Brigidini
corpo e anice

Piero Pardini

Alcuni tra i prodotti più noti della cucina italiana sembrano essere nati da un errore o per un puro caso, un ingrediente mancante o aggiunto, divenuto poi la base di deliziose ricette. Tra questi simboli della tradizione culinaria italiana ci sono le torte Paradiso e Caprese o il Panettone. Lo stesso sembra essere accaduto per uno dei più antichi simboli toscani: i brigidini, un’istituzione nella regione, menzionata anche in uno dei più antichi vocabolari del mondo, quello dell’Accademia della Crusca.

La patria di queste delizie, dal gusto delicato e dall’aspetto elegante, è Lamporecchio, un piccolo paese in provincia di Pistoia. Un crocevia di storia e di antiche tradizioni legate a mercanti e pellegrini: proprio a questi ultimi pare orientarsi la storia, o meglio la leggenda, sulla nascita di questo dolce. Non esistono documenti ufficiali, fatta eccezione per alcuni stralci di testi. La tradizione antica del passaparola fa risalire l’origine dei brigidini intorno al 1300: artefici di questi fragranti dolci sembrano essere state le monache “Brigidine”, devote a Santa Brigida di Svezia. Altre fonti affermano che fu proprio la Santa a realizzare per prima i brigidini, durante un pellegrinaggio a Roma attraverso un percorso tra i principali santuari della fede. La storia non chiarisce se nella zona vi fosse un monastero di quest’ordine, ma la presenza delle suore è confermata.

All’interno delle strutture ecclesiastiche le suore preparavano le ostie per le parrocchie vicine.

Tale operazione avveniva in maniera artigianale, utilizzando piastre circolari al cui centro si versava l’impasto. Sulle piastre erano incisi simboli sacri, oppure stemmi di famiglie nobiliari per rafforzare il divario tra ricchi e poveri attraverso il cibo. E così l’origine del dolce si arricchisce di mistero, tra sacro e profano. Un giorno qualcosa andò storto nella preparazione dell’impasto ma, per non sprecarlo, fu comunque portato a cottura. Altre fonti narrano che le sorelle Brigidine avessero adattato gli stampi delle ostie per creare un dolce da offrire come segno beneaugurante ai pellegrini in transito, servendosi degli ingredienti a disposizione: zucchero, farina, uova e semi di anice. Il risultato fu una sfoglia sottile, friabile, profumata, dall’inconfondibile gusto di anice, che divenne subito molto richiesta.