Per noi, temporanei edonisti, abituati alla libertà, al fluttuare infinito delle emozioni e alle onde delle passioni della vita, il vino sembra avere un destino crudele: ci appare incomprensibile il suo crescere ed evolversi all’interno di uno spazio vitale angusto fatto di oscurità e silenzio, per diventare, poi, pronto ad affrontare il mondo. Ma non è così.
Dopo aver sopportato i tumultuosi movimenti molecolari e le necessarie trasformazioni da zucchero ad alcol, imposte o autoimposte, il vino, ancora frastornato, esige un periodo di quiete per poter riflettere: ancora ingenuo e puro, all’interno del guscio vitreo nel quale viene costretto, è obbligato a concentrarsi su se stesso, a guardarsi dentro, individuando il suo magmatico nucleo vitale dal quale partire per un radicale percorso di crescita individuale. È un viaggio discendente alla ricerca intima di energie primordiali spesso inconsapevoli: un processo magico di affinamento che necessita di pazienza e determinazione. Il tempo, appunto, del buio e del riposo, in modo da divenire consapevole e pronto.
L’involucro vitreo, all’interno del quale il contenuto liquido evolve, va custodito, quindi, con estrema cura, rispetto e delicatezza in modo da agevolare il prezioso processo di trasformazione interna.