non convinto, però, dalle diverse tesi emerse, mi misi in contatto con Ivana Krstulovic Carić, ingegnere agrario di Svirče e presidente dell’Associazione dei viticoltori di Hvar. Affascinato dalle sue informazioni e dalla possibilità di vedere alcuni ceppi di plavac mali su piede franco, risalenti a circa 180 anni fa, feci la valigia e partii alla scoperta del “mosto selvatico”.
Prima tappa, Kaštel Stari, un piccolo villaggio vicino l’aeroporto di Spalato, da dove sembrerebbe esser partito, per le diverse destinazioni, quel tralcio di crljenak kaštelanski, vitigno che noi italiani chiameremo, poi, primitivo di Manduria e gli americani zinfandel. Ad assicurare questa mappa cromosomica e il primato della Croazia sulla varietà sono Carole P. Meredith, genetista e professore presso il Dipartimento di Viticoltura ed Enologia dell’Università della California a Davis, e la Plavac Mali Association di Zagabria con la pubblicazione del libro Plavac Mali: a Croatian grape for great wines. La professoressa Meredith mi riferisce: “Crljenak kaštelanski è il nome croato dello zinfandel, primitivo quello italiano. Sono tutti solo sinonimi di una stessa varietà. In passato quest’uva fu chiamata anche con i nomi di pribidrag o tribidrag e kratosija, quando nel Medioevo il vino transitava nel Mare Adriatico per i commerci. Plavac mali, invece, è un vitigno diverso. È il figlio di un incrocio naturale tra crljenak kaštelanski e dobričić”.
Così, per continuare a seguire le mie tracce, con un traghetto da Spalato raggiunsi in due ore l’isola di Hvar. Il posto è incantevole e conserva tutte le architetture e le linee del passaggio della Repubblica di Venezia, che qui ha lasciato importanti testimonianze, valori artistici e culturali, oggi patrimonio comune della storia dei due Paesi. Seduti al bar di fronte all’arsenale, tra una tazza di caffè e un dolce di mandorle, Karmen - coinvolgente guida locale e raffi nata coltivatrice di lavanda - ripercorre con me il passaggio dei popoli che hanno attraversato nei secoli queste terre di Dalmazia. Indicandomi la terrazza dell’arsenale, racconta che nel 1612, per celebrare la fi ne di secoli di conflitto per l’uguaglianza dei diritti tra la borghesia e la nobiltà, il Principe Pietro Semitecolo fece costruire un teatro comunale al primo piano dell’edificio, affinché tutti potessero godere pienamente dell’arte.