sex & Champagne
Roberto Bellini

“Cogliete il grido della sua essenza attorcigliato al movimento dell’effervescenza nella sua mousse, capace di trasformarsi in una silenziosa sensazione acustico-tattile, quando le sue minuscole e brillanti bollicine si lasciano scivolare sulla pelle liscia e vibrante”: Maurice Holland descrive questo effetto speciale dello Champagne nel libretto Il rumore dello Champagne, del 1952, giusto sei anni dopo la chiusura delle centottanta maisons closes di Parigi per iniziativa di una ex prostituta, nome d’arte Martha Richard. Case chiuse, cabaret e tabarin hanno contribuito molto al successo di questo vino: le sue frementi bollicine permettevano agli habitué di quei paradisi di sciogliere le glacialità di lorette, grisette, filles e demi-mondaine, ossia lucciole di professione e mantenute d’alto bordo. Ciò che ruotava intorno a quel sesso trasgressivo e languido, platonico e melanconico era lo Champagne, in una Belle Époque che sancì il legame sex & Champagne.
La storia inizia molto prima. Nonostante la paternità, seppur parziale, di Dom Pé, quell’invenzione in odor clericale non si prestò mai a essere vino da messa, era piuttosto “vin du diable”, come lo apostrofavano i bacchettoni del XVIII secolo. Il destino erotico dello Champagne emerse subito, appena si notò che quel vino faceva saltare i tappi e quel saltare, esplodere con spuma, dava un senso di uscita incontrollata prima della serenità dell’essere. Il Re Sole era attratto dallo Champagne. Si dice sia stato il più prolifico avventuriero del sesso del suo secolo: non solo re di Francia, ma anche principe dell’adulterio e professionista dell’arsenico. A lui si deve l’ingresso dello Champagne nelle alcove nobiliari, dove serviva per conquistare le gran dame parigine, ben disposte a essere attrici del dare e non dare, del dire e non dire, del fare e non fare, tra l’ammiccare e il negare che ha sempre attirato l’universo maschile. Quelle dame sfidarono il bon ton dell’epoca, che le vedeva astemie, soprattutto in pubblico. Ma lo Champagne non era vino, era spuma che schizzava fuori e veicolava allegria, con guance purpuree e sorrisi maliziosi.
Guillaume de Chaulieu nel Settecento associò per primo lo Champagne alla donna. Nel suo poemetto esclama alla svampita contessa de Bouillon: “Guarda come brilla lo 20