oro antico
di Taggia

Alessandro Carassale

A volte, per curiosi processi involutivi della conoscenza, la storia si trasforma in mito, racconto alterato dalla fantasia popolare dove la fonte letteraria o gli elementi accertati non rappresentano più le basi di un serio discorso di ricerca, ma l’occasione per ulteriori distorsioni della verità. Accade sovente se l’oggetto di cui si parla è molto lontano nel tempo e si preferisce un’immagine semplificata piuttosto che rischiare di consumare lentamente la leggenda popolare. Nondimeno, in parallelo con l’arricchirsi della tradizione orale, procedono gli scandagli archivistici per rendere meno sfumati i contorni della narrazione e costruire una nuova intelaiatura dell’esposizione scritta. Questa premessa mi è parsa necessaria per introdurre l’argomento dell’articolo, incentrato sul tentativo di ricomporre la successione di eventi e dinamiche che, evolvendosi, hanno trasfigurato alcuni fatti, fino a sottacere particolari importanti sulla storia dei vini di Liguria, da sempre considerata “minore” nel panorama italiano. Così non è: si pensi, per esempio, alla Vernaccia delle Cinque Terre celebrata dai grandi poeti medievali, archetipo dell’attuale Sciacchetrà. Nel contempo, tra XIII e XIV secolo, all’altro capo della regione nasceva un significativo areale enoico, nelle valli intorno a Taggia, oggi rinomato centro olivicolo. Di questo sito poco si sapeva fino a qualche decennio fa. Al massimo, emergeva l’aspetto mitico acquisito dal suo vino, il Moscatello, ben presente nella memoria collettiva della gente del posto, pur non costituendo più una realtà produttiva da moltissimi lustri.

La storia di tale Moscato, ricavato dall’omonima cultivar a bacca bianca, inizia con buona probabilità tra la fase che porta alla caduta dell’Impero romano d’Occidente - salvo che non si voglia identificare il vitigno nella dolce “uva apiana”, cioè la preferita dalle api, citata nel I secolo d.C. da Plinio il Vecchio - e i secoli più bui dell’età di mezzo, quando nel Mediterraneo si intersecano fitte reti commerciali e la trasmigrazione di varietà nell’Europa cristiana diventa massiva. Dalle coste del Mediterraneo orientale arriva quest’uva dal sapore dolce e aromatico, che si diffonde in tutta la penisola italiana e nel Midi francese. Nel settore nord-occidentale, dal Golfo del Leone al Tirreno, trova condizioni ideali di acclimatazione soprattutto a Frontignan, in Linguadoca, e per l’appunto a Taggia, destinata ad assurgere ai vertici della vitivinicoltura cisalpina durante il Rinascimento.