KO del punteggio
del vino?

AIS Staff Writer

Un report della testata on line “The Post and Courier” (vincitrice di un Pulitzer) rivela una nuova prospettiva nel rapporto finora instauratosi tra appeal di vendita e punteggio del vino. L’articolo è molto esplicito: “I punteggi che i critici assegnavano alle bottiglie di vino hanno perso d’un tratto il loro prestigio, tanto che uno studio di Whole Foods Market evidenzia come i consumatori d’oggi si affidino per gli acquisti ai suggerimenti di amici, parenti e addetti al settore che sanno offrire conoscenza”.

Messa così, sembra quasi un ribaltamento di ruoli, da far traballare tutta una serie di circostanze editoriali costruite per assegnare i punteggi al vino. Sarebbe, peraltro, uno scenario assai gradito ai produttori di vino e ai distributori. Secondo alcune tesi, dal 1990 in avanti le rimostranze sul fatto che il punteggio di un vino riflettesse la preferenza professionale di una singola persona non sono mai state molto incisive; non sono rimaste sotto silenzio, ma neppure si è visto un attore della filiera enologica prendere il toro per le corna e mostrare che cosa non andasse.

Negli anni molti si sono adagiati sulle altrui scelte, mediatiche e non, con il risultato che quasi tutti i venditori usavano i punteggi come sintesi descrittiva del valore qualitativo del vino, anziché formarsi e formare il proprio staff, apprendendo e insegnando cosa sia davvero il vino. Era abbastanza frequente osservare sugli scaffali dei wine shop le bottiglie del vino medagliate con i numeri acquisiti, come un’onorificenza, una decorazione da reduce di guerra.


La sintesi espressa nel sito citato è alquanto impietosa in merito, e quella di Whole Foods, che annovera duecentosettanta supermercati, è lapalissiana: il futuro della vendita del vino non sarà più basato sul punteggio. Ci sarà un mondo post critica del vino, anche se i punteggi resteranno; l’ultima generazione di consumatori è molto più curiosa, riconosce gli aspetti negativi della critica unipersonale, pur consapevole del fatto che quei sistemi di valutazione hanno effettivamente scosso il mondo dei consumatori e contribuito alla crescita complessiva del pianeta vino.

La prospettiva di affievolimento dell’attenzione verso il punteggio del vino, seppur ora più veloce del previsto, era stata già individuata qualche anno fa, dato il costante incremento di conoscenza verso questo prodotto, che ha offerto strumenti filtranti a molti nuovi degustatori.

La prima dimostrazione efficace della considerazione finale di un vino è data dal punteggio, non c’è dubbio. Ora, tuttavia, questa qualità numerica non è più un punto fermo per le vendite; ha efficacia nel breve periodo, due anni al massimo, poi bisognerà nuovamente combattere, e l’avversario sarà il nuovo punteggio raggiunto da un vino dalle caratteristiche simili. Che dire, allora? Il voto è un risultato troppo concentrato?

A ben vedere, non ci sono risposte razionalmente sostenibili. Emerge però un punto di sintesi: la validità dei punteggi sarà spendibile su chi non possiede un’educazione al vino, il quale sarà esentato dal dover pensare alla qualità, garantita da qualcun altro. Chi invece fa parte del sistema sommelier (sommelier system) non userà la valutazione numerica per realizzare la vendita. Il mondo della vendita del vino post critica e post punteggio sarà condivisione e diffusione della sintesi qualitativa non personale, così come sta accadendo in Vitae, con centinaia di sommelier impiegati a esprimersi sulla qualità, degustatori che condividono tra l’altro lo stesso format educativo e uguale linguaggio.

Questo non è così ovvio in altre espressioni editoriali.


Per attivare la vendita il nuovo trend, anzi il nuovo valore, sarà il contatto umano. Il personale addetto al vino dovrà conoscere e riconoscere, diventare il succo di se stesso e del vino per fondere e diffondere, per il cliente e per il prodotto, il punteggio e il non punteggio, rappresentato non più solo dal racconto scritto, ma sgorgato direttamente da quel media social del web e dai post, a patto che non siano solo una successione fotografica con indicazione dei prezzi di vendita nei vari shop online. Nel futuro le app si ritaglieranno uno spazio negli indirizzi di vendita. Non sappiamo quale sarà la loro resistenza all’usura, ma per anni acquisiranno quel valore un tempo appartenuto ai numeri e potranno essere un punto di confronto e d’uso empatico, per saldare nei punti vendita il rapporto tra offerta e domanda. Il valore che resterà immutato, anzi soggetto a incrementare, sarà quello dell’educazione al vino, come ha chiarito Alan Young in Making sense of wine: “La percezione della qualità dipende dall’allenamento e dall’esperienza del giudice”. Il punteggio potrà essere messo KO, ma la qualità deve restare in piedi sul ring.