i vini di Paolo III Farnese
Massimo Castellani

Un dettagliato quadro vitivinicolo del Rinascimento, delineato con competenza e spirito critico da Sante Lancerio, il primo grande sommelier italiano.

Alessandro Farnese, ovvero papa Paolo III, regnò dal 1534 al 1559. Fin da giovane ebbe imposto dalla famiglia il suo futuro nella carriera ecclesiastica, nonostante una vita giovanile molto libertina che costrinse la madre ad allontanarlo da Roma. Approdato alla corte del Magnifico, a Firenze, approfondì la sua cultura e per poi rientrare a Roma con grandi competenze e conoscenze. Nel 1491 era già nella cancelleria apostolica e due anni dopo, sotto il papa Alessandro VI Borgia, ebbe la porpora cardinalizia. Dopo alterne vicende che lo videro nei favori o in disgrazia dei papi, nel 1534 successe a Clemente VII al soglio pontificio. A lui si devono l’apertura del Concilio di Trento nel 1545, la commissione del Giudizio Universale a Michelangelo, la scomunica di Enrico VIII e l’approvazione dell’ordine dei Gesuiti.


L’aspetto più interessante per noi è l’amore per il vino narrato dal suo cantiniere di fiducia Sante Lancerio. Di quest’ultimo non conosciamo nulla se non il suo ruolo di fedele sommelier ante litteram del papa. Recensì in modo preciso e critico i vini che allietavano la mensa di Paolo III, riferì i gusti e i giudizi del papa sulle bottiglie, aggiungendo la sua personale valutazione, come vino per signori o per famigli. Due sono le fonti principali di riferimento: gli appunti di viaggio del papa da Roma a Nizza e ritorno nel 1536 e la lettera indirizzata al cardinale Guido Ascanio Sforza del 1549.