summer cigar
Marco Starace

Per “accendere” la stagione estiva, l’affascinante storia del tabacco tra Cuba e Santo Domingo, e il racconto di un sigaro emblema di perfezione.

Hispana, o Isla Española, è il nome con cui Cristoforo Colombo battezzò l’isola delle Grandi Antille su cui sbarcò nel 1492, mentre gli indigeni Taino la chiamavano Haiti (terra montuosa) o Quizqueia (madre di tutte le terre). Questi nomi non sono stati dimenticati, anzi sono tuttora utilizzati. Oggi sull’isola coabitano due stati: a est la Repubblica Dominicana, identificata dalla gente locale con il toponimo di Quisqueya, e a ovest Haiti, termine ripreso nel 1804 da Jean-Jacques Dessalines, detto il Napoleone nero, in omaggio agli antichi abitanti caduti nelle lotte per l’indipendenza dalla Francia.

Se Cuba è il maggior produttore di sigari Puros, realizzati a mano con foglie provenienti dalla stessa regione, la Repubblica Dominicana è il più grande produttore al mondo di Premium, realizzati a mano con foglie di diverse provenienze.

Storicamente, tuttavia, la Repubblica Dominicana ha sofferto di una certa arretratezza nel settore agricolo rispetto alla vicina Cuba, dove le tecniche riguardanti la coltura del tabacco hanno beneficiato del lavoro di provetti agricoltori canari emigrati sull’Isla Grande.

La diffusione del tabacco dominicano era inoltre penalizzata dal canale di commercializzazione intrapreso. Il prezzo del tabacco, acquistato per la quasi totalità da commercianti tedeschi e venduto nei paesi germanici, era infatti assoggettato alle vicissitudini politiche, sociali ed economiche della Vecchia Europa. A Cuba, invece, l’intera filiera produttiva è sempre stata seguita dalla Spagna, che ancora oggi gode di una salda partnership in Habanos S.A. sia con la Francia sia con Cuba.

È negli anni ’60 che la storia del tabacco subisce una sterzata: significativi accadimenti, tra cui l’ascesa di Fidel Castro a Cuba, fanno sì che le famiglie tabaqueros debbano lasciare l’isola a seguito dello scellerato piano agricolo del Leader Maximo che nazionalizzava terre e fabbriche, trascinando l’isola in un periodo buio: il Medioevo del tabacco.

Questa stasi decretò la fortuna delle altre isole caraibiche, perché questi artigiani, trasferendosi nelle vicine Miami, Santo Domingo, Nicaragua e Honduras, portarono con sé la propria esperienza nella produzione dei sigari. La battuta d’arresto cubana fece così emergere Santo Domingo, che disponeva di terreni adatti alla coltivazione e annoverava molte varietà di tabacco. Alcune famiglie cubane, presagendo “tempi di guerra”, partirono alla volta di Santo Domingo, portando semi di tabacco e forza lavoro.

Negli anni ’70, vivi ed eccitanti per il mondo del tabacco dominicano, si inaugura l’Istituto Intabaco, che tuttora studia ed elabora i migliori sistemi di allevamento e le tecniche agricole, consigliando agli agricoltori come e dove mettere a dimora le piantine di tabacco, la densità d’impianto, l’altezza ottimale delle piante, nonché la differenziazione nella raccolta dei piani fogliari.