In Italia è in atto una sorta di guerra dell’olio tra piccoli produttori artigiani e grandi aziende olivicole. Militanti facinorosi armati di pregiudizi e di scarsa conoscenza rendono sempre più difficile un confronto serio e costruttivo.
guerrilla oil
Luigi Caricato
Che cosa sta succedendo nel complesso e variegato mondo dell’olio italiano, in un periodo storico così travagliato come quello attuale? In molti me lo chiedono e ora provo a raccontarlo in maniera chiara e semplice.
È in atto una sorta di guerra civile tra bande rivali all’interno del comparto oleario. In primo luogo tra gli olivicoltori con qualche centinaio di piante e quelli (pochi, in verità) che ne hanno centinaia di migliaia. I più piccoli guardano con diffidenza e una punta di ostilità i proprietari delle grandi aziende olivicole, a causa della dilagante ideologia del “piccolo è bello” e “grande è cattivo”, o, in alternativa, di un altro luogo comune ormai consacrato, che si riassume nella formula: “Il mio oliveto è come un giardino e ogni giorno accarezzo i miei alberi uno per uno”.
Tutto ciò, evidentemente, esprime un senso profondo di insofferenza, che a volte si traduce in astio, verso ciò che è grande o appare tale. Ci si ostina a vituperare chi fa grandi numeri e, agendo in economia di scala, consegue vantaggi economici di gran lunga superiori alle aziende minuscole e meno attrezzate per competere.
È un problema tutto italiano, poiché altrove, anche in presenza di piccole unità produttive, si è comunque efficienti perché ci si allea in consorzi o cooperative, rendendo il proprio lavoro più che remunerativo. Occorre sapersi organizzare; e se non si è in grado di farlo, ci si concentra solo sulla produzione, trovando partner con i quali stringere accordi di collaborazione. Accade in ogni angolo di mondo, ma non in Italia, dove si diffida gli uni degli altri.
Evidenziata la frattura tra piccole e grandi aziende olivicole, lo stesso sentimento divisivo affiora tra i frantoiani. Vige lo stesso principio: grande è cattivo. Anche in questo ambito è in atto una battaglia tra chi molisce ingenti quantitativi attraverso grandi impianti e chi possiede macchine estrattrici formato mignon. I più piccoli sostengono di fare un olio speciale, migliore, e comunque di eccellenza indipendentemente da una valutazione qualitativa oggettiva. Gli altri frantoiani, soprattutto se contoterzisti, sono accusati di essere un po’ come le prostitute: si concedono a tutti e trascurano la qualità, badando a ottenere solo la massima resa in olio.