Per capire il panorama enologico del Portogallo, occorre considerare il suo ricco passato e la sua storia contemporanea come un unicum indissolubile.
Il vino, apprezzato e diffuso qui dai Romani nel I secolo d.C., conobbe un nuovo sviluppo dopo la reconquista cristiana del XII secolo e la cacciata dei musulmani che da secoli dominavano il territorio. I nuovi sovrani investirono ingenti capitali nella produzione agricola ed enologica del paese, anche grazie al contributo dei Templari che, dopo aver attivamente partecipato alla cristianizzazione del Portogallo, si dedicarono all’agricoltura e al recupero delle vigne. La fine del Medioevo è tuttavia segnata da periodi di grandi ostilità tra regnanti, da spedizioni pericolose alla conquista di un proprio impero coloniale, da scontri tra diverse correnti religiose. Francia e Inghilterra iniziarono un conflitto che durò quasi cent’anni e creò instabilità per almeno un altro paio di secoli. La corona inglese, golosa bevitrice di vino francese, non poté più comprare dalla sua rivale: per il Portogallo si creò dunque l’occasione d’oro per divenire la cantina ufficiale dei ricchi e potenti anglosassoni. Le vigne furono ampliate per aumentare la produzione, si stilò un accordo commerciale formale e con il trattato di Windsor del 1386 si definirono addirittura le aree più vocate per i vini da esportare in Inghilterra, i bianchi dalla zona a nord di Viana Do Castelo (oggi Vinho Verde), la valle del Douro per i rossi.