pietre (fa)miliari Antonello Maietta Quando Rosina Rosa Cacciamatta, nel lontano 1836, ereditò l’azienda agricola, per inaugurare il nuovo corso non ebbe alcuna necessità di “posare la prima pietra”, perché di pietre ce n’erano in abbondanza da secoli. Mosnel è infatti un toponimo di origine celtica, che significa proprio “cumulo di sassi, pietraia”. Poco tempo dopo Rosina, nonna del nonno materno degli attuali proprietari, andò in sposa a Pietro Paolo Barboglio e le sorti della tenuta di Camignone, utilizzata sovente come casa di villeggiatura, mutarono, grazie alla lungimiranza e alle capacità imprenditoriali della nobile famiglia bresciana. I Barboglio rivestivano un ruolo attivo nel contesto economico e sociale della comunità, soprattutto nel periodo a cavallo tra le guerre di Indipendenza e gli albori dell’Unità d’Italia. Annoveravano fra loro anche un fervente garibaldino. Andando più indietro nel tempo, nel XIII secolo la “Franza Curta”, ossia la terra esentata dal pagamento delle gabelle, era rinomata per la sua fiorente attività agricola, e già agli inizi del Seicento i “perfettissimi vini” di Camignone erano citati nel Catastico Bresciano. Senza dubbio la vera artefice del percorso legato al vino è stata Maria Emanuela Barboglio, nata nel 1936, esattamente cento anni dopo la fondazione dell’azienda. Era ancora fanciulla quando perse la madre; appena diciottenne, rimasta orfana anche del padre, si trovò a dover amministrare da sola la tenuta di famiglia, e la trasformò in breve in un’azienda modello, seguendola ininterrottamente per oltre cinquant’anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 2007, vivendo da protagonista tutti i successi della sua creatura e del territorio. Donna energica e di grande temperamento, forgiata dalla necessità di affrontare, spesso da sola, tutte le difficoltà, era avvezza alle sfide e desiderosa di vincerle. Nel 1957, ad esempio, appena raggiunta la maggiore età, si presentò al campionato lombardo di tiro a volo, unica donna su settantadue iscritti: inutile dire chi si aggiudicò la medaglia d’oro. Dalle nozze con Luigi Barzanò, nel 1962, l’azienda assunse il cognome di entrambi, per passare soltanto nel 1976 alla denominazione Il Mosnel. Dopo i primi esperimenti con vini fermi, ottenuti da pinot bianco e chardonnay, nel 1975 fu presentato il Pinot del Mosnel, spumantizzato con il Metodo Charmat. Una scelta curiosa, dettata dal desiderio di non entrare in concorrenza con l’amico Guido Berlucchi, che all’epoca produceva già un Metodo Champenoise. Il suo primo spumante rifermentato in bottiglia arriva qualche anno dopo, nel 1979, e già dall’anno successivo inizia a delinearsi lo stile aziendale, con l’uscita della prima cuvée declinata in Extra Brut. La predilezione per un dosaggio molto basso dopo la sboccatura caratterizza l’intera produzione futura. Nel 1990 Emanuela Barboglio è tra i ventinove soci fondatori del Consorzio Franciacorta, pur essendo in quel momento leader nel mercato dello Charmat, con circa 300.000 bottiglie prodotte. Il forte legame con il territorio e una nuova sfida da vincere la spingono nel 1994 a rinunciare completamente alla rifermentazione in autoclave, per abbracciare senza ripensamenti il solo Metodo Classico. Negli anni i vecchi impianti a sylvoz sono stati sostituiti da cordone speronato e guyot, con alta densità di piante per ettaro. Non sono cambiati invece i vitigni tradizionali: alla preponderanza dello chardonnay (70 per cento) e alla quota minoritaria di pinot nero (10 per cento) si accosta felicemente il pinot bianco (20 per cento), varietà sempre meno presente in zona, ma qui ancora molto apprezzata. Per festeggiare il traguardo dei centottant’anni, i figli Lucia e Giulio hanno rinnovato la veste grafica ed eliminato l’articolo dalla denominazione aziendale, che d’ora in avanti sarà semplicemente Mosnel. Diversamente