boxeur des
boulles

AIS Staff Writer

Non ci piacciono i chiacchiericci che stagnano nel mercato degli sparkling wine, cui è giustamente associato il Prosecco. Ogni volta che esce un’indagine sulle tendenze di mercato di questo settore con CO2, troppo spesso osserviamo l’abbinamento Champagne-Prosecco. Di questo accostamento non ci lamentiamo, anzi sotto un certo aspetto troviamo alquanto estemporaneo e curioso il gran parlare di possibile confrontabilità, verso cui, a onor del vero, i produttori veneti pare non abbiano manifestato un reale interesse.

Così recita un report proveniente da Londra, immesso in rete da un seguito magazine on line e poi rimbalzato in altri: “Lo Champagne resiste con fermezza contro il Prosecco”. Una prima lettura ci indurrebbe a fare subito i complimenti a tutti i nostri elaboratori di uva glera, perché sembrerebbe che Davide (il Prosecco) sia prossimo a sconfiggere Golia (lo Champagne). In realtà, si tratta di una concatenazione di informazioni che implicano passaggi e analisi di dati su cui riflettere. Il Prosecco ha un PIE (prodotto interno enologico) in vertiginosa crescita sulla piazza londinese, dove lo Champagne ha sempre pascolato indisturbato e muggiva più del solito quando altri sparkling si avvicinavano al recinto; figuriamoci adesso che il Prosecco non solo ha oltrepassato lo steccato, ma dopo un iniziale ambientamento s’è messo anche lui a pascolare, però “di brutto”, come si dice in Italia.

Che inizi veramente a far specie allo Champagne che il Prosecco abbia incrementato, anno su anno, la propria crescita londinese del 54 per cento, con punte esorbitanti e stellari anche del 90? Tutto ciò accade in un momento di crisi, che ha costretto gli altri terroir del frizzante, dal Cava al Sekt, passando per le nostrane classiche apicalità, a restare al palo: calma piatta e orizzonte oltre la siepe. Un po’ di fifa forse c’è.

Ci incuriosisce il discorso che le grandi Maison hanno fatto. Secondo i dati prodotti, la crescita del vino della Marne è salita dello 0,8 per cento: non c’è errore di scrittura, è proprio meno dell’1 per cento. L’analisi si fa interessante perché il segno positivo è stato prodotto dallo Champagne di fascia elitaria, oscillato da un + 8,6 per cento per gli Champagne medio alti a un + 16 per cento per le Cuvée de Prestige. Sembra però che nella Valle della Marne non stiano ben digerendo questo successo mondiale del Prosecco, che pure è diversissimo dal loro vino e ha scelto di fare strada a sé. Non sappiamo se sia una casualità, più o meno voluta, quando parlano di Champagne che resiste alle folate del Prosecco anche nel segmento più standard, quello che fa un po’ scompisciare dal ridere, visti certi prezzi e i riscontri qualitativi dissonanti con il blasone della categoria cui appartengono. Secondo questa ipotesi, il Prosecco avrebbe tolto quote di mercato ai vini bianchi e ai rosati fermi, perfino ai distillati: che cosa c’entrino i distillati proprio non lo comprendiamo. Comunque, l’analisi si fa un po’ cinica, e questo ci piace meno. Si è giunti a dire che il Prosecco sta mordendo la parte bassa della categoria sparkling, quella di minor costrutto qualitativo, e questo ci può stare, perché per scalare la montagna si parte dal basso e qualche volta durante l’ascesa si può incontrare qualcuno abbarbicato a uno spuntone di roccia incapace di proseguire e altri che velocemente tornano indietro perché non dotati dell’attrezzatura appropriata. Quando però si associa questo sfiorare il reticolato che custodisce il meglio dello sparkling ad aspetti sociologici, come il sentenziare che il tipico consumatore di Champagne è quello di alto profilo sociale, con più reddito a disposizione rispetto agli altri bevitori di sparkling wine, in questo caso la nostra risposta è una sola: non ci stiamo! Non accettiamo che si facciano passare i consumatori di non Champagne, Prosecchisti inclusi, come persone di profilo sociale più basso e con minor reddito disponibile: è una frizzante mascalzonata.

Si vuole promuovere il messaggio: Bevi Champagne? Sei un top consumer! Bevi Prosecco e gli altri? Sei un low consumer! Ripetiamo che siamo in disaccordo. Altro non è che una campagna mediatica architettata a tutela dell’appeal di quei brand che indirizzano lo Champagne nella regalistica, nelle celebrazioni formali, nelle feste del jet set internazionale. Agli altri prodotti resterebbe un profilo più festante e godereccio, forse anche più giovanile, e lo sappiamo, i giovani d’oggi in fatto d’introiti qualche problema ce l’hanno.

Quando l’analisi si fa non sociologica, il concetto diventa molto più interessante, perché guarda al sodo: esiste un solo consumatore di bollicine con una diversificazione di consumo in base alle occasioni, con il vertice ancora spostato verso lo Champagne. Però il Prosecco è lì, e lo sanno anche loro: è ormai un ottimo apripista nello speciale slalom dei vini con CO2, una specie di safety car che rallenta l’impatto economico, ma non fa cambiar pista a chi vuol correre con il perlage e la mousse.

Restare nella mousse significa un bene generale per questo comparto enologico, sono d’accordo tutti coloro che vi lavorano; è inutile pertanto, e anche controproducente, creare i presupposti per costruire un ring carbonico e poi combattervi senza le regole del peso e della categoria; l’azzuffata favorirebbe altre bevande. Una certezza a dispetto di tutto rimane: ognuno deve restare all’interno della propria categoria ed eccellere in quella. Il Prosecco è già eccellenza nella propria, al pari dello Champagne. Adesso sta agli altri svegliarsi.