champagne e legno
Roberto Bellini

Era il 1668 quando Pierre Pérignon, trentenne, entrò nell’abbazia di Hautvillers. L’abbazia era abitata da una dozzina di monaci e non versava in buone condizioni, tanto che fu necessario riedificare muri, riparare le presse per l’uva e ricostruire la cantina. Il convento possedeva infatti circa undici ettari di vigna coltivati con una resa alquanto limitata: la produzione non oltrepassava i 275 quintali di uva. La storiografia attribuisce a Pierre Pérignon un ruolo importante nella creazione dello champagne. Tra le poche certezze riferite alla produzione, si sa che il vino sostava solo in legno ed era trasportato via terra o per via fluviale in botticelle. Secondo Dom Pé (così lo chiamavano i fratelli), restando a lungo nelle botti il vino non acquisiva particolari qualità, non diventava più gradevole, si esponeva anzi a nuovi problemi.

Questa è la prima testimonianza dei pericoli che il rapporto di logica (e di tradizionalità) tra champagne e legno, appunto attinenza, avrebbe potuto procurare. Eppure fare champagne non poteva prescindere dall’uso di botti e/o botticelle di legno, peraltro quasi gli unici contenitori in Francia in quei secoli. Fu in quei contenitori che si scoprì la mousse e fu coniato il termine vin mousseux (attenzione a tradurlo con “vino spumoso”, non “vino spumante”) perché giunto a destinazione iniziava a creare delle micro bolle e la spuma, non avendo ancora completato il ciclo fermentativo.

L’uso del legno in Champagne non è mai stato abbandonato. Agli inizi del 1900 si attivò uno smantellamento quasi sistematico delle batterie di legno nelle Maison, ma l’operazione “rinnovamento” non fu completata, perché la radice culturale con duecentocinquant’anni di incubazione atmosferica era un legame imprescindibile.

Che legno e champagne avessero creato un’attinenza complessa si può intuire dagli scritti di Dom Grossard sull’attività di Dom Pè: “Prima che riuscisse a fare del vino bianco spumoso e non spumoso, i vini che produceva erano vin paillé o vin gris”. Nel dettaglio, vin paillé significava vino da uve appassite, mentre con vin gris si intendeva un vino ottenuto da uve a bacca scura e a bacca grigia, dalla definizione cromatica “occhio di pernice”. È evidente che il vin paillé era ben disposto ad accettare il legno; molto più insicura era l’attinenza vin gris e legno. Certo è che l’uso del legno in Champagne fino al 1930 derivava semplicemente dall’esigenza di contenere (il contenitore) e non di allevare (allevare il vino per farlo maturare in modo che certe qualità del legno vi si inzuppino).