il giardino segreto del bianco
Armando Castagno 

“Poi veniva la stagione che in mezzo alle albere di Belbo e sui pianori dei bricchi rintronavano fucilate già di buon’ora,e Cirino cominciava a dire che aveva visto la lepre scappare in un solco.Sono i giorni più belli dell’anno.Vendemmiare, sfogliare, torchiare, non sono neanche lavori” (Cesare Pavese, La Luna e i falò). L’idea di iniziare con qualche riga di Cesare Pavese, nel cui capolavoro, per almeno tre volte, la vendemmia segna il momento più bello della stagione o della giornata, o persino di un frangente generazionale, nasce dalla necessità di fornire al nostro servizio una struttura ciclica. A Santo Stefano Belbo, centro nevralgico della produzione del Moscato d’Asti, l’oggetto di queste righe, Pavese era nato, nel 1908, in tempo di vendemmia, in una reviviscenza settembrina di solleone; e a Santo Stefano Belbo chiuderemo il nostro viaggio, provenendo dalla sua collina più famosa,Valdivilla, il vino raccontato nella sua stupefacente evoluzione nel tempo e nel suo sfoggio di vero talento. Quello del Moscato d’Asti è distretto letterario come pochi altri in Italia, tanto da fornire un’idea precisa di anche a chi non ci sia mai stato, ma conosca le memorabili pagine nelle quali s’inerpicano i protagonisti delle vicende narrate da Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, da Giovanni Arpino e Gina Lagorio, da Lalla Romano e Rosetta Loy. Eppure, a girarlo in auto o meglio ancora in bicicletta, questa coerenza territoriale non si ritrova: è un ambito vasto, diseguale, segmentato. Tocca le sezioni meridionali di tre province, da ovest a est Cuneo, Asti e Alessandria, ciascuna con il proprio capoluogo produttivo fatto oggetto di sottozona normata dal disciplinare: Santa Vittoria d’Alba (CN), Canelli (AT) e Strevi (AL). Visto dall’alto, questo angolo d’Italia pare fratturato a martellate, coi crinali serpeggianti che promettono vasti orizzonti a fine strada, in genere invece sbarrata bruscamente da baratri e dirupi, anfratti o calanchi; persino i nomi dei paesi e delle frazioni scrocchiano e crepitano in bocca con la loro concreta materia fonica - Crevalcuore, Calamandrana, Coazzolo, Cravanzana, Cassinasco. Sui versanti che disgelano prima, appaiono le vigne: spesso di età venerabile, pettinate a rittochino o molto più spesso a girapoggio, ovunque curate come giardini, esse custodiscono un potenziale segreto. Nato come produzione artigianale e addirittura, spesso, domestica, con le uve non conferite ai giganti dell’Asti Spumante, come i Gancia o i Martini&Rossi, il Moscato d’Asti appare oggi come vino di superiore levatura qualitativa e come uno dei più camaleontici bianchi del Nord Italia, oltre che uno tra i più longevi; a pensarci bene, i segreti di questa sua vocazione sono sempre stati lì, davanti ai nostri occhi, ma salvo pochi illuminati nessuno di noi se n’era accorto.