da altri contesti della Franciacorta, con le proprietà spesso molto frazionate, i vigneti sono pressoché accorpati intorno alla cantina, adiacente alla storica villa del Seicento e al cedro centenario che svetta nel giardino. Collocati a un’altitudine media di 250 metri, occupano una quarantina di ettari, suddivisi in quindici parcelle, tutti condotti in regime biologico. I freschi venti provenienti dalla Val Camonica, mitigati dal lago d’Iseo, creano un microclima particolare che riduce la formazione di nebbie invernali e lenisce l’afa estiva. Due le tipologie di terreno, quello morenico profondo, che porta a una precoce maturazione delle uve, per vini più adatti a lunghi invecchiamenti, e quello di matrice fluvio-glaciale, con maturazione intermedia e maggior sviluppo delle potenzialità aromatiche nelle varietà impiantate. Ogni vitigno ha così trovato la propria collocazione in base alle caratteristiche delle singole parcelle, consentendo di ottimizzare i tempi di vendemmia, compresi solitamente tra metà agosto e la prima decade di settembre. La versatilità delle caratteristiche agronomiche dà vita a una produzione piuttosto articolata, con tre Franciacorta senza annata e tre millesimati, oltre a un fuoriclasse che compare solo nelle annate di eccezionale pregio, secondo il giudizio dello staff tecnico guidato da Giulio Barzanò e dall’enologo Flavio Polenghi. Caratteristica comune e marchio di fabbrica per tutti i Franciacorta è l’utilizzo della barrique di rovere francese, almeno di secondo passaggio, nella fermentazione del vino base. Ne beneficiano tutti i prodotti, in percentuali diverse. Le barrique nuove sono impiegate esclusivamente per il passito il quale, con la sua esuberanza, attenua le componenti aromatiche del legno nuovo e prepara il contenitore per gli anni successivi. I vini senza annata spaziano tra Brut, Pas Dosé e Rosé, con chardonnay, pinot bianco e pinot nero in proporzioni variabili a seconda dell’annata e con quantità differenti di vini di riserva. La gamma dei millesimati è composta dal Brut Satèn, ottenuto da chardonnay in purezza, così come l’Extra Brut EBB, che porta nel nome le iniziali di Emanuela Barzanò Barboglio; il Rosé Pas Dosé Parosé presenta invece una preponderanza di pinot nero, raro esempio in Italia di rosato senza dosaggio. È stato prodotto finora soltanto in tre annate (2004, 2006 e 2007) il pregevole Pas Dosé Riserva QdE, dove QdE è il vezzoso acronimo di Questione di Etichetta, una cuvée millesimata di chardonnay, pinot nero e pinot bianco. Ai Franciacorta Docg si affiancano i due vini previsti dal disciplinare del Curtefranca Doc: il bianco Campolarga, a base chardonnay con presenza minoritaria di pinot bianco, e il rosso Fontecolo, con prevalenza di merlot rispetto ai due cabernet franc e cabernet sauvignon. Chiude l’assortimento il prezioso Sulif, una limitatissima produzione da uve appassite di chardonnay. Giulio e Lucia Barzanò seguono oggi l’azienda con ruoli diversi, ma entrambi hanno assimilato dalla madre Emanuela Barboglio il garbo e la sensibilità di far vivere i vigneti e la cantina come parte integrante del territorio, aggiungendo una particolare attenzione ai social e al web, per farli apprezzare anche a distanza. Dinamicità e modernità ereditate forse dalla nonna Mariuccia, che agli inizi del Novecento fu la prima donna a ottenere la patente di guida a Brescia e a usare abitualmente l’automobile per i suoi spostamenti. Anche la comunicazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie sono radicate nel carattere di famiglia. Quando nel 1884 a Brescia fu inaugurata la linea telefonica, i primi a dotarsi dell’apparecchio furono i fratelli Giuseppe e Vittorio Emanuele Barboglio, quest’ultimo bisnonno di Lucia e di Giulio: a loro furono assegnati i numeri di telefono, 1 e 2, privilegio da leader anche ai giorni nostri, ma