l'anima nera della birra
Riccardo Antonelli

Dietro la veste scura si celano stili produttivi, caratteristiche e profili organolettici molto eterogenei. Partendo da una premessa storica di matrice socio-culturale ed economica, una panoramica degli stili birrari più in voga.

“Quando troverò un colore più scuro del nero, lo indosserò. Ma fino a quel momento, io mi vestirò di nero!” (Coco Chanel) 


“Il nero è un colore in sé, che riassume e consuma tutti gli altri.” (Henri Matisse) 


Parlando di birre scure, può far sorridere l’idea di fare un po’ di “chiarezza”, ma è esattamente il mio intento. Una delle domande più frequenti dei beer geek, quei personaggi un po’ stravaganti che provano un entusiasmo quasi fastidioso nei confronti delle birre, è: quale differenza c’è tra una Stout e una Porter? Dovessi rispondere a bruciapelo e senza esitazioni, direi: nessuna. Finirei però col tradire le mie buone intenzioni e, soprattutto, getterei alle ortiche il fulcro di questo articolo. Armatevi di curiosità e vediamo come mai non è così banale liquidare brevemente questa domanda. 

Immaginate di essere a Londra nel 1722. Stanchi, sporchi, mentre caricate e scaricate merci dalle navi del porto. Siete facchini del porto, siete dei Porter. Suona una sirena, cambia il turno, vi scrollate la fatica di dosso e andate in cerca di qualcosa che possa mettervi di buon umore, ma che al tempo stesso sia nutriente. Entrate in un pub e siete fortunati, perché è l’anno in cui è stata inventata una birra dedicata a voi, la Porter, birra scura di carattere, con buon corpo, ottima bevibilità e un certo valore nutrizionale.