L’Italia è uno scrigno ricco di tradizioni, soprattutto a Natale. Non c’è luogo dello Stivale che non abbia il proprio caratteristico dolce delle feste, da preparare con amore e gustare nel caldo abbraccio del gioioso focolare domestico.
dolce Natale
Morello Pecchioli
Il dolce di Natale non è un peccato di gola. Al contrario. È un modo per santificare la festa più bella e più calda dell’anno, il delizioso “amen” che conclude l’agape natalizia familiare. È un fioretto a Gesù Bambino che, nel presepe, benedice i dolci che gli offrono in dono e i personaggi che glieli portano. Non c’è forse il pastore con l’umile bracciatella? La campagnola con il cesto di biscotti appena tolti dal forno in pietra? La massaia con la focaccia mantenuta calda nel tepore di un panno? Nelle raffigurazioni napoletane della Natività c’è anche chi porta al Bambino la pizza, che dolce non è, ma è tanto buona e saporita.
L’Italia, terra ricca di tradizioni, è un formidabile giacimento di dolci strettamente legati al Natale. Gran parte di questi sono nati piamente qualche secolo fa nelle cucine dei conventi, tra un’Ave Maria e un Adeste Fideles. O nella cenere e sulle braci di miseri focolari campagnoli. Anche i contadini più poveri si concedevano almeno una volta l’anno il lusso di aggiungere un po’ di zucchero a un impasto di acqua, farina e uova, modellandolo poi in forme simboliche, cariche di sacralità: la stella, il Bambino, la capanna, il pesce. Era fondamentale che il dolce rappresentasse in qualche modo la nascita di Cristo Salvatore.