nitida conferma che nel passato di ciascuno c’è un presagio da cogliere. Degustazioni a cura di Nicola Bonera Sarebbe stato impensabile, in occasione dei festeggiamenti per il 180° anniversario dell’azienda, non tributare un doveroso omaggio a Emanuela Barzanò Barboglio, anima e motore dell’azienda per oltre cinquant’anni, attraverso la degustazione delle dieci annate del vino che Lucia e Giulio le hanno dedicato. Caratteristica comune dei Franciacorta targati EBB è l’utilizzo esclusivo di chardonnay in purezza, selezionato dai cinque vigneti di eccellenza della tenuta. Soltanto la prima frazione di mosto, circa il 50 per cento del totale estratto, è fatta fermentare in piccole botti di rovere francese, prima di affrontare un lungo periodo di sosta sui lieviti variabile di anno in anno, ma mai inferiore a 36 mesi. Le prime tre annate, dal 2003 al 2006, sono state dosate come Brut, le successive sono tutte Extra Brut. 2011 L’eleganza di campagna Annata regolare, fortunata, di estremo fascino, e che ha generato grandi aspettative. Tinta delicata e brillante. All’approccio olfattivo non traspare la benché minima presenza del legno utilizzato per la vinificazione. A farla da padroni sono i fiori di campo, le erbe di prati in fiore e il lievito di birra. Una leggera tostatura di frutta secca e di caramello biondo arriva alla distanza. Sorso succoso, agrumato, molto godibile, elegante, con lungo e gradevole finale di ananas. Per 43 mesi sui lieviti. 8 mesi dalla sboccatura. Almeno 5-6 anni di evoluzione in bottiglia, se ben conservato. 2010 Le Prealpi scendono a valle Annata un po’ tardiva per via di un’estate piuttosto umida: la rigorosa selezione ha prodotto risultati d’eccellenza. Il vino è quasi pallido, garbato nella sua veste delicatamente paglierina. Al naso è un po’ introverso, si ritrae quasi non voglia svelarsi; i toni sono vegetali, freschi: genziana, camomilla, finocchietto, poi vaniglia e rapè di cocco, con lavanda e pepe bianco in chiusura. Bocca affilata, tagliente, con acidità in netta evidenza, decisamente succoso e agrumato. Per 51 mesi sui lieviti; 12 mesi dalla sboccatura. Un decennio di possibile evoluzione, vista la nerboruta acidità a disposizione. 2009 Il Franciacorta in trasferta ai Caraibi Annata mediamente calda e precoce, ma senza eccessi di zuccheri o cali di acidità e pH. Paglierino acceso e luminoso. Inizia ben presto a mostrare tostatura e spezie, frutta esotica, con mango e papaia, pepe di Sichuan e burro caldo ammorbidito. Al palato ha ottima avvolgenza, con impatto ricco e gustoso, si svuota leggermente nel finale con ricordo di nocciola e media salinità. Per 58 mesi sui lieviti. 17 mesi dalla sboccatura. Vino di ottima maturità che potrà rimanere stabile per un buon numero di lune. 2008 La quiete prima della tempesta Annata abbastanza tardiva, ma con eccellenti livelli sia di acidi sia di zuccheri. Colore chiaro e tenue, con perlage eccezionalmente fine. Il profumo ricorda quello di un vino bianco semiaromatico di media evoluzione: piccole bacche, ribes bianco, uva spina, susina, poi il lievito si risveglia e concede, grazie all’ossigenazione, toni più polposi di mela, pera e pesca bianca, chiudendo con erbe e anice. Al palato sorprende la bevibilità, incredibile nonostante la massa piena del vino; finale lunghissimo, con scia salata; minerale e saporito, un campione se bevuto da solo e un fuoriclasse se accompagnato al cibo. Per 49 mesi sui lieviti. 38 mesi dalla sboccatura. Rimarrà una sorpresa al palato: se anche l’olfatto diverrà caldo e maturo, sarà sempre capace di farsi bere a larghi sorsi. 