AIS
e Sant’Anna

AIS Staff Writer

La storia della sommellerie in Italia è indiscutibilmente legata all’Associazione Italiana Sommelier e i cinquantuno anni di attività, svolta con indiscutibile serietà e professionalità, lo testimoniano. Abbiamo accompagnato il viaggio del vino italiano fin dal 1965, lo abbiamo visto crescere, anzi siamo cresciuti insieme, e abbiamo sempre cercato di collocarlo in una dimensione culturale, oltre che nell’ambito di una rigorosa professionalità nel servirlo e nell’abbinarlo al cibo. Poi abbiamo intuito, ancor prima che esplodesse il mondo della rete, che il ventaglio culturale si stava dischiudendo in milioni di sfaccettature.

Al Congresso nazionale di Napoli e Sorrento del 1998, grazie alla perspicacia del vicepresidente Vincenzo Ricciardi, abbiamo spostato l’attenzione verso un nuovo pubblico: non solo quello del ristorante o dell’enoteca, ma il pubblico in senso lato, quello che vuole conoscere e imparare.

Abbiamo così preso in considerazione il tema della comunicazione del vino.


Da allora l’AIS ha costantemente adeguato la propria filosofia di formazione, rimanendo al passo con i cambiamenti dei tempi. Non si è chiusa nel forziere degli onori ricevuti, non ha riposato sugli allori, ma ha iniziato a dialogare con altri interlocutori culturali, compreso quel mondo accademico che, in fatto di nobiltà di insegnamento, ha il lignaggio più elevato.

La scossa finale è stata impressa durante il congresso nazionale di Perugia del 2010: in quell’occasione Gabriele Ricci Alunni, allora presidente di AIS Umbria, con un vitale colpo d’ingegno, ha trasferito il dibattito sulla comunicazione del vino dal mercato domestico a quello internazionale, verso quella parte del mondo dove la formazione alla professione del sommelier ancora mancava, quelle aree che stavano scoprendo il vino, come la Cina, la Thailandia, Singapore e l’India, saldando definitivamente una visione planetaria dell’associazione. La presenza al congresso di delegazioni straniere ne avvalorò il concetto.

Abbiamo capito che il racconto del vino nella sua completezza non può essere fatto senza avvalersi di altre preziose sinergie culturali: ci vuole collaborazione.