un re immortale
Mariano Francesconi

Quasi all’inizio della cittadina di Szerencs, segnano l’ingresso nell’area della denominazione le due “torri” costruite in pietra e legno, alte diciotto metri, simbolo del riconoscimento della superficie viticola e delle cantine di questa terra patrimonio mondiale dell’umanità. Già si intravedono le prime vigne sulle pendici del monte Árpád, caro alla leggendaria storia magiara. Proseguendo sulla E 37, fino a non molti anni fa incubo e sfida, specie notturna, per ogni automobilista, sulla sinistra, ecco il bacino di Mád, Rátka e Tállya, antiche terre vulcaniche, e lo scorcio di alcuni dei dűlok (vigneti) più prestigiosi. A destra il profilo inconfondibile del monte di Tokaj, ai cui piedi si scorge il villaggio di Tarcal: siamo nel cuore della denominazione, e proseguendo verso nord la presenza della vigna ci accompagna, sotto la cornice delle foreste di querce che ricoprono gli Zemplén, fino al confine con la Slovacchia, terra un tempo ungherese e persa a seguito del primo conflitto mondiale. 

In questa direzione e prima della deviazione per la deliziosa cittadina di Sárospatak, in passato culla della cultura eletta a dimora dalla dinastia dei principi Ráckóczi, la segnaletica apre la strada verso il villaggio di Tolcsva e i suoi bei vigneti, alcuni dei quali definiti di prima classe, pari a dei Grands Crus, ben un secolo prima delle classificazioni francesi. 

Qualche centinaio di metri e la semplicità un tempo nobile di questo villaggio crea un leggero contrasto con l’innovativa e ampia struttura della cantina di Oremus, posizionata sul lato sinistro della vallata, attraversando la quale, e inoltrandosi nei boschi, è possibile raggiungere Makkoshotyka e Háromhuta, villaggi fin dal Settecento sedi di importanti vetrerie destinate allora alla produzione di bottiglie per il vino di Tokaj. 

Quando negli anni ’90 l’Ungheria decise di liberalizzare e vendere buona parte delle proprietà statali, il governo affidò a un giovane enologo, András Bacsó, il compito di gestire la denazionalizzazione. Con lungimiranza e per limitare le speculazioni, András suddivise in blocchi le numerose tenute e relative cantine situate nei più importanti villaggi, cercando in sede internazionale aziende o gruppi interessati all’acquisto. Fu in questo contesto che avviò trattative con la famiglia Alvarez, una delle più importanti realtà imprenditoriali di Spagna, proprietaria tra l’altro della storica e rinomata Bodegas riberana Vega Sicilia. 

Acquisita nel 1993 la proprietà, gli Alvarez affidarono proprio a Bacsó l’incarico di gestire e dirigere la tenuta, avviando anche la ristrutturazione dei manufatti esistenti e la costruzione delle nuove cantine di vinificazione e lavorazione. 

Gli ambiziosi progetti hanno creato una delle strutture più moderne e di maggior fascino del territorio. Oggi il complesso aziendale si estende su due ettari caratterizzati dall’ampio parco verdeggiante, con secolari alberi dove spesso dimorano gufi, picchio verde e picchio rosso maggiore.