le Beaujolais vieux est arrivé
Roberto Bellini 

Il Beaujolais va oltre la crisi? Nel 1960 furono vendute due milioni di bottiglie, nel 2011 sono state circa sessanta milioni. La situazione sembra tranquilla, ma il vento del Rodano, prima di inasprirsi nel mistral, ha cominciato a trascinare le avvisaglie di qualche cambiamento, come la pericolosa discesa di appeal nella grande distribuzione londinese. Osservando quanto è accaduto in altre nazioni, competitor negli anni Ottanta, considerare possibili criticità non è del tutto irrealistico: sarebbe necessario pensare a qualche alternativa.

Nel 2011 il Beaujolais ha festeggiato i sessant’anni e il suo stile organolettico non ha subito stravolgimenti, anzi, ha una migliore interpretazione tecnologica rispetto all’anno di nascita, il 1951. Le etichette sgargianti testimoniano la briosità gustativa e la volontà di proporsi come momento di consumo estemporaneo e preserale, scavalcando l’esame dell’abbinamento col cibo. Sono più costanti anche l’attenzione verso la resa in pianta e la qualità, nonostante il prodotto resti, ed è giusto così, “festivo, amichevole e festante”.

Al Vinexpo del 2003, alcuni cru di Beaujolais prodotti da Mommessin (Brouilly, Côtes de Brouilly e Chénas) avevano colori molto scuri, con solo il bordo del disco di un brillante color porpora. Il profumo era tutto un frutto: ciliegie saporite, more polpose e rinfrescanti lamponi; un sottofondo di violetta chiudeva la meridiana aromatica con un finale vanigliato e un po’ peperino. Al gusto tutta la gioiosa morbidezza del gamay confluiva in un modulato cerchio tannico e sapido, e il finale sembrava sciogliersi nel sapore di un frullato di frutta leggermente zuccherato. Fu una sorpresa, e l’incredulità maggiore consistette nell’apprendere della sosta in barrique del gamay. “È nostra intenzione fare vini da bersi fino a 6/7 anni e oltre - disse il giovane winemaker - e il gamay, modulato in maniera adeguata in vigna e in cantina, mantiene una naturalezza di gioventù fino alla maturità.” In quegli anni anche l’Italia aveva affilato le armi (della macerazione carbonica) per contrastare planetariamente la forza commerciale del Beaujolais, e gli scontri passarono sull’anticipata uscita del Novello, sulla creazione del Salone del Novello, cui seguirono le più o meno folkloristiche Feste del Novello, che fossero a Bardolino o a Montespertoli. Ma il Beaujolais era un territorio e un vitigno, il Novello era, ed è, un’intelligente intuizione con una scacchiera produttiva che corre in lungo e in largo per l’Italia, cambiando di volta in volta il corridore (il vitigno). Così il Beaujolais è restato tale, mentre il Novello è andato via via corrodendosi.