2007 Ricordando la Côte de Beaune Annata abbastanza precoce e con notevole maturità delle uve. Colore intenso con screziature verdi. Al naso è inizialmente chiuso, quasi che il legno voglia soffocare alcuni aromi; l’intensità e la complessità aumentano con l’ossigenazione, come per i vini bianchi fermi importanti; emergono curry, senape, semi di sesamo tostati, caffè al cardamomo e gianduia. In bocca il frutto arriva in seconda battuta, giallo e maturo, dopo la netta tostatura e la crema pasticciera; finale ammandorlato e fumé. Per 50 mesi sui lieviti. 48 mesi dalla sboccatura. Ha raggiunto la sua massima espressività, va aiutato scegliendo un calice abbastanza aperto e una temperatura non troppo bassa. 2006 Qual è il numero perfetto? Sono certo sia il 6! Annata fortunata, che ha generato uve e vini di estremo equilibrio ed eleganza. Tonalità chiara, con sfumature che guardano all’oro antico o al rame. Esordio con uva spina, mandarino, mirabelle, frutti bianchi con buccia intenerita dalla maturità e polpa succosa. Al palato è sorprendente, esordio superbo e chiusura ancor meglio, molto gustoso, decisamente agrumato, a tratti si percepiscono i canditi e talvolta la sanguinella e il tè al bergamotto; lunghissimo finale con sorso ancora vigoroso e di estrema bevibilità. Per 40 mesi sui lieviti. 59 mesi dalla sboccatura. Servito nel calice numero 6, del millesimo 2006, chi è numerologo troverà qui un segno del destino. Durerà molti anni, concedendosi il lusso di calmarsi e addolcirsi con l’evoluzione. 2005 Viaggio tra la macchia mediterranea Annata facente parte della tripletta 2004-06, ma contraddistinta da maturità del frutto e zuccheri più elevati rispetto alle altre due. Colore dorato di media intensità. Al naso è maturo, di sciroppo, con riconoscimenti vicini a quelli dei vini liquorosi; emergono poi aromi di menta secca, miele di castagno e scorza d’arancia. Sorso pieno, inizialmente molto avvolgente, con finale leggermente amarognolo e richiami di arancia candita e lavanda essiccata. Per 43 mesi sui lieviti. 80 mesi dalla sboccatura. Vino molto evoluto, forse per via di una bottiglia non perfettamente in forma. 2004 Viaggio nelle Highlands Millesimo abbastanza fresco, accolto con grandi favori; vini pressoché immortali, con la rifermentazione che ha generosamente condito la freschezza dei vini base. Delicato paglierino lucente. Al naso esibisce subito profumi di canditi, clementina, gelée alla pesca, cenere e forte mineralità. In bocca dimostra la sua stoffa, è gustoso, mantiene una sorprendente vitalità, anche l’effervescenza è succosa; chiude con aromi di pompelmo, sambuco, alghe marine e sensazioni iodate. Per 40 mesi sui lieviti. 95 mesi dalla sboccatura. Highlander a tutti gli effetti, per le sensazioni torbate a livello organolettico e per la straordinaria capacità di attraversare due lustri senza cedimento alcuno. 2003 Chardonnay senza compromessi Annata con produzione limitata per via della canicola durata tutta l’estate. Il colore è intenso, luminoso e compatto. Al naso è un eccellente vino bianco maturo, elegante e fruttato: miele millefiori, camomilla, rabarbaro, confettura di albicocche e pesche allo sciroppo sono solo alcuni degli aromi. Il palato è avvolgente, equilibrato, ammandorlato, con lungo ricordo delle sostanze minerali; ottimo da bere, nonostante l’effervescenza sia in parte scomparsa. Per 36 mesi sui lieviti. 113 mesi dalla sboccatura. Rimarrà ancora per qualche anno un eccellente vino, anche se l’effervescenza si affievolirà ulteriormente. 2012 sboccato in anteprima per l’occasione Il fanciullino L’annata ha prodotto uve e vini base dall’ottimo equilibrio, pur con limitata quantità di uve. Colore delicatissimo. Al naso, dopo un percorso a ritroso di tale livello, l’impronta del lievito è schiacciante, lasciando spazio solo ai toni primari e secondari, frutta e fiori appena colti, così come al palato la dominante è la freschezza rapportata a un vino snello, che potrà guadagnarsi una reputazione, come i fratelli maggiori, nel lungo periodo di sosta in cantina o presso i rivenditori o i consumatori che avranno la pazienza di attendere.